Cancellati maschio e femmina | L’alternativa? Un asterisco. E si infiamma la polemica

La controversa decisione del prestigioso liceo mostra come anche l’insegnamento della cultura classica sia oggi sempre di più asservita al pensiero unico, indistinto e fluido, nulla di più distante da quanto ci hanno lasciato tanti studiosi e pensatori nei secoli. 

Nelle comunicazioni d’istituto infatti non ci sarà più “studente” o “studentessa”, ma “student*”, non più “ragazzo” o “ragazza”, ma “ragazz*”. Una rincorsa a un pensiero mondano che desta ben in molti preoccupazione e sconcerto.

Il liceo classico Cavour di Torino ha infatti deciso in questo modo di assumere, come recitano la gran parte dei giornali mainstream, una vera e propria posizione sulla “questione di genere”. Ovviamente, dalla parte di chi fa di tutto per diffondere nei giovani l’idea di una umanità e di una sessualità “fluida” e indistinta, schiava delle logiche di mercato e dell’egoismo individualista che purtroppo sta drammaticamente disgregando la nostra società e abbandonando alle loro fragilità le giovani generazioni.

La rinuncia del Liceo al ruolo di educatore

Rinunciando cioè al ruolo di educatori e di coloro che sono deputati alla trasmissione di una vera cultura umana e umanistica, ormai totalmente in mano alle logiche del mercato e del profitto fine a sé stesso o agli interessi dei grandi potentati economici internazionali, veri e propri imperatori moderni del pensiero unico.

Al centro di questa triste vicenda, che immaginiamo possa dare seguito a una schiera di altre scuole in cerca di ostentata e puerile visibilità promozionale, c’è una delle scuole superiori certamente più importanti d’Italia, famosa per avere avuto tra i suoi allievi personaggi illustri, come Luigi Einaudi, Guido Gozzano, Cesare Pavese, Giulio Carlo Argan.

C’è da chiedersi chissà cosa avrebbero pensato queste personalità se fossero oggi ancora in vita. Di fatto, i giovani che si iscriveranno in questa scuola torinese vedranno in ogni comunicazione scolastica l’asterisco alla fine delle parole al posto del maschile o femminile. Collettiva, individuale, esterna, interna, non fa differenza: tutto è sottoposto al dettato della sessualità liquida, nascosta da un asterisco.

Ogni regime ha tentato di instaurarsi partendo dalla lingua

Eppure gli stessi giovani nel corso dei loro studi potranno venire a conoscenza del fatto che ogni regime, per instaurarsi nella società e per diffondere la loro concezione del mondo tra i sudditi, è intervenuto in primo luogo sul linguaggio stesso, strumento di veicolazione del pensiero tra i cittadini. Poi, in secondo luogo, ha agito sui corpi, e infine sulla vita stessa. Non esitiamo a pensare che il contesto pandemico, e il sempre più agguerrito attacco alla vita che procede da decenni e oggi si fa sempre più forti, rientri alla perfezione in questo piano sociale generale.

D’altronde, la scuola non ha fatto altro che aderire a un progetto del Miur intitolato “Noi siamo pari”, nato per lavorare sui temi dell’inclusione di genere. Sostanzialmente, si tratta dell’attuazione del Ddl Zan senza però passare per il Parlamento, dopo che la democrazia ha affossato la pericolosa e pesante legge, che ora tramite i suoi funzionari di apparato cerca di fare in ogni modo per sbarcare nelle scuole stesse all’insaputa di tutti, genitori compresi.

Come dimostrano le parole del preside del Liceo, Vincenzo Salcone, che ha affermato: “Le generazioni che frequentano adesso le superiori sono molto avanti”. Ci si chiede avanti rispetto a cosa, forse ci si riferisce al piano di destrutturazione della coscienza umana, che punta a trasformare i cittadini in consumatori amorfi e indifferenziati.

Le assurde parole del preside e le polemiche che montano

“C’è una grande sensibilità verso questi temi e la risposta è stata estremamente positiva. Abbiamo formalizzato all’interno di un regolamento quello che loro vivono nella quotidianità. La nostra Costituzione vieta le discriminazioni, incluse quelle sul sesso. Non abbiamo fatto niente di rivoluzionario, se non dare attuazione al trattato costituzionale nelle nostre normative interne“, ha continuato il preside.

Le cui parole sono state puntualmente rilanciate con toni idilliaci da tutta la stampa italiana, come noto sempre più in crisi di autorevolezza nei confronti dei loro lettori, ma allo stesso tempo sempre più asservita ai desiderata di chi i giornali, di fatto, li finanzia, ovvero quelle grandi multinazionali che attraverso la finanza detengono interessi ramificati e compenetrati tra loro, componendo così una ragnatela unica ma soprattutto mortale per le nostre società.

Molte le polemiche, anche da parte della politica, per la bizzarra decisione del liceo. Ad esempio secondo la parlamentare di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli “esiste un modo per non discriminare che non storpia l’italiano. In questo la scuola dovrebbe dare l’esempio, non cedere a provvedimenti ideologici che, peraltro, anziché difendere l’identità di ognuno l’annientano”.

La deputata, torinese, ha quindi annunciato l’intenzione di scrivere al ministro dell’Istruzione Bianchi per chiedere un “approfondimento” sulla decisione del liceo Cavour. Altrettanto furioso è il leader della Lega Matteo Salvini, che ha commentato la decisione del liceo torinese con tono laconico ma netto. “Un conto è il rispetto, altro conto è una folle corsa verso il niente. Basta”.

Nel frattempo, si imputa la decisione come aderente al “Paese reale”, ma su questo supponiamo ci siano forti dubbi, molto distanti dalle certezze che vengono descritte dagli stessi giornali. Il Paese reale, infatti, difficilmente sposa queste intenzioni anti-umane di una cultura politica progressista che ha sostituito i diritti dei lavoratori che le battaglie per i bagni gender-free, insomma per il “genere liquido” dei propri figli, né uomo né donna ma entusiasmato dalla chirurgia della transizione da uomo a donna con farmaci devastanti come la triptorelina.

Difficile pensare che le famiglie si entusiasmino all’idea di vedere i propri figli frequentare scuole dove viene loro insegnato che è bello diventare transessuali, e che, perché no, potrebbero pensarci pure loro. Le prossime elezioni politiche, molto probabilmente, lo dimostreranno, ritorcendosi contro coloro che portano avanti queste istanze.

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