Ha fatto scalpore la recente notizia di una chiesa luterana in cui il culto è stato gestito interamente dal motore di intelligenza artificiale ChatGPT.
Come riporta il quotidiano Riforma.it:
“L’esperimento ha previsto l’installazione di uno schermo al centro della chiesa, dove vari avatar hanno intonato canti e preghiere sulla falsariga di un tradizionale appuntamento della comunità protestante.
Il pastore virtuale ha officiato un servizio durato circa 40 minuti, incluso il sermone, le preghiere e la musica. I partecipanti hanno apprezzato, pur sottolineando che l’interazione umana appare ancora necessaria in alcuni aspetti. La funzione ha visto riunirsi circa 300 persone nella Chiesa luterana di San Paolo”.
Perché stupirci? Siamo già (molto) dipendenti dalla tecnologia
Sinceramente la notizia non ci dovrebbe far stupire. Da decenni ormai uno dei trend è rendere sempre più pervasiva la componente tecnologica nei culti, e il concetto stesso di “eccellenza” dell’adorazione dipende ormai da quanto si è capaci a gestirla, rendendoci sempre più dipendenti da essa.
In gran parte del mondo evangelico contemporaneo, il modello di adorazione implica necessariamente l’uso di impianti audio di ultima generazione, strumentazione all’avanguardia, set di luci e macchine del fumo, capaci di “portare il Cielo sulla Terra” e darci quella spinta necessaria ad entrare in comunione con Dio e rendere il culto una vera “esperienza” preparata nei minimi dettagli.
Tutto questo, ovviamente, è stato introdotto con le migliori intenzioni, così come lo ha fatto Jonas Simmerlein, teologo e filosofo 29enne, che ha concepito il culto gestito da ChatGPT: “Ha precisato di non voler intendere che l’intelligenza artificiale possa sostituire un predicatore, ma che potrebbe essere un modo per aiutare a liberare un po’ di tempo e rendere più semplice il lavoro quotidiano”.
L’articolo però conclude così (enfasi mie):
“Sembra che gran parte del consenso sia stato espresso sul fatto che l’IA potrebbe essere utilizzata come strumento per aiutare i predicatori a liberare il loro tempo, ma la celebrazione di un servizio religioso richiede ancora un tocco umano. La strada è comunque segnata anche in questo ambito”.
La storia della tecnologia ci insegna difatti che, davanti alla pervasività della tecnologia, si ragiona con gli “ancora”. Il problema della mancanza di empatia, di mancanza di linguaggio non verbale, di “tocco umano”, è una questione di upgrade. Come l’Unreal Engine 5, il motore grafico per videogiochi e animazione, è arrivato a simulare “quasi” perfettamente l’aspetto visivo della realtà, quanto tempo servirà alle Intelligenze Artificiali per simulare “quasi” perfettamente il culto cristiano?
D’altronde esistono già sette che adorano le intelligenze artificiali. Nel suo libro “2084” lo scienziato ed apologeta evangelico John Lennox paragona le Intelligenze Artificiali a una nuova “Torre di Babele” che si vuole innalzare fino a Dio, con interessanti collegamenti a ciò che accadrà con l’avvento dell’Anticristo.
Probabilmente chi salirà sul pulpito o dietro la strumentazione nei prossimi anni sarà ancora in carne e ossa, ma quanti sermoni in un futuro molto prossimo saranno scritti in gran parte da strumenti simili a ChatGPT (come oggi sono scaricati da internet)? quanti cantici di successo saranno composti dall’Intelligenza Artificiale (come oggi l’auto-tune migliora la voce di molti cantanti cristiani)? quanti culti saranno pianificati come quello di cui stiamo parlando?
D’altronde quanto spesso critichiamo gli svarioni dei nostri pastori, musicisti e cantanti? Adesso abbiamo l’opportunità di avere pastori costantemente connessi a tutto il sapere umano, musicisti che non sbagliano un attacco e cantanti che non stonano mai! Tutto questo non è il massimo dell’“eccellenza”?
https://www.svoltaonline.it/chatgpt-culto-cristiano-prossimo-pastore-intelligenza-artificiale/
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