Che significa seguire Gesù?

Al tempo della grande depressione americana il pastore Enrico Maxwell stava preparando il sermone per la domenica seguente.

Egli era piuttosto nervoso, poiché lo avevano interrotto più volte e non trovava la via della conclusione. “Maria”, disse alla moglie dopo l’ultima interruzione. “Se viene ancora qualcuno, fammi il piacere di dirgli che sono molto occupato e non posso ricevere se non per casi urgenti”. “Sì, Enrico, ma io vado all’asilo, è il mio turno d’ispezione e tu rimarrai solo in casa” rispose la moglie. Il pastore salì nel suo studio e si chiuse l’uscio alle spalle. Riprese a scrivere il testo, di Pietro che diceva: “A questo siete stati chiamati; poiché Cristo ha patito per voi, lasciandovi un esempio, onde seguiate le sue orme” (I Pietro 2:26). Era giunto finalmente al terzo ed ultimo punto: il dovere di seguir Gesù nel Suo sacrificio e nel suo esempio. Aveva scritto: “Orme”: quali sono?” e stava per elencarle in ordine logico, quando il campanello suonò con violenza. Enrico Maxwell rimase seduto e aggrottò le sopracciglia, senza accennare a voler rispondere alla chiamata. Un momento dopo, suonò di nuovo; il pastore si mosse e andò alla finestra prospiciente la strada. Sulla soglia stava un uomo: sembrava giovane ed era molto magro e mal vestito. “Sarà un vagabondo”, mormorò. Scese e… senza concludere la frase andò ad aprire. I due uomini si guardarono in faccia in silenzio: fu il visitatore che parlò per primo. “Sono alla ricerca di lavoro e credo che forse voi potreste aiutarmi a trovare un posto”. “Non saprei cosa suggerirvi. Le richieste sono scarse” rispose il pastore, socchiudendo la porta. “Ma forse, insisté il giovane, sgualcendo nervosamente fra le mani il suo logoro cappello. Potreste darmi un biglietto di raccomandazione per la società tranviaria… o per il direttore dei magazzini generali… o per qualche altra ditta?” “Sarebbe inutile!” replicò il pastore. “Scusatemi, sono molto occupato questa mattina: spero possiate trovare qualche cosa; mi rincresce di non potervi dare lavoro in casa mia, ma non ho che un cavallo e una mucca e me la sbrigo da solo”. Il pastore chiuse la porta mentre lo straniero scendeva lentamente le scale. Rientrato nello studio, si affacciò alla finestra e vide che il giovane si allontanava a capo chino, continuando ad agitare fra le mani il vecchio cappello. C’era un non so che di languido, di triste. C’era un tale senso di abbandono in quella figura, che il pastore lo fissò con tristezza per alcuni momenti, prima di rimettersi al lavoro.

Più tardi mentre pranzava con sua moglie, tra una parola e l’altra la signora Maxwell disse al marito: “Oggi sono stata con la signora Brown a visitare la scuola e subito dopo la ricreazione, mentre i bimbi erano tutti a posto, si è aperta la porta ed è apparso un giovanotto mal vestito, con un cappello mezzo lacerato fra le mani. Si è seduto presso la porta, non ha detto una parola ed è restato a guardare i bambini. Sembrava un vagabondo; le insegnanti ed io siamo rimaste un po’ sconcertate; ma egli se ne stava tranquillo e alla fine se n’è andato per i fatti suoi”. “Che sia lo stesso che è venuto qui? Hai detto era mal vestito? chiese il pastore: Sì, molto magro, mal vestito, un vagabondo… Poteva avere al massimo 25 anni”. Replicò la moglie. “E’ lui”, soggiunse il pastore Maxwell, è venuto anche da noi dopo che sei uscita stamane, cercava lavoro e gli ho detto che sono tempi difficili questi… “hai finito il sermone, Enrico?” interruppe  la moglie. “Sì”, rispose Maxwell. “E qual’è l’argomento?” chiese la moglie. “Seguire Gesù” rispose il pastore. “Spero proprio che non piova domenica. La gente non vuol venire e non verrà in chiesa se non col bel tempo” disse il pastore. La prima chiesa di Raymond, era la chiesa più importante ma, era anche una chiesa piena di persone influenti della città. C’era, Edoardo Norman, il redattore del giornale di Raymond. Alessandro Power, il direttore dei Magazzini delle Ferrovie, Donaldo Marsh, preside del liceo Lincon, Milton Wright, uno dei più famosi commercialisti di Raymond. Il chirurgo e Dr. West, Gaspare Chase il romanziere famoso, Virginia Page, la ragazza alla quale la morte del padre le aveva portato un patrimonio di un milione di dollari. Il pastore Maxwell teneva tanto alla sua chiesa, e concentrava su di lei ogni sforzo. Anche la chiesa era contenta del pastore che aveva. Quella domenica mattina, era una giornata splendida, piena di sole, senza neanche una nuvola in cielo, la chiesa era gremita. Erano quasi le 12:00, quando il pastore Maxwell aveva terminato il suo sermone e si accomodava su di una sedia, mentre il coro stava iniziando ad intonare un cantico.

Quando la congregazione intera fu scossa da una voce che risuonò dal fondo del tempio, laggiù, tra le ultime panche. Un momento dopo un uomo avanzava verso il centro della navata. Prima che gli astanti, sbigottiti, comprendessero di che si trattava, egli giunse presso il pulpito, qui sostò, volgendo lo sguardo all’assemblea: “Mi sono chiesto, da quando sono venuto qua dentro, se mi sarebbe consentito una parola, alla fine di questo culto. Non sono ubriaco, non sono matto, sono completamente inoffensivo; ma se devo morire, come forse avverrà fra qualche giorno, mi si congeda almeno la soddisfazione di sfogare quello che sento nell’anima e di sfogarlo in un luogo come questo e davanti a persone come voi”. Maxwell, si alzò e rimase fermo dietro al pulpito, chino che guardava lo straniero. Era lo stesso uomo che due giorni prima aveva picchiato alla sua porta. Portava gli stessi abiti laceri e polverosi e stringeva fra le mani, con un gesto che gli risultava familiare, il cappello deforme. Mai i membri di quella congregazione avevano visto sulle panche della loro chiesa un simile ascoltatore. Conoscevano persone del genere, per averle incontrate in mezzo alla strada, presso le officine ferroviarie, vaganti per i viali delle circonvallazioni; ma non si sarebbero mai sognati un’intrusione come quella a cui ora assistevano. Non vi era nulla d’insolente nel tono e nelle maniere di quell’uomo: non sembrava eccitato e parlava con voce chiara, ma umile. Nessuno fece cenno di trattenerlo: nessuno lo interruppe. Egli, del resto, continuava a parlare come se neppure gli passasse per la mente il sospetto di una possibile interruzione e come se non si accorgesse affatto dell’elemento estraneo che introduceva nel culto di quella chiesa così nota per il rigido formalismo. Nemmeno Maxwell, che diveniva sempre più triste e cupo in viso, fece alcun cenno per togliere la parola allo straniero e l’uditorio rimase attonito, in silenzio glaciale. “Io non sono un vagabondo di mestiere e tengo a precisare che non so se Gesù ha mai insegnato che i poveri sono meno degni di essere salvati delle altre persone. Voi lo sapete?” E fece la domanda con estrema naturalezza, come se avesse parlato in un’adunanza familiare. Tacque un istante, tossì penosamente e poi riprese. Dieci mesi fa persi il lavoro. Sono tipografo. Le nuove macchine tipografiche sembrano miracoli di tecnologia; ma io conosco sei persone che, a causa di esse, si sono trovate sul lastrico quest’anno! Certamente non biasimo gli editori che si procurano simili macchinari perfezionati, ma cosa può fare allora un povero operaio? Io non ho imparato che questo mestiere e non so far altro.

