Gli incidenti di Trieste, l’ennesima pesante contestazione alle Sentinelle in piedi merita alcune riflessioni. Perché anzitutto non si può non notare un crescendo di violenza, favorito anche da un atteggiamento permissivo delle forze dell’ordine e delle istituzioni locali. Sta succedendo in diverse città.
Da una parte c’è la formale e corretta richiesta di manifestare da parte delle Sentinelle, che spesso comuni e questura cercano peraltro di scoraggiare: tardando con la concessione dei permessi oppure cambiando all’ultimo momento la piazza dove far svolgere la veglia. Dall’altra ci sono gruppi che organizzano nello stesso luogo una manifestazione non autorizzata allo scopo dichiarato di impedire quella regolarmente autorizzata, senza che nessuno ne chieda conto, intervenga e la impedisca. Addirittura, come nel caso di Trieste, si permette che i contestatori entrino a diretto contatto con le Sentinelle e si mescolino fra loro, malgrado la questura fosse avvertita del pericolo di incidenti. Insomma, da una parte una manifestazione legale, silenziosa e pacifica, dall’altra una contestazione illegale, volgare e violenta.
Proviamo a pensare cosa succederebbe a parti invertite, cosa scriverebbero tutti i giornali di questo paese, che polverone verrebbe alzato in Parlamento il giorno dopo. E invece per le Sentinelle nulla, anzi sulla stampa – locale e nazionale – a far la figura dei provocatori sono quelle famiglie e quei giovani che in silenzio leggono un libro in piazza stando in piedi a due metri l’uno dall’altro. La testimonianza che proponiamo lo dimostra: la polizia impone al fotografo delle Sentinelle di riporre quella pericolosa arma perché sta “provocando”; mentre gli altri sono liberi di fare quel che vogliono.
Solo per puro miracolo – e per la grande compostezza delle Sentinelle che non rispondono alle provocazioni – non ci è scappato ancora un incidente serio, a parte qualche contuso, ma il rischio è sempre più elevato. Perché la passività delle autorità (e la complicità delle istituzioni locali in alcune città) rende i contestatori sempre più audaci, sempre più aggressivi. Avevano cominciato piccoli gruppetti a urlare qualcosa da un angolo della piazza, ma visto che vengono lasciati liberi di agire, ormai – come a Trieste – sovrastano per numero le stesse Sentinelle.
E qui c’è un secondo fattore, molto pericoloso. L’ingrossarsi delle sigle che partecipano alla contestazione: non più solo Arcigay, Arcilesbica e affini, entrano in campo anche anarchici, centri sociali, radicali. Si intravede il saldarsi di sigle e gruppi che praticano sistematicamente la violenza: è un segnale che non va sottovalutato e che richiede l’immediato intervento delle autorità prima che anche questo “antagonismo” finisca fuori controllo.
Il problema è che non pare esserci questa volontà. Al di là delle risposte rassicuranti del governo alle interpellanze fin qui presentate in Parlamento, si direbbe che ci sia una sorta di capitolazione – se non complicità – di fronte alla crescente aggressività dei movimenti Lgbt, che vanno assecondati in ogni modo. In pratica il disegno di legge Scalfarotto – a parte le sanzioni per i difensori della famiglia naturale – sembra già in vigore pur non approvato dal Parlamento.
Quello che è accaduto a Trieste è un’ulteriore dimostrazione della pericolosità di questa ideologia di genere e della minaccia che essa comporta alla libertà di tutti i cittadini. Davanti a questa minaccia, nessuno – a cominciare da chi ha responsabilità politiche e di sicurezza – può girarsi dall’altra parte.
di Riccardo Cascioli
Tratto da: http://www.lanuovabq.it/
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