Cercare la faccia di Dio

Il re Davide non si è mai vergognato di esprimere la sua fede e il suo amore per Dio. Non si è mai rammaricato per lo scherno ricevuto a motivo della sua dedizione per il Signore, ricercando invece sempre e solo la Sua approvazione: «Una cosa ho chiesto al Signore, e quella ricerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita» (Salmi 27:4). Dichiarazione questa che spesso è anche sulla nostra bocca. Molte volte, però, rimane solo una dichiarazione mentre nei fatti veniamo meno perché presi dagli eventi della vita. Il cuore di Davide, nonostante fosse spesso circondato da nemici ed in battaglia, non veniva meno perché si rifugiava alla presenza di Dio. Egli cercava quotidianamente conforto nella casa del Signore, un po’ come facciamo noi quando ci rechiamo ai culti. Il salmista però sentiva il bisogno di qualcosa di più di ciò che ogni giorno ricercava, il suo spirito era affamato di altro: «Il mio cuore mi dice da parte tua: “Cercate il mio volto!”» (Salmi 27:8). Lo Spirito lo incitava a dimorare alla presenza di Dio e a ricercare il Suo fuoco.

La chiesa necessita di servitori, uomini e donne, che mettano in discussione la propria vita prima ancora di guardarsi intorno. Il re Davide, nonostante fosse alla presenza di Dio tutti i giorni, avvertiva la mancanza di qualcosa. Altro esempio è Mosè, il quale nonostante le tante difficoltà che incontrò, anziché adirarsi con il popolo levava la sua voce a Chi lo aveva mandato: «Vedi, tu mi dici: “Fà salire questo popolo!” Però non mi fai conoscere chi manderai con me. Eppure hai detto: “Io ti conosco personalmente e anche hai trovato grazia agli occhi miei» (Esodo 33:12). Anch’egli sentiva insoddisfazione che rese nota al Signore: «Or dunque, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, ti prego, fammi conoscere le tue vie» (v. 13). La richiesta di Mosè fu che gli fossero mostrate le Sua vie, quindi la Sua volontà. Ciò è fondamentale anche per noi, al fine di sapere se tutto quello che facciamo lungo il cammino sia nel volere Suo. Egli è “la Via, la Verità e la Vita”, è il buon Pastore ed ha premura, se una sua pecorella smarrisce la strada, di recuperarla e riportarla tra le altre.

Mosè voleva avere la certezza che il Signore camminasse con loro, per questo chiede: «Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui» (v. 15). Anche Giacobbe, altro esempio di persistenza, lottò una notte intera con l’Angelo dell’Eterno per ottenere la benedizione. Entrambi ci dicono che se vogliamo qualcosa di più da Dio dobbiamo saper attendere ma anche lottare per ottenerlo. Noi purtroppo siamo frettolosi e non sappiamo aspettare. Il Signore diede a Mosè una colonna di fuoco di notte e una nuvola di giorno per assicurargli la Sua presenza. A noi oggi Egli ci ha dato lo Spirito come guida e la Sua parola come lampada nell’oscurità. Quei segni non erano sufficienti, Mosè voleva di più. Anche noi non dobbiamo accontentarci, ma volere ancora di più della Sua presenza. Come sposa di Cristo è necessario che alimentiamo la nostra relazione con Lui, poiché Egli è uno Sposo geloso. Il condottiero aveva assistito a tante manifestazioni, aveva udito la voce di Dio, ma non era soddisfatto, e osa chiedere: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!». L’Eterno però gli ricordò che non è possibile vedere il Suo volto e vivere, per questo: «Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso; mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro; ma il mio volto non si può vedere».

È necessario che ricerchiamo il Suo volto! Mosè quando scese dal monte dovette coprirselo perché rifletteva la gloria di Dio. Il nostro viso, invece, cosa riflette? Forse vanagloria, superbia, disperazione, tristezza o siamo capaci di comunicare il Suo amore? Nel guardarmi attorno vedo una generazione vuota che vive una vita futile, ricca di vanità e trasgressione, che rincorre sensualità e lussuria; e forse tutto questo è presente anche in mezzo al popolo di Dio. Vien da chiedersi se abbiamo relegato Dio alle sole riunioni formali… Se mettiamo in mostra la carnalità, l’avvenenza non siamo spirituali ma carnali. La Scrittura ci insegna che lo se spirito è debole la carne è forte. Per invertire la dinamica è necessario che la nostra vita sia nascosta nella roccia in Cristo. Noi apparteniamo al nostro Padrone e di Lui abbiamo il marchio sulle nostre membra: chi ci guarda può dire che apparteniamo a Dio? Come Davide e Mosè chiediamo di vedere la Sua faccia affinché gli altri possano riconoscerLo in noi.

Elpidio Pezzella | Elpidiopezzella.org

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