Amarsi gli uni gli altri ancora possibile!

Si dice che i primi undici giorni di Novembre sono caratterizzati da una “breve e tiepida estate”, ossia giornate assolate e calde, definita “L’estate di San Martino”.

Chi è Martino? Non tutti sanno che Martino era un cristiano del IV secolo, nato in Ungheria, a Sabaria, l’odierna Szombathely, da genitori pagani. Ufficiale romano, si converte al Cristianesimo, viene ordinato sacerdote dal vescovo Ilario di Poitiers. Si narra che, essendo preposto alla sorveglianza notturna delle guarnigioni presso la città di Amiens, in Gallia, Martino incontrò un mendicante seminudo, lo vide sofferente, tagliò il suo mantello militare e lo condivise con lui. Certo, ci può far sorridere o essere perlomeno titubanti nell’ascoltare una siffatta leggenda agiografica. Ma a noi importa il messaggio che è sotteso in questa romantica e fantastica storiella. Il Cristiano certifica la sua identità con una condotta vividamente caritatevole: l’amore-agape è il segno ineludibile del suo essere cristiano, è la sua carta di identità. Un cristiano disamorato disperde il suo parlare intorno all’evangelo nell’aria gelida di un mattino invernale.

Il testo di 1^Giov. 3:11-24 può essere diviso in tre sezioni: la prima sezione (vv.11-11) riguarda l’annuncio del comandamento dell’amore-agape dato all’inizio, la seconda sezione (vv.16-18)  concerne il tema dell’espressione concreta e fattiva dell’amore-agape e la terza sezione  (19-24) risalta il tema del progresso etico-spirituale del cristiano nell’esercizio quotidiano dell’amore-agape.

L’annuncio del Comandamento dell’amore udito dal principio (vv.11-15)

Il comandamento dell’amore (v.11) è introdotto non come comandamento, che è evidenziato come tale al v.23, ma come annuncio (gr. Aggelìa).

La sua funzione è simile a quella della frase di 1^Giov. 1:5, ossia l’annuncio che Dio è luce. Senza questa parte l’annuncio di Dio sarebbe mutilato. Il comandamento dell’amore ha il suo fondamento teologico nell’immagine di Dio data da Gesù Cristo. Giovanni definisce sé stesso come uno dei testimoni oculari dell’evento dell’Incarnazione della Parola di Dio: il comandamento dell’amore l’ha udito dallo stesso Gesù Cristo. I suoi destinatari hanno imparato il comandamento dell’amore nella catechesi battesimale all’inizio del loro cammino di credenti (ap’arches ha in sé il senso storico ecclesiale).

L’introduzione del nostro testo è solenne, richiama quello più velato di 1^ Giov. 2:7, che è un’eco di Giov. 13:34;15:12-17.

L’annuncio del comandamento regale, che getta luce su tutti i comandamenti divini, possiede in è una forza dirompente, che corrobora e irrobustisce il core del cristiano, inserito nella comunità di amanti, chiamato a condividere comunitariamente il comandamento dell’amore-agape.

Si noti lo stridente contrasto o antitesi del v.12, in cui è menzionato un tragico episodio dell’AT, la genesi del primo delitto, o, meglio, il primo fratricidio: Caino è il prototipo dell’uomo disamorato in preda al volere malevolo del Maligno, l’omicida per eccellenza, colui che causa rapporti caotici fra gli uomini. Il primo omicidio della storia umana ha la sua ragione d’essere nell’inimicizia nei confronti di Dio., è risaltato l’atteggiamento del Secolo che giustizia il giusto, perché il giusto giustizia l’ingiustizia. L’opera di Caino era ingiusta, perché, sebbene offrisse i prodotti della terra, come sacrifico espiatorio, tuttavia, il suo cuore era indomito alla ubbidienza e all’adorazione di Dio (“le sue opere erano malvagie”). Giovanni cita la storia tragica del primo omicidio-fratricidio per definire il rapporto mondo-comunità: Abele è il prototipo dell’uomo giusto, che offre al Signore un sacrificio cruento, simbolo dell’ubbidienza e dell’adorazione del Signore.

Ciò causa una reazione carica di odio nel mondo. Il “Kosmos” nella sua accezione negativa (cfr.1^Giov.2:15-17) trova il suo modello appropriato in Caino, il fratricida. Caino scanna suo fratello, perché Abele è per la giustizia, la quale mette a nudo l’ingiustizia del Secolo. Il Secolo, rappresentato da Caino, reagisce violentemente e tragicamente, uccidendo il giusto.

Le parole “fratello-fratelli” sono parole chiavi dell’intero testo, parole impegnative, che ogni cristiano deve pesare nella bilancia della giustizia divina. In questo contesto, ossia l’annuncio del comandamento dell’amore fraterno, vengono poste le coppie antitetiche “la comunità dei fratelli” e il “mondo”, “l’amore” e il “non amore”, che corrispondono alle coppie di parole antitetiche “morte-vita” (cfr. 1^Giov.3:14-15) .L’argomentazione di Giovanni è molto eloquente: nella comunità dei fratelli, regna l’amore, ossia Cristo, che è il rappresentante di Dio, che è Amore. Chi odia il fratello è un omicida, è un “Caino”.

La parola greca “metabaino” ha in sé il significato di passaggio o trasferimento da un luogo a un altro luogo (cfr. 1^Giov.3:14): colui che è nel cuore della comunità dei fratelli, ha fatto i bagagli, ha lasciato il luogo della morte, “il Secolo”, nella sua accezione etico-spirituale, trasferendosi nella società di Dio, nella Chiesa, nella comunità dell’amore fraterno, dalla condizione dell’uomo naturale, naufragato nel caos morale del Secolo, alla condizione dell’uomo spirituale e reso giusto da Dio in Cristo, immerso nella società di Dio. La fede è alla base della condotta di vita nel tempo in cui il cristiano è chiamato ad esistere.

La prassi dell’amore-agape è la prova del nove, che verifica concretamente il passaggio dalla morte alla vita, riflesso nella quotidianità dell’esistenza della Comunità dei Fratelli. L’amore si realizza nell’interazione dei fratelli, vivere come Comunità di cristo significa relazionarsi. La mancanza o la deficienza dell’esercizio dell’amore -agape equivale all’omicidio efferato del fratello: non amare equivale ad odiare. E’ un moto dell’animo umano, che porta oscurità e morte (cfr. Mt 5:21-22).

Paolo Brancé | Notiziecristiane.com

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