A PROPOSITO SULLA RECENTE RISOLUZIONE DELL’UNESCO…

Shalom,

cari lettori del Notiziario Cristiano volevo condividere con voi alcune brevi considerazioni che ho deciso di scrivere dopo aver letto, e lo dico senza alcuna retorica, con estrema meraviglia, ma, allo stesso tempo, anche con immensa tristezza, quanto riportato ultimamente da una parte dei mass media in merito alla Risoluzione presentata a Parigi lo scorso 12 ottobre 2016 dalle sette nazioni, facenti parte del comitato esecutivo dell’UNESCO (l’agenzia dell’ONU che si occupa o per meglio dire che si dovrebbe occupare della cultura e della protezione del patrimonio artistico), tutte a maggioranza musulmana e tutte note per essere solidali nella causa palestinese: Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Sudan, Oman e Qatar. Tale Risoluzione è stata approvata il 13 ottobre 2016, in fase di commissione, dai rappresentanti di ben 24 paesi (Algeria, Bangladesh, Brasile, Chad, Cina, Repubblica dominicana, Egitto, Iran, Libano, Malesia, Marocco, Mauritius, Messico, Mozambico, Nicaragua, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Russia, Senegal, Sud Africa, Sudan e Vietnam). Solamente 6 paesi hanno votato contro tale Risoluzione (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Estonia, Lituania e Paesi Bassi), mentre gli altri 26, tra cui purtroppo l’Italia, si sono astenuti. Il 18 ottobre 2016 la Risoluzione è stata, infine, definitivamente approvata anche dal comitato esecutivo dell’U-NESCO. In tale ultima sede tutti gli stati coinvolti hanno confermato il loro voto espresso qualche giorno prima tranne il Messico, che, dopo diverse pressioni, ha poi modificato il proprio “sì” in un’astensione. Ora se è vero, come peraltro è stato correttamente scritto su diverse testate giornalistiche, che questa Risoluzione non avrà alcuna conseguenza a livello pratico, nel senso che non avrà l’effetto di spostare fondi economici, che sicuramente non andrà ad istituire nuove aree protette e che certamente non andrà in alcun modo a modificare lo status quo della gestione nel suo complesso come fino ad oggi delineata. E’ anche vero, però, che i suoi risvolti, anche se puramente simbolici, sono comunque estremamente importanti e non possono essere trascurati o considerati in maniera superficiale, soprattutto perché hanno ad oggetto l’annoso e mai risolto problema della questione medio orientale. Infatti, come vedremo meglio più avanti, questa Risoluzione prende in considerazione anche la cosiddetta spianata delle moschee, che, come tutti ben sanno, è l’unico complesso religioso considerato sacro dalle due delle principali religioni monoteiste, ed è situato al centro di una città, Gerusalemme, che due popoli, quello ebreo e quello musulmano, da sempre ostili tra loro, reclamano da svariati anni come la propria capitale. Ma cosa dice esattamente questa Risoluzione? Vediamo di analizzarla più da vicino cercando di toccare i suoi aspetti più importanti.

  1. L’OGGETTO DELLA RISOLUZIONE

La prima cosa che colpisce è che nell’oggetto della Risoluzione si legge testualmente:

