Chi ha paura della vocazione nel terzo millennio?

Che ogni vita sia vocazione non c’è ombra di dubbio (Riccardi P. ogni vita è una vocazione ed cittadella 2014). Ma il concetto stesso di vocazione continua ad essere, per molti, frainteso. L’accezione comune è in riferimento ad un atteggiamento di vita scelta seguendo un ordine religioso. Per la quale la persona si sente obbligata, da un volere non proprio, alla scelta. Niente di più errato. Sebbene nell’uomo vige il potere decisionale dovute alle continue scelte che la quotidianità pone innanzi: dove abitare, cosa mangiare, quale partner, figli si figli no ecc….le nostre scelte determinano la nostra vita, il nostro grado di benessere. Vale a dire che se le scelte di vita non coincidono con i valori di base, con i principi assunti, con la propria morale ma soprattutto con le proprie inclinazioni interiori, ahimè il grado di malessere è assicurato (Riccardi ibidem).

Ognuno è stato chiamato alla vita, ma allo stesso tempo, deve dare una risposta ad essa per realizzare il dono che ha avuto; la vita stessa che ha senso se realizzata. Il bisogno di scoprire il senso della propria vita non basta è necessario compiere l’azione che realizzi il senso. «Quando tutte queste cose che io ti ho poste dinanzi, la benedizione e la maledizione, si saranno realizzate su di te e tu le richiamerai alla tua mente in mezzo a tutte le nazioni, dove il Signore tuo Dio ti avrà scacciato» (Dt 30 2). Con queste parole il Signore comunica ad Abramo una concessione ma allo stesso tempo una scelta da fare. L’uomo, quindi, per natura ha la possibilità di compiere scelte e realizzare la sua vita ma la possibilità non è qualcosa di dovuto o gratuito è qualcosa da mettere in atto. La vocazione quindi non è un pensiero, ma un’azione. La parola “vocazione” deriva dal latino vocare che significa chiamare.  In greco il verbo kaleomai indica l’atto diretto o mediato di interpellare qualcuno. Siamo interpellati a rispondere alla vita con attività, con coerenza e valori. Il cristiano, come per altro ogni persona, non dimentichi che la chiamata è la vita stessa che aspetta ad essere ricca di senso e significato e la risposta sono le nostre azioni coerenti, morali e di valore che soddisfano la vita piena. Allora quando ci sentiamo persi e abbattuti, quando pensiamo che le cose non vadano per il verso giusto, quando siamo pessimisti, sfiduciati ci si chiede se stiamo realizzando la vita come vocazione. Probabilmente siamo in un cammino distonico con noi stessi dove si fanno scelte ma non corrispondono ai propri valori. «Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Lettera ai romani 7, 18 19). Con queste parole si esprime il senso della coerenza nel rispondere alla vita diversamente vi la condizione di malessere espressa ancora da San Paolo «La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte» (lettera ai romani 7, 25)

Pasquale Riccardi

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook