Cellule (di preghiera in casa) Si o cellule No?!

L’altro giorno parlavo con due sorelle in Fede al telefono sulla questione delle cellule di preghiera in casa.

Una di loro diceva che nella sua comunità si usa riunirsi una volta ogni quindici giorni in gruppetti chiamate cellule (perché sono, appunto, dei sottogruppi dell’intera assemblea comunitaria), ora a casa di una famiglia facente parte della medesima cellula, ora a casa di un’altra. Mentre l’altra sorella diceva, invece, che nella sua comunità il pastore non usa far fare tali tipi di riunione.

Questa seconda sorella mi ha chiesto cosa ne pensavo.

Io le ho detto che fin a Messina nella comunità che frequentavo si usa fare questi incontri di preghiera di ‘cellula’ in casa dei vari credenti (ovviamente al di là e oltre dalle riunioni previste per tutta quanta l’intera comunità in chiesa). Mentre qui a Roma nella comunità che frequento non si ha questa abitudine.

Così abbiamo condiviso le nostre rispettive opinioni sull’argomento.

La sorella nella cui comunità da lei frequentata non si tengono le riunioni di cellula in casa dei credenti diceva che a lei sembrerebbe una buona cosa. Infatti ha detto che una volta ha chiesto al pastore della sua comunità il motivo per il quale da loro non si fanno tali tipi di incontri.

In effetti per questa sorella, che è nuova nella fede, ma che grazie a Dio il Signore ha battezzata nello Spirito Santo e che ha un grande zelo per le cose che riguardano il Signore.

Allora le ho chiesto quale è stato il motivo con cui il pastore le ha giustificato l’assenza di questo tipo di incontri.

Sapete cosa mi ha detto la sorella?

Mi ha detto che “il motivo per cui il pastore non vede di buon occhio questo tipo di incontri dipende dal fatto che, poi, frequentandosi fra di loro (i fratelli della cellula) potrebbero affezionarsi fra di loro”.

Onestamente non avevo mai sentito una cosa del genere.

E poiché qui, con questo articolo, vorrei proprio sollevare questa questione (Cellule di preghiera in casa Si o cellule di preghiera in casa No?) la rivolgo qui anche a voi.

Intanto con questo articolo vi condivido il mio personale pensiero. Poi, se vorrete, potrete dirmi il vostro.

Non avevo mai sentito qualcosa del genere, stavo dicendo: che cioè un “valido motivo” per evitare di far costituire delle cellule di preghiera fra i membri di una comunità cristiana potesse essere quello di “evitare che poi fra tali membri possa nascere dell’affetto” (testuali parole del pastore della comunità evangelica frequentata da questa sorella).

Posso dirvi il mio modesto e personale parere.

A me sembra che la questione dell’impedire l’affetto tra i credenti (il legame, la fraternizzazione o la conoscenza reciproca) fra i membri di una comunità cristiana sia qualcosa di semplicemente assurdo.

In effetti, anzi, stando alla Parola di Dio, si dovrebbe cercare di procacciarlo (2 Pietro 1: 7) e l’occasione della costituzione di cellule di preghiera in casa sarebbe proprio una buona modalità (cristiana) per adempierla e sperimentarla.

Allora, col mio “vizio” di ragionare (infatti per certi pastori i miei ragionamenti sono antipatici) mi sono chiesto “se” il motivo del non praticare la modalità di riunione e condivisione delle cellule di preghiera in casa on dipenda da qualche altro motivo, piuttosto che dalla banale “scusa” (meglio assurdità) di impedire l’affetto.

E, ragionando, credo di non errare tanto dicendo che un probabile motivo per cui i pastori di certe denominazioni non vedono di buon occhio le cellule di preghiera in casa possa essere quello per cui codesti ‘leader’ temerebbero di perdere il loro controllo sulla ‘comunità’.

Se questo pastore vede un rischio e un pericolo nel fatto che attraverso le cellule i fratelli potrebbero affezionarsi tra di loro (fraternizzando di più, conoscendosi meglio, io invece ci vedrei un’opportunità. Non sarebbe meglio una comunità in cui i fratelli membri di questa si conoscano fra di loro che anziché una comunità nella quale nessuno sa nulla degli altri…”fratelli”?

Ripeto, io a Messina frequentavo una comunità in cui la metodologia delle cellule è praticata. E diverse delle esperienze che il Signore mi ha concesso di fare con Lui sono venute proprio da diversi dei momenti in cui ho potuto frequentare questo tipo di incontri (a conferma e riprova dell’Assoluta validità delle parole del Signore, che dice che “Dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome io sono lì presente in mezzo a loro” – Matteo 18: 20 – ).