“OCCUPIED PALESTINE” (Palestina occupata). Ebbene, secondo il vigente diritto internazionale, la Palestina dovrebbe essere sì interamente occupata, ma unicamente dal popolo ebraico! E’ sufficiente, al riguardo, leggere quanto espressamente statuito nel Mandato per la Palestina, un documento storico, ma ancora attualmente in vigore, approvato all’unani-mità il 24 luglio 1922 dai 51 paesi facenti parte del Consiglio della Società delle Nazioni e che divenne operativo il 29 settembre 1923, ed in base al quale si stabilì, in maniera inequivocabile, il diritto legale degli ebrei di stanziarsi ovunque nella Palestina occidentale, tra il fiume Giordano ed il Mar Mediterraneo! Il Mandato per la Palestina è ancora un documento efficace e legittimo, perché, quando il 18 aprile 1946 la Società delle Nazioni si dissolse ed al suo posto vennero istituite le Nazioni Unite (ONU), quest’ultima organizzazione non solamente riaffermò la piena validità del Mandato per la Palestina (art. 80 dello Statuto dell’ONU), ma riconfermò che le condizioni per una patria nazionale ebraica costituissero una precisa volontà anche della nuova comunità internazionale. In altri termini questo mandato fin dal 1923 riconosce e garantisce al popolo ebreo il pieno diritto di occupare tutta la Palestina, un diritto che è rimasto ancora oggi sostanzialmente inalterato ed efficace secondo le norme del diritto internazionale, con la conseguenza che gli insediamenti ebraici in Giudea, in Cisgiordania, in Gaza ed in tutta Gerusalemme sono tutti perfettamente legali. Inoltre è necessario ricordare che il termine Palestina designa un’aerea geografica e non una nazione! I popoli arabi, l’ONU ed i suoi organi, hanno da sempre erroneamente affermato che i palestinesi siano un popolo nativo, in realtà la parola Palestina, oltre a non far parte in alcun modo della lingua araba, è stata coniata per la prima volta, intorno al 135 d.C., dai romani con il termine Philistia dal nome di un popolo marittimo, che nell’antichità (circa nel 1100 a.C.) si stabilì sulla costa cananea, i Filistei. Gli archeologi sostengono, infatti, che il popolo dei Filistei proprio perché proveniente dal Mediterraneo non possa avere alcun collegamento con il popolo arabo, il quale deriva, invece, dalla Penisola Araba. Il nome Philistia fu scelto dai romani per sostituire quello della Giudea, quale segno di supremazia e di vittoria, dopo aver debellato la rivolta giudaica scoppiata contro gli stessi romani. Nel corso del tempo il nome latino Philistia si è trasformato in Palistina o Palestina. Nei successivi 2000 anni la Palestina non è mai stato uno stato indipendente, appartenente ad un determinato popolo, né è mai apparso un popolo palestinese distinto dagli altri arabi durante i 300 anni di egemonia musulmana in Palestina, sotto il governo arabo od ottomano. Inoltre, prima della nascita dello stato di Israele, avvenuta il 15 maggio 1948, il termine Palestina si riferiva quasi esclusivamente al popolo ebreo. Ancora, gli arabi non fondarono uno stato palestinese quando l’ONU, nel 1947 con la Risoluzione n. 181, aveva raccomandato la divisione della Palestina e la formazione di uno stato arabo e di uno ebraico (attenzione: non palestinese!). Né gli arabi riconobbero o fondarono uno stato palestinese nei vent’anni che precedettero la famosa “Guerra dei Sei Giorni”, quando la Cisgiordania era sotto il controllo giordano e la Striscia di Gaza era sotto il controllo egiziano, né gli arabi palestinesi pretesero mai l’autonomia o l’indipendenza durante quegli anni di dominio giordano od egiziano. Quindi si può tranquillamente affermare che la città di Gerusalemme non è MAI stata una capitale araba, semplicemente perché non è MAI esistito uno stato arabo palestinese!

