Ama il tuo nemico!

Alle nove e mezza della sera del 16 luglio 1985, uscii di casa all’aeroporto di Karaci per incontrare un collega. Arrivai con dieci minuti d’anticipo, così mi misi a passeggiare su e giù nella parte esterna del complesso aeroportuale. Mentre stavano attraverso l’atrio delle partenze, un uomo mi diede un colpo sulla spalla e mi chiese se conoscevo l’uomo che mi stava indicando. Osservai quell’uomo, che sembrava un pachistano, e dissi di no. Mi voltai per continuare a camminare, ma il mio interlocutore insistette che quell’altro uomo era un mio amico. Ripetei che non lo conoscevo e che dovevo incontrare con una persona agli arrivi. Mi chiese di accompagnarlo all’ufficio controlli sicurezza. Mi misi nuovamente a protestare, quando dieci – quindici agenti della sicurezza mi circondarono con le loro pistole spianate. Decisi di andare con loro. Mi sedetti nell’ufficio pensando che la cosa si sarebbe risolta nel giro di pochi minuti, ma purtroppo, mi sbagliavo. Mia moglie si rese conto di quello che era successo la mattina dopo, dopo avere atteso tutta la notte il mio ritorno.

Come poi sarebbe emerso da tutta la storia, quell’uomo dalle sembianze pachistane era in realtà un cittadino olandese di origine indiane, sorpreso a cercare di lasciare il paese con 240 grammi di eroina nascosti in un borsellino da donna che teneva nel taschino interno della sua giacca. Aveva dichiarato che un bianco con la barba gli aveva dato quel borsellino da portare all’atrio partenze, e io ero stato il primo bianco con la barba a passare da quelle parti – così attribuì quel crimine a me! Fui posto nella cella della dogana, una stanza guardata a vista, dove erano detenuti altri dieci prigionieri, per due settimane. In quella camera semivuota dovetti dividere un unico materassino per dormire, con il mio accusatore. Dato che eravamo andati in prigione insieme, gli altri prigionieri chiesero: “E’ tuo amico?” “no” risposi, “anzi, è mio nemico”. Non volevo che pensassero che fossimo insieme in questo frangente. Ogni giorno mia moglie mi portava del cibo e dell’acqua da bere. Che sollievo per il mio morale passare due o tre minuti a parlare con lei. Lì in prigione Dio mi sfidò con il principio “ama il tuo nemico”. In Romani 12:20 lessi: “Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare…”. Tante volte avevo predicato su questo capitolo, ma ora era difficile metterlo in pratica. Alla fine diedi al mio accusatore un po’ del mio cibo. Si girò e disse che sapeva che ero innocente e che lo avrebbe detto ai doganieri. Sette giorni dopo eravamo in piedi di fronte al giudice. “E’ questo l’uomo che vi ha dato il borsellino”. Ero ritto in piedi, pensando che ora sarebbe tutto finito. “Si” fu la risposta. “Oh no!” pensai, “niente più cibo per te, amico mio”. Ma Dio mi parlò: “Non ti ho detto di darlo al tuo nemico soltanto se dice la verità!”. “Va bene, Signore”. Stare in prigione fu una buona opportunità per condividere la mia fede. Un americano accusato di detenzione di sostanze stupefacenti aveva riconsacrato la sua vita a Cristo. Un musulmano volle sapere come mai non maledicevo Dio, e aveva accettato la Sua Parola.

Dopo due settimane fui portato dal carcere al tribunale. Non dimenticherò mai il momento in cui girai l’angolo e vidi quattordici persone di vari gruppi cristiani e di varie nazionalità che mi aspettavano lì insieme con mia moglie. Più tardi venni a sapere che era da dieci giorni che erano al tribunale. Rappresentavano le migliaia di persone che da allora erano stati al nostro fianco e si erano identificati con noi. Fui rimesso in libertà dietro il pagamento di una cospicua cauzione. Seguirono molte udienze. Riguardando indietro, posso vedere che Dio si è servito dell’esperienza fatta in quella prigione per parlare alle persone.

Ancora non so perché servirono tre mesi perché le accuse venissero fatte cadere, anche se è possibile che questo sia stato per focalizzare la preghiera sulla bisognosa città di Karachi.

Continuate a pregare per quanti sono ancora stretti fra le grinfie di Satana.

Ferrentino Francesco La Manna | Notiziecristiane.com
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