Alcuni dei nani di Walt Disney, protagonisti della favola di Biancaneve, sono chiamati a rappresentare, agli occhi dei bambini, i primi modelli di comportamento sociale. Mammolo per esempio, apparterrebbe alla folta schiera dei timidi, che hanno difficoltà nell’affrontare persone nuove o nell’esprimere di fronte agli altri le proprie opinioni. La timidezza è un problema molto diffuso che, in particolari casi, può condizionare e limitare l’esistenza stessa dell’individuo.
Un’inchiesta eseguita su più di 800 studenti americani ha rivelato che l’80 per cento di essi sono “timidi” o “ex timidi”. Tra le personalità più note che in alcune circostanze della vita hanno ammesso di essere timide contiamo le attrici Catherine Deneuve, Liza Minelli, Elisabeth Taylor, il principe Carlo d’Inghilterra e l’ex presidente americano Carter. Una compagnia sorprendentemente numerosa, se pensiamo che proprio gli studenti vengono considerati sfacciati e sempre pronti alla protesta e che attori e politici sono le tipiche “persone di mondo” (Psicologia e vita – come conoscere se stessi e gli altri – Selezione dal Reader’s Digest, Milano 1985, pag. 569/70).
“È meglio considerare il comportamento pubblico del timido”, commenta Philip G. Zimbardo lo psicologo americano della Stanford University, “una specie di non-comportamento. La sua vita privata, intima, invece, può essere un gran tumulto di pensieri, di sensazioni e di reazioni fisiologiche (…). Fuori la quiete dentro il caos”.
Infatti il timido si presenta silenzioso, specie quando è di fronte a estranei o a persone dell’altro sesso; evita il contatto degli occhi e, spesso, tenta di evitare completamente gli altri rifugiandosi nei libri, nella natura o in lavori che fa per conto suo. Non è portato all’azione e, le poche volte che parla, parla a bassa voce. Dietro questa facciata troviamo un mucchio di preoccupazioni: “Che figura sto facendo?” – “Che cosa penseranno di me?”, “Come posso uscire da qui senza farmi notare?” e arrossisce, suda, ha lo stomaco in subbuglio e il cuore che sembra andare per i fatti suoi. Nel suo intimo è una persona molto insicura; per questo preferisce rimanere nei limiti di ciò che conosce bene, piuttosto che avventurarsi su un terreno incerto.
È facile allora comprendere perché la timidezza può essere tanto fastidiosa. In alcuni casi particolarmente seri, essa è in grado di bloccare l’intera esistenza dell’individuo. Moltissime persone che ne soffrono arrivano a sostenere che, se ci fosse, si farebbero ricoverare in una “clinica per la timidezza”. Dati come questi fanno supporre che molti, compresi gli psicologi, non abbiano preso abbastanza in considerazione un disturbo che possiamo senz’altro definire “sociale”. Invece, una cura sarebbe utile sia per l’individuo sia per gli altri.
Come vincere la timidezza
La timidezza, spiega il Dr. Tony Lake nel suo libro “Loneliness” (solitudine)”, è una forma di protezione. La persona timida si salva dal commettere errori perché la timidezza le impedisce di correre li rischio di dire o fare cose che potrebbero farla apparire sciocca”. “La soluzione – spiega il Dr. Lake – è di dare tempo al tempo e non fare l’errore di pensare che ci sia in noi qualcosa di serio che non va. Dovremo concentrarci sull’ascoltare finché non ci sentiamo pronti a parlare liberamente”. La stessa cosa affermarono parecchi anni prima Salomone, uomo sapiente che non aveva certamente studiato psicologia, ma che indubbiamente era guidato dallo Spirito Santo quando disse: “Non essere precipitoso nel parlare” (Ecclesiaste 5:2) e Giacomo, fratello del Signore, “Sia ogni uomo pronto ad ascoltare, tardo al parlare” (Giacomo 1:19).
Sensi di inferiorità? Perché averne, quando sai che l’Eterno non ha riguardi alla qualità delle persone e ti ama di un amore irremovibile? Se lo preghi e confidi in Lui, egli è pronto a risponderti.
Se lasciamo che Gesù viva in noi, anziché tentare di ristrutturarci, vedremo dei frutti tali per cui andremo ai Suoi piedi per adorarLo e per ringraziarLo dell’onore che abbiamo di essere il tempio dove gli vive.
Il segreto, dunque, sta nell’aprirsi a Gesù… a tutti i timidi vorrei suggerire di farlo, affinché la timidezza possa traslocare con l’arrivo del Signore nella nostra vita.