In altre parole, io non vedo ‘rischi’ spirituali nel lasciare libertà ai fratelli di riunirsi.

A Messina (come anche altrove credo) questi incontri sono comunque seguiti e disciplinati. Ad esempio per ogni cellula c’è un fratello più maturo nella fede al quale il pastore dà il ruolo di ‘capogruppo’, in modo da aiutare e agevolare la conduzione della cellula).

Di cosa temere dunque?! Del fatto che possa nascere dell’affetto?!

Visto che a me una tale “giustificazione” o scusa sembra biblicamente assurda, sono più propenso a pensare che il motivo di una tale rinuncia (ad una buona occasione, da gestire si ma da non lasciare scappare) dipenda purtroppo dal fatto che certi pastori vogliono tenere il gregge mentre dicono anche di condurlo !

Temo che dietro la “logica spiegazione” di questo pastore ci sia una volontà di controllo del ‘gregge’.

Ma non solo dietro tale (singolo) pastore, ma dietro l’organizzazione evangelica di cui egli è a sua volta un membro (infatti nella sua denominazione vige una gerarchia gestionale piramidale, con tanto di presidente dell’Organizzazione (di chiese della loro denominazione), consiglieri e leaders (ché decidono tutte le metodologie di conduzione del… ‘loro gregge’).

Anche dove vado io a Roma non esiste la possibilità neanche di pensare ad una cosa del genere, ovvero il benché minimo pensiero di poter costituire delle ‘cellule di preghiera, in cui i membri della comunità potrebbero riunirsi in casa per conoscersi meglio e parlare delle cose del Signore e pregare.

Oh si, da me il pastore direbbe non che ci potrebbe essere il rischio che ci si affezioni (forse quello, purtroppo, neanche così avverrebbe), ma che essendo già piccola la comunità non avrebbe senso dividerla in gruppetti!

Ma vi assicuro, quale membro di questa comunità, che invece avrebbe molto senso e creerebbe molte opportunità di conoscersi ed edificarsi reciprocamente!

Ma sono persuaso che la stessa questione che nella comunità frequentata da quella sorella, che si rammarica per via del fatto che da lei il pastore non vede di buon occhio le cellule di preghiera (per il rischio che possa nascere dell’affetto fra i credenti), sia presente anche da me. E non si tratta realmente né del rischio dell’affetto né della questione del non essere una grande comunità, ma del fatto che entrambi, credo, vogliono l’assoluto controllo dei membri della comunità.

Un’ultima cosa (a questo punto collegata a questo mio “strano vizio” di ragionare):

se tali pastori vogliono il controllo assoluto delle comunità (tanto da non permettere un’opportunità come quella delle cellule, che altrove Dio benedice) significa che essi non si fidano dei membri delle loro comunità. In che senso? Nel senso che non li fanno neanche capaci di poter tenere delle brevi e sporadiche riunioni fra di loro!

Ma se un pastore, dopo anni e anni (e decenni), è sempre sul punto di ritenere incapaci i membri della sua comunità di sapersi anche soltanto trattenere per fare una semplice riunione in casa sule cose che riguardano Dio, ciò non può che dipendere da due fattori (a mio avviso):

  1. dal fatto che tale pastore è lui stesso stato incapace di insegnare veramente le basi e i fondamenti della dottrina cristiana ai membri della comunità da lui curata (tanto che tali membri sarebbero oggettivamente incapaci di stare fra loro e di sapersi edificare, essendo in pratica, nonostante gli anni di ‘ministero’ da lui speso, dei continui poppanti);
  2. o è lui a scoraggiare sempre e comunque i membri della comunità nel cercare di camminare nelle vie di Dio, convinto che “senza di lui (senza del pastore umano) questi non potrebbero fare nulla”!

Mi fermo qui, perché credo che voi cari fratelli lettori e sorelle lettrici di questo buon mezzo di comunicazione spirituale che è il Notiziario Evangelico abbiate perfettamente compreso quale sia il nocciolo della questione che si cela (ahimé) dietro la questione che ho sentito di proporvi e di condividere con voi.

A voi l’ “ardua” sentenza!

Per chi volesse condividere qualche pensiero in proposito con me indico i miei riferimenti:

Enzo Maniàci

Cell.: 340 / 3094547

E-mail: enzo_maniaci@libero.it

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