  1. LA SPIANATA DELLE MOSCHEE

Nella prima parte della Risoluzione dedicata alla moschea di Al-Aqsa/Al-Haram AlSharif (stranamente viene utilizzato solo il termine arabo!) ed alle zone circostanti, il Consiglio esecutivo dell’UNESCO al punto 7 “chiede a Israele, la potenza occupante, di rendere possibile il ripristino dello status quo vigente prima di settembre 2000, e secondo cui il ministero giordano degli Affari islamici e dei luoghi sacri esercitava l’autorità esclusiva sulla moschea di Al-Aqsa/Al-Haram AlSahrif […]”. Al successivo punto 8 il Consiglio condanna con estremo vigore “l’excalation dell’aggressione Israeliana e le misure illegali nei confronti di Awqaf (ministero giordano degli Affari islamici e dei luoghi sacri) e del proprio personale, e nei confronti della libertà di culto e dell’accesso dei musulmani alla loro Moschea santa Al-Aqsa/Al-Haram AlSharif, e chiede ad Israele, la potenza occupante, di rispettare lo status quo storico per cessare immediatamente tali misure”, mentre al punto 9 “deplora fermamente i continui assalti alla Moschea Al-Aqsa/Al-Haram AlSharif da parte di estremisti israeliani di destra e delle forze armate, e spinge Israele, potenza occupante, ad intraprendere le misure necessarie a prevenire abusi provocatori che violino la santità e l’integrità della Moschea Al-Aqsa/Al-Haram AlSharif”. Ora per meglio comprendere la portata di questa prima parte della Risoluzione è necessario ricordare che la collina situata nella cosiddetta città vecchia di Gerusalemme e su cui sorgono la cupola della roccia e la moschea di Al-Aqsa (costruita nel luogo dove secondo l’Islam il profeta Maometto è salito in cielo) è uno dei luoghi religiosi più importanti al mondo. Infatti i musulmani considerano tale complesso religioso, da loro chiamato Al-Ḥaram Al-Sharif, il terzo luogo sacro più importante al mondo, dopo la Mecca e la Medina. Ma in questo stesso luogo, quasi duemila anni fa, sorgeva anche il Tempio di Salomone, il principale luogo sacro per gli ebrei, successivamente distrutto dai Romani nell’as-sedio di Gerusalemme del 70 d.C. e mai più ricostruito. Del Tempio rimane oggi solamente un muro esterno che è diventato il luogo di culto più importante per gli ebrei: il cosiddetto “Muro del pianto”. Gli ebrei si riferiscono a questo complesso religioso con il nome Har HaBayit (letteralmente “il monte della casa [di Dio]”). Come già sopra ricordato la città di Gerusalemme è stata oggetto di una lunga e costante contesa da parte del popolo ebraico e di musulmano al fine di riconoscerla come la propria capitale. Sulla questione è opportuno menzionare la Risoluzione n. 181, che venne adottata dall’Assemblea Generale dall’ONU il 29 novembre 1947, e che, oltre a raccomandare di spartire la Palestina occidentale in due stati, uno ebraico ed uno arabo, sosteneva, allo stesso tempo, che la città di Gerusalemme ed i villaggi circostanti dovessero essere classificati, temporaneamente, come zona internazionale e quindi non appartenenti a nessuno dei due. La suddetta Risoluzione era solamente una raccomandazione, quindi non vincolante, e la cui attuazione dipendeva dall’accetta-zione di entrambe le parti in conflitto. Ovviamente le nazioni Arabe, comprese l’Egitto, la Siria, l’Iraq e l’Arabia Saudita, votarono in blocco contro questa Risoluzione, promettendo che avrebbero addirittura diffidato con la forza la sua attuazione! Si segnala al riguardo che ogni proposta, avanzata dal 1927 in avanti, è stata sempre rifiutata dal popolo arabo, comprese anche quelle che erano decisamente a loro favore, solo perché riconoscevano gli ebrei come nazione. Con lo scoppiare del conflitto israelo-palestinese la città di Gerusalemme si ritrovò praticamente divisa in due zone: quella occidentale, a maggioranza ebraica, e controllata da Israele, e quella orientale, a maggioranza arabo musulmana, e controllata dalla Giordania. Nel 1967 con la “Guerra dei Sei Giorni” Israele occupò anche Gerusalemme Est. Ritornando alla Risoluzione del 12 ottobre 2016, il Comitato esecutivo dell’UNESCO sta, in pratica, chiedendo ad Israele di accettare il pieno rispetto dello “status quo”, concordato tra lo Stato ebraico e la Giordania al termine della “Guerra dei Sei Giorni” e che dovrebbe, tra l’altro, garantire agli ebrei la possibilità di visitare la spianata, ma non di pregare, riservando tale diritto solamente ai musulmani. In base allo “status quo”, l’autorità sulla spianata delle moschee spetta al dipartimento per gli affari religiosi giordano, il “Waqf”. Va però anche ricordato che lo “status quo” venne di fatto messo in discussione quando nel settembre del 2000, Ariel Sharon, allora capo dell’opposizione, nella sua storica “passeggiata”, fece il suo ingresso nella spianata delle moschee, scatenando violente reazioni da parte degli arabi musulmani che sfociarono nello scoppio della seconda intifada ed, ancora oggi, la propaganda di difesa della moschea di Al-Aqsa è purtroppo alla base delle recenti ondate di terrorismo. Quindi per alcuni sedicenti opinionisti definire Israele “la potenza occupante” sulla Gerusalemme est sarebbe assolutamente ineccepibile, secondo il diritto internazionale e le risoluzioni dell’ONU succedutesi dopo il 1967, ma in realtà costoro dimenticano quanto sta-bilito a tal proposito dal già citato Mandato per la Palestina e cioè il pieno e legale riconoscimento del popolo ebreo di stanziarsi ovunque, si ripete ovunque, nella Palestina occidentale, tra il fiume Giordano ed il Mar Mediterraneo! Inoltre si precisa che le moschee furono costruite sopra a qualcosa che già preesisteva loro e cioè i resti dell’antico Tempio di Salomone! Invece in quasi tutti i punti di questa Relazione l’identità ebraica di Gerusalemme e degli altri luoghi circostanti assume una valenza decisamente incidentale e secondaria: nonostante in sole due occasioni si citi anche l’importanza del cristianesimo e dell’ebraismo, il testo della risoluzione altro non è che una sorta di “battaglia” tra l’Islam ed il Giudaismo, in cui l’Islam, alla fine, risulta essere l’unico vincitore! Anche la ferma ed ostinata opposizione da parte del Consiglio esecutivo dell’UNESCO a che Israele prosegua gli scavi archeologici a Gerusalemme, Hebron e Betlemme, altro non è che una conferma della volontà di tenere nascosto il passato (al punto 5 della Relazione è infatti scritto che il Comitato esecutivo dell’UNESCO: “condanna fortemente il fallimento di Israele, potenza occupante, nel cessare i persistenti scavi e lavori in Gerusalemme Est ed in particolare all’interno ed intorno alla città vecchia, e rinnova ad Israele, la potenza occupante, la richiesta di proibire tali lavori in conformità con i propri obblighi disposti da precedenti convenzioni e risoluzioni UNESCO”). Sull’argomento qualche illustre commentatore ha giustamente ricordato che l’UNESCO, proprio per la sua natura di organizzazione di stampo prettamente culturale, non è, o non dovrebbe essere, un organo politico, e quindi non dovrebbe usare un linguaggio politico per discutere i suoi argomenti o, peggio, per prendere posizione su questioni meramente politiche. Cosa che fa quando, per ben diciassette volte nella sua risoluzione, parla di “occupazione” da parte di Israele di una Palestina, la cui esistenza, si ripete, non ha mai visto realizzazione come nazione, se non sul piano meramente geografico. E se poi l’UNESCO ha deciso di prendere anche delle posizioni politiche, perché, allora, non ha parlato anche delle terribili conseguenze del terrorismo arabo palestinese? Perché non ha invitato a riconoscere, oltre ai diritti degli arabi palestinesi, anche il diritto all’esistenza di Israele, che ancora fatica ad essere riconosciuto? Perché non ha chiesto agli arabi di riconoscere anche agli ebrei il diritto di potersi recare tranquillamente sulla spianata per poter pregare?

