“A MODO NOSTRO, SIGNORE!”

di Don Mallough  –  Siamo maestri nel dire a Dio quel che deve e quel che non deve fare. Sia che abbiamo o non abbiamo successo nel ministero, continuiamo questo giuoco puerile. Se la cosa non fosse così seria, ci potremmo ridere sopra. «Colui che siede nei cieli ne riderà» (Salmo 2:4); e sono sicuro che la causa di gran parte di questo ridere di Dio sia dovuto ai nostri deboli sforzi di dettarGli quel che deve o non deve fare.

Né siamo i soli ad avere queste sciocche pretese. La storia della Chiesa è costellata di fatti in cui cristiani con una visione limitata hanno tracciato schemi, stabilito restrizioni e circoscritto Dio. Noi stiamo portando avanti solo una tradizione umana che è tanto futile oggi come lo era allora. Con un’apparenza di spiritualità, dimostria­mo semplicemente la nostra mancanza di fede. Nell’intento di dettare a Dio, cerchiamo di renderLo più piccolo, in modo che possa entrare nei limiti del nostro povero pensiero. Ecco alcuni esempi delle piaghe che ci affliggono.

La sindrome dell’esclusività.

Siamo il popolo scelto di Dio; Egli ci ha benedetti e guidati nella sua san­ta causa. Siccome così è stato nel pas­sato, Egli è obbligato a fare lo stesso al presente e sempre. Non possiamo nep­pure immaginare ch’Egli possa manife­stare la sua potenza tramite altri. Ar­riviamo perfino a concludere che Dio non possa far nulla se non tramite noi. Signore, noi siamo i tuoi canali e all’infuori di noi non ce nessun altro.

Anche i Giudei antichi avevano delle pretese simili. Esercitavano un’autorità assoluta e scomunicavano chiunque deviasse anche di poco (Giovanni 9:22). Gesù improvvisamente ridimensionò le loro pretese, dicendo : «Ho anche delle altre pecore, che non sono di quest’ovi­le» (Giovanni 10:16). Questo rivoluzio­nò tutto il loro modo di considerare le cose. Chi erano le altre pecore? Certa­mente non gli spregevoli Gentili! Dio non avrebbe mai potuto operare nei loro cuori!

Gesù parlava di pecore e non di capri; di pecore che erano sue, le quali avevano udito e risposto alla sua voce. Egli le conosceva per nome ed anche esse Lo conoscevano e Lo seguivano, ubbidendo ai suoi comandi. Pure, non erano in quell’ovile particolare e per questa ragione quei Giudei ignoravano finanche la loro esistenza.

Vi sono molti ovili, ma un solo gregge. Coloro che ascoltavano Gesù parlare in questo modo erano consci dell’ovile, mentre Gesù lo era del greg­ge. Il numero delle pecore in un ovile particolare non costituisce l’insieme del gregge. Elia contò le pecore nell’o­vile e ne fu scoraggiato: era l’unico! Dopo di che, era pronto a morire. Dio, dal suo canto, contò quelle del gregge e il numero era di settemila (1 Re 19 :28). Quale differenza!

In una circostanza Giovanni, par­lando a nome dei dodici disse: «Mae­stro, noi abbiam veduto un tale che cacciava i demoni nel tuo nome, e glie­lo abbiamo vietato perché non ti segue con noi» (Luca 9:49). Ecco lo spettro dell’esclusività che dominava la vita di uno degli apostoli scelti da Gesù. Egli era sicurissimo di ricevere l’approva­zione del Maestro, ma Gesù invece dis­se: «Non glielo vietate, perché chi non è contro voi è con voi» (Luca 9:50).

Quando impareremo che Dio ha al­tre pecore oltre quelle che sono nel nostro ovile particolare? Come pos­siamo restringere Dio ai pochi che co­nosciamo?

La sindrome della pura dottrina.

È naturale presumere che quello che crediamo sia la dottrina pura. Se non avessimo questa certezza riguarde­remmo i nostri principi di fede. Vi è co­munque il pericolo di non considerare affatto figlio di Dio chiunque abbia convinzioni leggermente diverse dalle nostre. Come potrebbe Dio considerar­lo o benedirlo se crede questo o quel­lo?

