Una generazione narra all’altra

Ora davide, dopo aver eseguito il volere di DIO nella sua generazione… (Atti 13,36)

Il Salmo 78 (77) è una meditazione sulla storia di Israele.

Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli; diremo alla generazione futura le lodi del Signore, la sua potenza e le meraviglie che egli ha compiuto. Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe, ha posto una legge in Israele: ha comandato ai nostri padri di farle conoscere ai loro figli, perché le sappia la generazione futura, i figli che nasceranno. Anch’essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma osservino i suoi comandi.

In queste parole è riassunta brevemente tutta la dinamica dell’iniziazione alla fede in Israele. Si parla, infatti, di una tradizione che viene trasmessa: i nostri padri – noi – i nostri figli – i figli dei figli. I nostri padri ci hanno raccontato; noi abbiamo udito e conosciuto e, per questo, non terremo nascosto quanto abbiamo appreso ma lo diremo alla generazione futura; questi a loro volta “sorgeranno a raccontarlo ai loro figli” in modo che non ci sia termine al processo. La tradizione di fede passa in modo vitale da una generazione all’altra, rigenerando sempre daccapo la fede e l’obbedienza a Dio.

Ma qual è il contenuto di questa trasmissione?

Le lodi del Signore, la sua potenza, le meraviglie che egli ha compiuto… una legge in Israele”.

Quindi, da una parte quello che Dio ha fatto per Israele, con la misericordia potente con la quale Israele è stato liberato e reso popolo del Signore; dall’altra la legge che regola il comportamento d’Israele in risposta all’azione di salvezza di Dio.

L’obiettivo di questa opera di trasmissione è riassunto nel verso 7: “perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma osservino i suoi comandi”.

Tre obiettivi quindi

Primo obiettivo: “rievocherò”

Anzitutto la memoria delle opere di Dio: è il solo fondamento su cui l’esistenza dell’Israelita può essere edificata con sicurezza.

Prima di quello che l’uomo può e deve fare c’è quello che Dio ha fatto per lui. Vivere pienamente in Lui significa rispondere all’azione preveniente di Dio, cioè . E questo, naturalmente, chiede che gli uomini ricordino le opere di Dio. Quando l’uomo non è ben focalizzato su Dio la sua esistenza perde l’orientamento corretto e, vittima del proprio IO che prende il sopravvento, diventa preda di paure o di seduzioni, tendendo spesso a trovare nuove scuse per giustificare i propri errori.

Secondo obiettivo: “osservino i suoi comandi”.

L’azione di Dio suscita un’azione corrispondente dell’uomo. Proprio il fatto di essere stato amato e liberato per primo, spinge l’uomo a rispondere con un’obbedienza fiduciosa a Dio che è “affidamento”, un corrispondere in modo grato alla Sua volontà nel convincimento profondo che questa costituisca il meglio per noi, proprio in quanto espressione del Suo amore protettivo e lungimirante.

Senza questa trasformazione dell’esistenza, l’azione di salvezza di Dio rischierebbe di rimanere inefficace o monca. Non si tratta di osservare freddamente e meccanicamente dei Comandamenti formali, quanto, piuttosto, di averne colto tanto profondamente il cuore e la grazia amorevole da desiderare fortemente di compiacerlo non per obbligo esteriore ma per amore, appunto, un amore pieno di slancio che ci cambia, questo trasforma l’esistenza di Israele e di ogni uomo in esistenza del “popolo di Dio”, un’esistenza fatta di ricordo riconoscente di Lui e di rispetto dell’altro.

Terzo obiettivo: “ripongano in Dio la loro fiducia” (la traduzione greca dice “la loro speranza”).

Il senso è che non solo il passato è riempito dalla presenza di Dio sotto forma di memoria; non solo il presente è colmato dalla volontà di Dio attraverso la forma dei Comandamenti; anche il futuro è sotto il segno di Dio, delle sue promesse, della speranza che queste promesse suscitano. Impariamo così a sperare nel Signore tenendo aperto il desiderio verso ciò che insieme a Lui potremo sperimentare. Tutto questo definisce gli orizzonti dell’esistenza del vero credente.

