Cosa vuole un uomo?

A volte un uomo non parla. Non perché non prova dolore, ma perché regge il peso. In silenzio.

Regge tutto. I conti che non tornano. Le notti senza sonno. Le paure che non dice. Il lavoro che lo logora. Le responsabilità che nessuno gli toglie dalle spalle. E lo fa senza fare rumore. Non per farsi vedere, non per sentirsi dire “grazie”, ma perché sente che è il suo dovere. È così che ama: facendo. Non parlando. E troppo spesso, nessuno se ne accorge.

A volte nemmeno chi gli sta accanto lo vede davvero. Nemmeno la donna che ama. Non perché lei sia cattiva, ma perché lui non mostra. Non si sfoga. Non pesa sugli altri. Teme che, se crolla, tutto il resto crolla con lui. E allora stringe i denti, si chiude dentro, continua a dare. Continua a fare.

Quando torna a casa, non cerca molto. Solo un po’ di pace. Solo un sorriso. Solo uno spazio dove possa respirare senza sentirsi in colpa. Perché casa, per lui, dovrebbe essere il rifugio. Non l’estensione della lotta quotidiana. Non il posto dove continuano i litigi, le tensioni, le accuse, le parole amare. Se anche lì non trova sollievo, allora si spegne dentro. E nessuno se ne accorge. Ma qualcosa dentro di lui, lentamente, muore.

E poi ci si meraviglia. Ci si chiede perché tanti uomini oggi vivono distanti, chiusi, persi. Perché tante famiglie non sono più un luogo di festa, ma un campo minato dove si sopravvive a fatica. Perché ci si è dimenticati cosa significhi davvero “famiglia”. Ci si è persi nel bisogno di avere tutto e subito. Senza sacrificio. Senza pazienza. Senza quell’amore che sa aspettare, che sa ascoltare, che sa dire “grazie” anche senza un’occasione speciale.

È questo che manca oggi: il senso. Il senso dei ruoli, il senso del rispetto reciproco, il senso della gratitudine. Oggi si pretende tutto, ma si offre poco. Si chiede comprensione, ma non la si dà. E intanto si consumano relazioni, si spengono padri, si svuotano cuori.

E allora, vorrei dire qualcosa con profondo rispetto e sincerità a tutte le mogli, le compagne, le donne: ogni tanto fermatevi. Guardatelo. Ringraziatelo. Anche se non ve lo chiede. Anche se non è perfetto. Anche se non sa sempre esprimere ciò che prova. Perché quell’uomo che torna stanco, ma continua a sorridervi… quell’uomo che lavora anche quando è stremato… quell’uomo che si trattiene dal crollare per non pesare… sta amando nel modo più profondo che conosce.

E ai figli: non dimenticate mai tutto ciò che un padre fa, spesso senza dire una parola. Ogni sua rinuncia è un atto d’amore. Ogni sua fatica, un tentativo di costruirvi un futuro migliore. Anche se non lo sa dire, vi ama più di quanto possiate immaginare.

Forse è davvero tempo di tornare a dare valore alle cose vere. Alla famiglia che cura, che protegge, che si sostiene. Al rispetto che non è debolezza, ma forza. Alla gratitudine che non si chiede, ma si dona. Perché la serenità non si trova per caso. Si costruisce. In due. Con amore. Con pazienza. Con sguardi che si cercano, mani che si aiutano, silenzi che si rispettano.

Perché una casa non è fatta solo di muri. Ma di cuori che battono insieme.

Marcello Donadio 

http://notiziecristiane.com


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