Erroneamente concludiamo che co­loro che Iddio salva, riempie del suo Spirito e benedice nella loro attività cristiana debbano conformarsi alle nostre identiche credenze dottrinali, o per lo meno debbano ricredersi delle lo­ro e uniformarsi alle nostre al più pre­sto. Che cosa avviene quando qualcuno che crediamo dottrinalmente in errore fa un’esperienza soprannaturale con Dio? La consideriamo sovente un’espe­rienza spuria, sempre a causa dei prin­cipi dottrinali diversi dai nostri. Co­struiamo un’intelligente, piccola, bian­ca barriera di dottrina e diciamo: «Signore tu puoi esercitare la tua po­tenza soltanto in quest’area ristretta». Quindi, soddisfatti, ci volgiamo al nostro piccolo campicello, dimenticando tutto quello che Dio opera altrove.

La sindrome delle tradizioni venerabili.

Le tradizioni sono delle abitudini fortificate nel tempo, le quali per que­sta ragione hanno assunto la forza e la rigidità delle leggi. Esse sono dei mo­delli di condotta e metodi di adorazio­ne ereditati. Attraverso le età, queste tradizioni hanno sfidato e contraddetto le leggi di Dio e limitato l’opera dello Spirito Santo. Gesù centrò il problema quando pose la domanda: «E voi per­ché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione»? (Matteo 15:3).

Con le nostre tradizioni e formalismi emaniamo leggi che limitano Dio. Anche se non sono statuti scritti, ci ritroviamo a sostenerli ed a combattere per essi come se lo fossero.

Ecco tre esempi:

  • Dio può operare solo negli schemi stabiliti nel passato.
  • La maniera in cui ho ricevuto una grazia da Dio è l’unica maniera in cui anche gli altri possono riceverla.
  • L’opera di Dio è soggetta alla mia approvazione.

Posti per iscritto questi concetti sembrano assurdi, specialmente il ter­zo. Pure sono come un fermento e tro­vano facile accettazione in noi. Parole differenti escono dalle nostre labbra, ma che comunque confermano le rego­le restrittive da noi stessi elaborate: «Non si è mai fatto così!» «Quando il Signore m’ha salvato ho fatto questo e questo ed anche tu devi fare lo stes­so».

Ho predicato in più di mille Chiese, in molte nazioni del mondo, e sono giunto alla conclusione che esistono molti modi diversi, ma egualmente buoni, di presiedere un culto evangelistico. Una volta pensavo che ne esistes­se uno soltanto. In alcune località sembrava che chiedere alle congrega­zioni di adorare il Signore con le brac­cia alzate fosse come mettere il carro davanti ai buoi, ed esse si comportava­no in modo goffo, proprio all’opposto di quel che avrei desiderato e che pen­savo fosse giusto. Mentre invece, alla loro maniera, i risultati ottenuti erano grandi, maggiori d’altri che avevo otte­nuto altrove. Mi sembra veramente strano che quelle persone, usando me­todi per me non convenzionali, ottenessero risultati efficaci. Naturalmente quello che era convenzionale per me non lo era per loro.

Non esiste un metodo esclusivo per vincere le anime a Cristo. Gli uomini di visione hanno veduto aprirsi possibilità insolite, hanno saputo sfruttarle con audacia, provando metodi nuovi, affrontando le critiche e come risultato hanno ottenuto le maggiori raccolte del loro ministero. Tutto ciò, mentre mol­ti di noi dicevano: «Dio non può ope­rare in quel modo». Noi limitavamo Iddio, mentre invece loro gli davano spazio. Dio è sovrano e onnipotente. Forse che Egli non possa fare ciò che decide di fare? Dio è un Dio di leggi; ma è limitato solo dalle leggi di cui è l’Autore, e non dalle catene e dalle restrizioni che vorremmo imporgli. Perché non confidare piuttosto in Lui e dire: «…non come voglio io, ma come tu vuoi»? (Matteo 26:39).  «A modo Tuo, Signore e non a modo nostro».

Senza timore di essere sacrilego, metto sulle labbra di un Dio santo le parole del titolo di un canto della vendemmia: «Non restringetemi nei vostri recinti».

https://www.chiesadiroma.it/edificazione-autori-vari/29357/a-modo-nostro-signore/

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