Bisogno di empatia
“La più efficace forma di comunicazione – afferma Larry L. Barker nel libro Communication, – è l’interazione basata sull’empatia. Empatia significa comprendere a fondo gli altri, identificarsi con i loro pensieri, partecipare alle loro sofferenze, condividere le loro gioie”. Uno che si distinse per queste qualità fu Gesù Cristo. Una volta iniziò una conversazione sulla via di Emmaus con due discepoli che facevano cordoglio per la sua morte. Il Signore Gesù risuscitato chiese: “Che discorsi sono questi che tenete fra voi cammin facendo?” (Luca 24:17).
I due si mostrarono sorpresi che questo “forestiero” non avesse sentito parlare dei tragici fatti accaduti a Gerusalemme. “Quali?’ domandò di nuovo Gesù. Ne seguì un’animata conversazione, dopo la quale uno dei discepoli osservò: ‘Non ardeva il cuor nostro in noi mentr’egli ci parlava per la via, mentre ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:32). Si, Gesù Cristo partecipò a molte belle conversazioni perché ascoltava gli altri e mostrava empatia (Luca 4:7-26).
Dio ci ha dato lo Spirito Santo
“Iddio ci ha dato uno spirito non di timidità, ma di forza e d’amore e di correzione” (2 Timoteo 1:7).
Da queste parole deduciamo che non possono esserci cristiani ripieni dello Spirito Santo e nello stesso tempo essere timidi. Quando lo Spirito Santo viene ad abitare nei credenti non sviluppa nei loro cuori la timidità, ossia la disposizione a lasciarsi intimorire dagli ostacoli, dalle beffe, dalle audaci opposizioni, dalle minacce e dalle sofferenze.
Quando è l’Evangelo di Cristo oggetto della nostra predicazione, allora non esiste nessun cristiano che abbia sensi di inferiorità o timidezza poiché lo Spirito Santo ci guida ad annunciare l’Evangelo con gran potenza. L’Evangelo cristiano non potrebbe mai essere portato da uomini di spirito pavido. Al contrario il cristiano riceve una triplice grazia: forza, amore, e correzione.
Per Spirito di forza si intende forza interna, coraggio morale che trasforma un giovane come Timoteo in un eroe impavido di fronte al mondo. Lo spirito di forza non significa che il servo di Dio debba avere necessariamente una forte personalità, ma che egli ha forza di carattere sufficiente a mostrarsi coraggioso nell’esercizio dell’autorità. L’aver la forza dello Spirito Santo in se stessi ha reso molti uomini naturalmente timidi, capaci di sviluppare un coraggio non di origine propria quando sono chiamati nel nome di Dio a svolgere un difficile ministerio.
Spirito d’amore che porta non all’indifferenza, ma alla pazienza, al perdono, alla compassione, alla mitezza verso i fratelli e verso gli uomini in genere, che spinge a procacciare con perseveranza il loro vero dono seguendo l’esempio di Cristo.
Lo Spirito di correzione è l’attitudine e la disposizione per le quali il cristiano, animato dall’amore delle anime, forte della forza di Dio e della sua buona coscienza, si sente portato a chiamare i suoi simili o a richiamare i suoi fratelli sulla retta via “ammonendo i disordinati confortando i pusillanimi…” (1 Tessalonicesi 5:14,15), chiamando a ravvedimento i peccatori. La parola correzione è, letteralmente, “autocontrollo“, poiché nessuno può “prevalere” sugli altri se prima non ha dominato se stesso. Ma l’apostolo Paolo ha in mente qualcosa di più che uno stoico controllo di sé, poiché questo dominio della propria natura è indicato come un dono concesso da Dio.
In tutte le epoche la causa dell’Evangelo ha avuto bisogno di operai ripieni dello Spirito Santo. Chi ha realizzato la nuova nascita e sa di essere nella verità, chi lavora per il Regno di Dio, chi ha la missione di annunziare ai peccatori la vita eterna in Cristo Gesù, non deve procedere con fiacchezza e con paurosa timidità, quasi facesse un’opera cattiva o di poca importanza. Fede genera e infonde coraggio. Quando sono ispirato dall’amore la forza non degenera in tirannica imposizione, o in fanatismo e l’ammonizione non è superba, né irosamente amara.
Fratelli cari, dunque, uniamoci senza alcuna timidità nell’annuncio di “tutto l’Evangelo” “non annunziato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con gran pienezza di convinzione” (1 Tessalonicesi 1:5).
da: “Cristiani Oggi 20/89”
Tratto da: http://www.tuttolevangelo.com/
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