Contro le stragi non basta pregare

Dalle chiese un coro di condanne dopo le due recenti stragi a sfondo nazionalista e razzista verificatesi in Texas e nell’Ohio.

(Gaëlle Courtens) Sono salite a 31 le vittime delle due sparatorie di El Paso nel Texas e di Dayton nell’Ohio, che lo scorso fine settimana hanno scosso gli Stati Uniti. 46 sono invece i feriti delle recenti stragi perpetrate da due sostenitori dell’ideologia suprematista della “grande sostituzione” e per cui la FBI sta indagando per “terrorismo domestico”. Dayton segna la 251.esima sparatoria di massa negli Stati Uniti dall’inizio dell’anno.

Chiese e organizzazioni ecclesiali negli USA e nel mondo hanno dichiarato solidarietà alle comunità colpite, hanno espresso vicinanza alle famiglie delle vittime e hanno condannato gli attacchi.

Contro le stragi non basta pregare

Condanne dalle chiese

Il Consiglio nazionale delle chiese cristiane degli USA (NCCCUSA) che raccoglie chiese protestanti ed ortodosse, ha espresso orrore e tristezza per le due ultime stragi “di chiara matrice terroristica domestica”. Jim Winkler, presidente e segretario generale del NCCCUSA punta il dito contro la lobby delle armi negli Stati Uniti, rilanciando l’appello per una legge che regolamenti il possesso delle armi da fuoco.

Sulla stessa linea anche il pastore luterano Olav Fykse Tveit che aggiunge: “Sappiamo che la questione delle armi è legata ad altri grandi temi come la violenza, la razza e la polarizzazione politica. Non si tratta solo di una questione legislativa. Sul fronte sia della formazione rispetto a questi problemi, sia su quello della difesa dei diritti di chi è toccato da essi, le chiese possono svolgere un ruolo chiave”.

Contro le stragi non basta pregare

“Ferma l’odio e il razzismo, a cominciare da te stesso”, ha twittato – rivolgendosi al presidente Donald Trump – l’arcivescovo di San Antonio (Texas), mons. Gustavo García-Siller, subito dopo la strage di El Paso. Nato in Messico e divenuto cittadino americano nel 1998, García-Siller è il primo vescovo cattolico ad accusare pubblicamente Trump di razzismo, definendolo “un uomo molto povero” spiritualmente, un “debole” che ha fatto “troppi danni”.

Le preghiere non bastano

L’ex presidente della American Academy of ReligionEddie S. Glaude Jr., a capo del Dipartimento per gli studi afroamericani della Princeton University, in un dibattito televisivo ha commentato: “È troppo facile scaricare queste tragedie sulle spalle del presidente Donald Trump, lui è solo la manifestazione della bruttezza che è in noi. Il problema siamo noi! Se vogliamo uscire da questa spirale bisogna che i bianchi si sbarazzino dell’eredità razzista in modo da potersi affrancare, finalmente, dall’essere bianchi”.

Queste tragedie rivelano i problemi di violenza che attanagliano la nostra nazione

Jim Wallis

Contro le stragi non basta pregare

“Queste tragedie rivelano i problemi di violenza che nascono all’intersezione tra nazionalismo bianco, terrorismo domestico, violenza armata e una mascolinità tossica che attanagliano la nostra nazione”, ha invece dichiarato il teologo Jim Wallis, direttore della rivista evangelica “Soujourners”, lanciando una petizione al Congresso americano per regolamentare il porto d’armi, perché, dice “non bastano più le sole preghiere, bisogna agire”. E cita 1 Giovanni 3,18 “Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità”.

Questione di vita o di morte

La pastora texana Deanna Hollas – chiamata lo scorso 7 luglio dalla Chiesa presbiteriana degli USA a ricoprire un incarico inedito nel paese, quello di ministro per la prevenzione della violenza armata – non ha dubbi: “In quanto chiesa prevalentemente bianca è nostra responsabilità essere attivamente impegnati nella lotta al suprematismo bianco e a favore della creazione dell’equità razziale”. Secondo Hollas è la lobby che ruota intorno al commercio delle armi che dopo ogni strage si è appropriata della retorica dei “pensieri e preghiere”.

Deanna Hollas

Contro le stragi non basta pregare

La pastora Hollas coordina su tutto il territorio nazionale più di 800 “preventori presbiteriani di violenza armata”, il cui impegno consiste soprattutto nel far dialogare membri di chiesa che in merito alle politiche sulle armi hanno convinzioni diverse, nel tentativo di promuovere un cambiamento culturale. Hollas sottolinea l’importanza di una rinnovata capacità di ascolto: “Abbiamo perso la capacità di ascoltarci vicendevolmente, di ascoltare il nostro corpo e quindi anche di ascoltare Dio. La violenza è frutto di questa separazione. Pratiche spirituali possono aiutarci a ripristinare una giusta capacità relazionale, allontanandoci dalla violenza, verso la pace e l’amore”.

Per la pastora presbiteriana discutere nelle congregazioni di violenza armata “non è una questione politica, di destra o di sinistra – come ha detto alla CNN -. È una questione di vita o di morte e di quanto noi cristiani siamo chiamati a mettere in campo a favore della vita”.

Voceevangelica.ch

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