L’iniziazione in Israele

Quando in una famiglia ebrea nasce un bambino, l’ottavo giorno lo si circoncide e lo si fa così entrare a far parte ufficialmente della comunità d’Israele, il popolo dell’alleanza. Questo ingresso rituale nel corso degli anni diventa ingresso vitale fino a quando, a dodici anni, con un rito preciso, il ragazzo viene riconosciuto maggiorenne, bar mitswàh, “figlio del comandamento”, cioè persona la cui vita assume la forma della volontà di Dio espressa nei Comandamenti. Da questo momento egli ha la possibilità di annunciare pubblicamente la parola di Dio nella sinagoga.

Ma come si compie il cammino di maturazione del bambino ebreo? Anzitutto, con la partecipazione vitale alla vita della sua famiglia.

È soprattutto la madre che insegna ai figli i gesti della tradizione d’Israele: la preghiera, i ritmi del tempo, i comportamenti morali e religiosi, le memorie del popolo.

Poi con la partecipazione alle feste della comunità. Le feste d’Israele, infatti, sono essenzialmente memoria delle grandi opere di Dio: le opere di salvezza nella storia, le opere di provvidenza nella natura. Partecipando alle feste un ragazzo impara a conoscere le radici religiose del suo popolo che gli diventano così familiari. Durante la celebrazione del banchetto pasquale, ad esempio, il bambino è portato a chiedersi perché si compia quella cena (agnello, erbe amare, salsa rossa…) e il capo famiglia racconta i fatti che sono all’origine della festa: la schiavitù in Egitto, la liberazione, il passaggio del mare, il cammino nel deserto, l’ingresso nella terra promessa.

I genitori introducono i figli nella società attraverso l’inserimento primario nella loro famiglia; in questo modo essi trasmettono ai figli tutta una serie di convinzioni, di comportamenti, di modi di pensare che sono propri del mondo culturale nel quale sono inseriti e che permette ai figli una crescita serena ed equilibrata.

Ogni genitore sa bene che non basta dare ai figli l’esistenza biologica ma che è indispensabile dare loro una esistenza “umana” e questo comporta anche offrire loro dei motivi sufficienti per vivere. Prima o poi succederà nella vita dei figli che essi si rivolgeranno ai genitori e, in un modo o in un altro, chiederanno loro: “Perché mi hai messo al mondo? Quale speranza ti ha spinto a darmi la vita?”. E sarà dovere dei genitori dare una risposta credibile. Dovranno comunicare loro, con parole e vissuto concreto, perché essi considerino l’esistenza umana una ricchezza, la vita dell’uomo un’avventura che vale la pena di essere vissuta come dono di DIO. Se i genitori non avessero questa convinzione, mettere al mondo un figlio sarebbe come mettere sulle spalle di qualcuno un peso ingiustificato.

Quello che vale per i genitori vale anche per le comunità cristiane, che dovrebbero già essere di per sé delle vere case di preghiera e adorazione dove, anziani, giovani, uomini, donne, bambini, coppie, dovrebbero sentirsi a proprio agio e trovare delle risposte ai loro interrogativi, ai propri perché e dove, guidati dallo Spirito santo, in un clima differente da qualsiasi forma o veste religiosa, dovrebbero trovare il proprio Io, le proprie virtù, sviluppando i doni e i talenti che DIO ha dato ad ognuno.

Non riconosco pertanto nessun altra voce o parentesi definita “chiesa“ che non compia tutto ciò e dove non si viva in Santità, senza la quale, è bene ricordarlo, nessuno/a vedrà DIO.

Come un ospedale spirituale per chi non ha mai realizzato cosa è nel profondo “essere cristiano”, come “un’Accademia d’elitè” in cui ogni individuo possa crescere e maturare, invertire la rotta: definisco tale ciò che dovrebbe essere, a mio parere e secondo ciò che lo Spirito Santo mi trasmette, la vera “comunità” di oggi.

Comunità che oltretutto dovrebbe guidare, giovani e meno giovani tutti, a ritrovare se stessi alla luce di Dio, ma soprattutto, ad “essere” il Suo volere nella per la propria generazione, da qui il tema centrale di questo messaggio.

Prima di entrare nel merito, metto in evidenzia alcuni versi del salmo 80, così come il Signore mi trasmette:

Sono io il Signore tuo Dio,

che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto;

apri la tua bocca, la voglio riempire.

Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,

Israele non mi ha obbedito.

