Da Frate Francescano a Pastore Battista

Erminio Podestà ha sofferto le contraddizioni del potere ecclesiastico, finalmente trovando la pace e libertà in Cristo.

Sono nato il 30 Agosto 1930, a Genova. Mio padre era un portuale comunista, legato a Gramsci, poco pratico delle cose di chiesa; mia madre invece era casalinga e religiosa. Mi accompagnava sempre alle novene e alla messa domenicale. Sono diventato a otto anni chierichetto e a 15 anni, nel 1945, sono entrato nel Collegio Serafico Francescano, con il desiderio di diventare Sacerdote. Nel 1956 sono stato ordinato sacerdote Francescano. Per quindici anni ho esercitato il ministero sacerdotale francescano: dal 1956 al 1971. Poi, in seguito ad una lunga riflessione, ho capito che stavo percorrendo una strada sbagliata. Nel 1968 incominciai a dire che noi cattolici eravamo molto lontani dall’annuncio evangelico. Il Vescovo mi convocò e mi chiese: “Padre, perché lei predica in quel modo?” “Perché, risposi io, è il Signore che mi suggerisce di predicare così”. Il Vescovo aggiunse: “Sappia, Padre, che il diritto canonico condiziona i nostri rapporti con Dio”. Uscendo dall’episcopio pensai: “Come è possibile che una legge umana, com’è appunto il diritto canonico, sia al di sopra del Signore?”. Così continuai ad annunciare la parola di Dio, senza condizionamenti episcopali. I miei superiori cominciarono ad avanzare promesse di promozione per farmi cambiare idea, poi scesero ai ricatti. Mi inviarono una lettera in cui si diceva: “in nome di tua madre, che si è offerta vittima per il tuo sacerdozio, ti ordiniamo di tornare indietro”. Infine, poiché persistevo in quel tipo di predicazione venni allontanato dall’Ordine Francescano, con una lettera del seguente tenore “Reverendo Padre Vincenzo, il Definitorio della Provincia Ligure dei Frati Minori, risultati inutili i tentativi di ricondurti alla obbedienza da te liberamente promessa nella tua professione francescana, e risultati inutili i tentativi di farti desistere dal grave scandalo pubblico in seguito alla celebrazione della Santa Messa per la sedicente comunità di Oregina, in data odierna, 15 Novembre 1971, ha decretato le tue dimissioni dall’Ordine, Fra Felice Solinas, Segretario della Provincia”. Chi conosce la storia della chiesa non si stupisce, né si scandalizza di certi provvedimenti canonici. Il Vangelo è molto lontano e stenta a ritrovarsi nelle leggi di un potere che considera l’uomo nella misura in cui è utile all’istituzione. D’altra parte è inevitabile, se non si vuole essere complici, proclamare una verità e urtarsi con i precetti che reggono una chiesa come stato e non immagine del futuro regno dei cieli.

Ho continuato così il mio cammino nella comunità di base di Oregina, un cammino difficile, sofferto, che responsabilizzava tutti in una continua tensione per essere autentici e per mettere sempre in discussione quello che sembrava verità intoccabile perché imposta dall’autorità costituita. Mi sono reso maggiormente conto che al di sopra di ordini e di imposizioni della gerarchia ecclesiastica c’è l’impegno di testimoniare il Vangelo e di responsabilizzare il popolo di Dio, come ha insegnato Gesù Cristo. Ho lasciato il Convento senza che mi siano stati dati neanche i soldi dell’autobus. Mi sono trovato nel mondo, uomo tra gli uomini, senza soldi senza lavoro senza casa. Ma il Signore mi ha aiutato e mi ha fatto trovare lavoro presso l’Ospedale Evangelico Internazionale, mi ha fatto trovare una casa dell’Istituto Autonomo Case Popolari. Sempre per grazia del Signore, all’Ospedale Evangelico ho conosciuto Matilde che è diventata mia moglie, e mi ha regalato due figli: Daniele e Paolo. In quel periodo, ho studiato la Bibbia in modo diverso da come l’avevo studiata da sacerdote. Il Signore mi ha fatto capire molto bene quanto è scritto nella lettera ai Romani 5:1 “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio”. Ho fatto tesoro delle parole di Paolo ai Galati 5:1: “Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù!”. Ho ascoltato con libertà non più gli uomini, ma la parola di Dio. Mi sono convertito. Mi sono battezzato nel 1977 nella chiesa battista di Genova, ho frequentato la Facoltà valdese di Teologia a Roma, e nel 1980 ho iniziato il mio ministero di Pastore presso la Chiesa Battista di Sampierdarena, senza rinunciare al lavoro.

Abbandonando il cattolicesimo romano, ho scoperto la libertà che è al di sopra della libertà umana, la quale è sempre condizionata da tanti fattori. Ho scoperto la libertà dalla paura di non essere salvato. Quand’ero frate avevo paura di essere condannato dal Signore. Quando andavo a confessarmi c’era per un po’ di giorni la gioia, ma poi ritornavano l’amarezza e la tristezza. Quando ho abbracciato il protestantesimo ho scoperto una cosa molto importante; che il discorso della salvezza è un capitolo definito. La salvezza non dipende da noi, perché siamo salvati per grazia, mediante la fede, per cui essere salvati è un dono gratuito di Dio, per i meriti della morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Da quel momento una grande gioia ha invaso il mio cuore e non mi ha più abbandonato. Ho così scoperto che le opere sono necessarie, non ai fini della salvezza, ma come risposta concreta alla chiamata di Gesù e come testimonianza coerente per gli altri fra quello che si crede e le azioni che si compiono. Sento il dovere di ringraziare il Signore per due motivi. Innanzi tutto perché mi ha liberato da tutte le imposizioni cattoliche, per cui oggi attraverso la riflessione approfondita della Scrittura, credo che questa è Parola di Dio ed è Verità assoluta che scavalca qualunque decisione umana. Il Signore è entrato nel mio cuore e non mi ha più abbandonato. Poi ringrazio il Signore perché mi ha fatto conoscere Matilde, mia moglie, non solo perché mi ha regalato due figli stupendi, ma perché senza di lei io non so dove sarei adesso, in quanto che ha sempre saputo controllare il mio carattere troppo esuberante. Matilde per me è stata ed è una benedizione del Signore. Per tutto quello che il Signore ha fatto, a Lui solo la gloria, l’onore e la riconoscenza. Amen.

Erminio Podestà

Tratto da: Comunicazioni Cristiane | Lanuovavia.org

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