  1. LA SCALA MUGHRABI

Una sezione della Risoluzione è dedicata anche alla Scala “Mughrabi”, da cui prende il nome l’omonima entrata, e che, oltre ad avere la funzione di collegare il Muro del Pianto con il Monte del Tempio, costituisce l’unico accesso riservato ai non musulmani. Al punto 17 della Risoluzione si legge che “la scala Mughrabi è parte integrante ed inseparabile del complesso Al-Aqa/Al-aram Al-Sharif”, mentre al punto 19 il Comitato esecutivo dell’UNE-SCO “deplora le continue misure unilaterali Israeliane e le decisioni in merito alla Scala, inclusi gli ultimi lavori condotti alla Porta Mughrabi nel Febbraio 2015, l’istallazione di un ombrello all’entrata e la creazione di una piattaforma di preghiera ebraica a sud della Scala stessa … ″. Si ricorda che gli arabi palestinesi hanno da sempre fatto un uso cinico ed assai spudorato della spianata delle moschee nel solo tentativo di spingere il mondo musulmano alla guerra contro Israele, e quindi ad utilizzare in maniera massiccia lo slogan che la moschea di Al-Aqsa sia in “pericolo” come leva semplicemente per logorare la legittimità di Israele a Gerusalemme! Tutti invece sanno che Israele protegge la moschea di Al-Aqsa ed i suoi visitatori meglio di quanto non farebbe un qualunque stato arabo, per non dire poi delle organizzazioni terroristiche come l’ISIS.

  1. RICOSTRUZIONE E SVILUPPO DI GAZA

Nella Risoluzione approvata dal Consiglio esecutivo dell’UNESCO non poteva ovviamente mancare anche una sezione dedicata a Gaza. Infatti il testo, al punto 30, recita che il Consiglio esecutivo “condanna gli scontri militari all’interno e nei pressi della Striscia di Gaza e le vittime civili che questi hanno causato, inclusi l’uccisione e il ferimento di centinaia di palestinesi, tra cui bambini …”. Inoltre, al successivo punto 31, il Consiglio dell’UNESCO “condanna fortemente i continui blocchi della Striscia di Gaza, che influiscono pesantemente il libero e fluente movimento di personale e aiuti umanitari cosi come l’intollerabile numero di vittime tra i bambini palestinesi, gli attacchi alle scuole ed altri edifici culturali, ed il rifiuto all’accesso all’educazione, e chiede ad Israele, la potenza occupante, di rendere agevoli immediatamente i passaggi”. In altre parole la Risoluzione esprime una forte condanna contro Israele per le sue politiche a Gaza, le quali, peraltro, hanno poco a che fare con il mandato dell’UNESCO! Ancora una volta nulla si dice, invece, sugli effetti devastanti dei missili lanciati sul territorio israeliano e sulle vittime del terrorismo arabo musulmano!