L’ho abbandonato alla durezza del suo cuore,

che seguisse il proprio consiglio.

Se il mio popolo mi ascoltasse,

se Israele camminasse per le mie vie!

Subito piegherei i suoi nemici

e contro i suoi avversari porterei la mia mano..

Una famiglia che vive i propri legami alla luce del Vangelo, con un amore capace di generosità prima di tutto al suo interno e anche all’esterno, riporta la speranza sulla terra.

Un solo uomo e una sola donna, capaci di rischiare e di sacrificarsi per coloro che soffrono e non solo per il proprio ego e per le proprie necessità, ci spiegano cose dell’amore che teorie e teorizzatori non comprendono e non rispecchiano più.

La famiglia, i giovani e tutti coloro che si fanno pervadere da questo fuoco interiore, come scintille pronte ad emergere, nel risponde alla chiamata di Gesù, riconsegnano la regìa del mondo all’alleanza dell’uomo e della donna con Dio. Questi e solo questi potranno sostenere di aver eseguito, al termine dei propri giorni, il volere di DIO nella propria generazione.

Oggi abbiamo tantissimi strumenti e tecnologie che ci permettono di viaggiare restando seduti comodi alle nostre scrivanie, collegandoci con tutto il mondo in una rete che, se non saggiamente usata, prende il sopravvento in un insieme di rumori accattivanti ma assordanti, troppo spesso vuoti, che rendono spesso anche vuote le vite di chi confonde realtà di vita con realtà mediatica, finendo lentamente per non lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. Tanti divertimenti e intrattenimenti dalla parvenza così piacevole che troppo spesso sono in realtà inconsistenti e finiscono per fare da distrattori, sciupando il nostro tempo e facendo perdere di vista il senso. E’ l’inganno del nostro tempo: ciò che è fittizio e facile prende il posto delle cose di valore e ciò che ne viene a mancare è l’amore vero e reale come Dio lo ha inteso.

Una generazione che si lascia guidare dallo Spirito Santo, produce un frutto, formato da tanti “spicchi”, un frutto succoso che finisce per interessare ed attirare le persone a Cristo ed inizia ad influire nella società corrente.

Non è mai semplice aderire ed adempiere la volontà di DIO, poiché questa comporta una nostra sottomissione a Lui anche nei momenti più difficili, quelli in cui non si riesce a capire perché c’è poco da capire e molto da fidarsi. Ma la società di oggi, soprattutto, ricca di chiese e di varie religioni, oggi più che mai, è lontana davvero da ciò che lo Spirito desidera e le evidenze, in Italia e nel resto del mondo, sono quotidianamente sotto i nostri occhi.

L’ambiguità cristiana è l’albero sul quale cresce solo il sottile e silenzioso allontanamento da Cristo e da tutto ciò che Dio ha posto nella storia come via di salvezza e di redenzione per ogni uomo, compresa la Sua Parola storica, rivelata, passando per la Chiesa, per i Sacramenti, per il Sacerdozio e ogni altra realtà visibile necessaria, anzi indispensabile per ottenere la vita eterna.

La crisi della verità non è fuori della Chiesa, è al suo interno, ed è crisi di identità della Chiesa stessa e dei credenti. Sono questi uomini, che ogni giorno sviliscono e rinnegano non solo “la Chiesa”, ma il messaggio profondo che questa dovrebbe vivere e portare, finendo per diventare, forse senza accorgersene, i costruttori di nuove e diverse schiavitù nel mondo, coloro che allontanano le famiglie dal cercare la via della santificazione, dell’amore sincero verso DIO e verso il prossimo, perdendo di vista che questa vita concessa dal Signore è un dono continuo che viene valorizzato e adempiuto a 360 gradi solo quando permettiamo allo Spirito santo di guidarci concretamente in tutto.

Una generazione che affida allo Spirito di DIO la guida di se e della propria vita in ogni situazione, vedrà sempre l’opera di salvezza materiale, spirituale e sentimentale operare, vedendo alla fine sempre la vittoria, parola questa avvolte confusa e non compresa quando si presentano dei muri lungo il cammino o quando subiamo delle “sconfitte“, ma che, nel lungo termine, Dio può usare, comunque, per adempiere ciò che è la volontà migliore per la nostra vita.

Vincenzo Lipari | Notiziecristiane.com

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