Ho girato tutto il paese in cerca di lavoro; ma vi sono molti altri che soffrono nelle mie stesse condizioni. Non merito forse compassione? Ecco i fatti! Ma sentendo la predica mi domandavo, stupito, se quello che voi chiamate ‘seguire Gesù‘ sia la stessa cosa che Cristo insegnava. Che intendeva Gesù con la parola: ‘Sèguimi?’ Il pastore diceva”, e qui l’uomo si volse a guardare verso il pulpito – “che è necessario per i discepoli di Gesù seguire le Sue orme e che queste orme sono l’obbedienza, la fede, l’amore e la consacrazione. Ma non mi sembra che egli ne abbia definito il senso, soprattutto per quanto concerne l’ultima di queste norme. Che cosa intendono i cristiani con la frase: “Seguire le orme di Cristo?” Io ho girato la vostra città, per tre giorni, implorando aiuto e non ho udito una sola parola di simpatia o di conforto, tranne che dal pastore, il quale si è detto dispiaciuto per il mio caso e sperava che trovassi lavoro. Non biasimo nessuno, constato soltanto e comprendo perfettamente che non potete mettervi tutti a cercare un’occupazione per un uomo come me. Né io ve lo chiedo; ma quel che mi rattrista è conoscere il significato di questa espressione: ‘Seguire Gesù’. Intendete forse dire che soffrite, che rinunciate a voi stessi, che cercate di salvare l’umanità perduta, come fece Gesù? Ma io, che mi trovo nelle condizioni di vedere il rovescio della medaglia, posso assicurarvi che sono migliaia gli individui che, in questa sola città, languono nelle mie stesse condizioni disperate e molti di loro hanno una famiglia da mantenere! Mia moglie è morta da quattro mesi e sono felice di saperla al riparo da ogni miseria. La mia bambina è in casa di un tipografo mio amico e vi rimarrà finché abbia trovato un lavoro. Ed io non posso non turbarmi quando vedo un così gran numero di cristiani che vivono nel lusso e poi cantano. ‘La Croce del Signore è nostra speme intiera..’. E nello stesso tempo, ricordo che mia moglie è morta in tugurio di New York, in un tugurio privo d’aria, supplicando Dio di riprendersi la piccina insieme a lei. Io non pretendo che voi possiate impedire che le persone muoiono di fame; ma che cosa significa: ‘Seguire Gesù?’ Voi non potete far circolare l’aria nelle topaie dove noi soffochiamo. Ma mi si dice che molte soffitte che noi siamo obbligati a prendere in affitto appartengono a cristiani. Il proprietario del tugurio dov’è morta mia moglie è un membro di una chiesa ed io mi domando se è proprio vero che egli segua Gesù”.

A questo punto l’uomo si piegò verso la tavola della santa cena e stese la mano per aggrapparsi ad essa. Il cappello gli rotolò ai piedi. Un fremito scosse l’intera assemblea. Il medico West si alzò lanciandosi verso lo sconosciuto, che si stropicciava gli occhi con le mani e poi, senza emettere un gemito, cadde pesantemente al suolo. “Consideriamo terminato il culto” esclamò il pastore Maxwell dall’alto del pulpito. Tutti si alzarono, ma nessuno usci. “Il cuore, malattia del cuore” disse il medico west. La debolezza gli aveva procurato un attacco al cuore. Alcuni fratelli si avvicinarono al pastore e al medico, per trasportare il giovane nel locale attiguo. Il pastore si offri di portarlo a casa sua, e contemporaneamente anche altri membri volevano farsi carico del povero uomo. Ma il pastore disse che lo avrebbe trasportato a casa sua. Invece fu trasportato all’ospedale perché il caso era più problematico del previsto. Si fece un gran parlare per tutta la città di Raymond, a causa di tutto questo. Tre giorni dopo il giovane peggiorò. Chiese della sua bambina, che il pastore aveva già mandato a prenderla a Chicago. “Io non la rivedrò mai più in questo mondo” mormorò il moribondo; e poi soggiunse, ansando penosamente. “Voi siete stato buono con me; credo che così avrebbe fatto Gesù”. Di lì a poco piegò il capo verso la parete e, prima ancora che Maxwell se ne accorgesse, l’ultimo respiro gli si spense sulle labbra. Questo episodio, segno una svolta nella vita del pastore Enrico Maxwell, e di tutta la comunità cristiana. Il cristianesimo formale lasciò il posto a vere e proprie conversione cristiane. Molti di loro non avevano mai conosciuto Gesù. Un vero e genuino risveglio si accese nella città di Raymond. Con la comparsa di quest’uomo nella vita di gente che si definiva cristiana, Dio fece sentire il peso a ognuno di loro “che cosa è seguire Gesù”. Speriamo che questa storia possa servire d’esempio anche a quei cristiani “formali” ed “egoistici” e, poter trarre frutto e giovamento, sia per le loro anime e sia per  per coloro che hanno realmente di bisogno d’aiuto. Oggi nel 2015, la situazione non è diversa da allora, anche oggi e forse più di allora c’è gente che un gran bisogno di aiuto. Ricordiamoci delle parole di Gesù:

“Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?” E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”. (Matteo 25:35-41).
Francesco La Manna – notiziecristiane.com

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