  1. LA GROTTA DEI PATRIARCHI E LA TOMBA DI RACHELE

La parte conclusiva della Risoluzione è dedicata alla Grotta dei Patriarchi ed alla Tomba di Rachele, la prima sita in Cisgiordania e la seconda a Betlemme. I due luoghi di culto sono noti nella religione musulmana rispettivamente come la moschea di Ibrahimi e la moschea di Bilal Ibn Rabah. Secondo quando decretato dal Consiglio esecutivo dell’UNESCO al punto 35 si “riafferma che i due siti in oggetto, situati ad Al-Khalil/Hebron ed a Betlemme, sono parti integranti della Palestina” ed, inoltre, al punto 36, l’organo esecutivo “condivide la convinzione affermata dalla comunità internazionale secondo cui i due siti sono significativi per Giudaismo, Cristianesimo e Islam”. Al successivo punto 37 il Consiglio “disapprova fortemente l’attuale prosecuzione degli scavi, lavori e costruzioni di strade private per i coloni da parte di Israele e di un muro di separazione all’interno della vecchia città di Al-Khalil/Hebron, che dannosamente influenza l’integrità del sito, e condanna il conseguente impedimento della libertà di movimento e libertà di accesso a luoghi di preghiera”. Infine, il Consiglio dell’UNE-SCO, al punto 39, denuncia anche “l’impatto visivo del muro di separazione nel sito della Moschea Bilal Ibn Raba Mosque/Tomba di Rachele a Betlemme, cosi come lo stretto divieto di accesso ai Cristiani palestinesi e ai musulmani in preghiera presso il sito, e chiede alle autorità israeliane ti riportare il paesaggio all’aspetto originale e rimuovere il divieto di accesso”.

Dopo aver analizzato gli aspetti di questa Risoluzione, risulta abbastanza evidente che essa prenda una posizione decisamente a favore del popolo arabo musulmano, dimenticando sia le radici fondamentali del giudaismo, che la travagliata storia del popolo ebraico. Ma noi, come cristiani, abbiamo il sacrosanto dovere di benedire del continuo Israele, perché non possiamo dimenticare che Dio stesso ha benedetto questo popolo per primo! Infatti per ben tre volte nell’antico testamento (Genesi 12:3, Genesi 27:29 e Numeri 24:9) Dio dichiara di benedire coloro che benedicono Israele e maledice (cioè priva della sua benedizione o protezione) coloro che lo maledicono. Ricordiamoci, inoltre, che nessuna potenza satanica, per quanto grande e forte possa essere, potrà mai distruggere questa nazione eletta e la sua storia lo dimostra chiaramente. Perciò se amiamo veramente Dio non possiamo non essere dalla parte del Suo popolo prediletto! Anche se questo, da un lato, non significa dover essere sempre d’accordo con ogni decisione che viene presa da Israele, ma, dall’altro, non dobbiamo nemmeno giudicare gli avvenimenti che accadono in Israele in modo del tutto superficiale o peggio in base ai pregiudizi, come invece fanno i mass media filo arabo palestinesi. Sappiamo bene che nessuna nazione sulla faccia della terra è perfetta, nemmeno Israele, ed è per questo che Dio giudicherà la sua condizione di peccato come, peraltro, sta già facendo. Noi come cristiani non dovremmo mai permettere che le notizie che leggiamo o sentiamo attraverso la televisione diventino un’assoluta verità di quello che accade ogni giorno nel tormentato Medio Oriente. Sappiamo bene, infatti, che le notizie possono essere facilmente distorte sulla base di determinate convenienze politiche: Israele, purtroppo, è stato e sarà ancora costantemente e ripetutamente discriminato, accusato e diffamato, mentre gli arabi palestinesi vengono, viceversa, considerati quasi degli eroi, delle povere vittime dei “soprusi” perpetrati dal “cattivo” popolo ebraico, ed è per questa ragione che dobbiamo sempre stare dalla parte della verità, denunciando ogni tipo di menzogna! Quindi ricordiamoci di pregare e di benedire Israele, affinché i progetti di Dio per questo popolo si avverino.

Shaalu shalom Yerushalaiym (Pregate per la pace di Gerusalemme)

Enrico Raho

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