Essere stati esposti a contenuti che promuovono il suicidio, l’autolesionismo e i disturbi alimentari – ma anche a un’ipersessualizzazione indiscriminata – ha portato due adolescenti a togliersi la vita a soli 15 anni. E’ accaduto in Francia e sotto accusa è finito il noto social TikTok, contro il quale si è or scagliato un gruppo di famiglie francesi.
«I genitori vogliono che la responsabilità legale di TikTok venga riconosciuta in tribunale», ha affermato il legale delle famiglie, l’avvocato Laure Boutron-Marmio, all’emittente televisiva Franceinfo. L’accusa sostiene che l’algoritmo di TikTok abbia esposto ripetutamente tali minori a contenuti nocivi per il loro percorso di crescita. D’altra parte, prosegue l’avvocato francese, «questa è una società commerciale che offre un prodotto a consumatori che sono, per giunta, minorenni. Devono, quindi, rispondere delle carenze del prodotto».
TikTok, come altre piattaforme di social media, è da tempo al centro dell’attenzione per quanto riguarda il controllo dei contenuti sulla sua app. Il Ceo Shou Zi Chew ha comunicato ai legislatori statunitensi che l’azienda sta investendo in misure preventive, ma intanto a farne le spese è proprio la salute mentale – e spesso fisica – di bambini e adolescenti.
Per quanto nel caso di specie si tratti soltanto di sette famiglie, anche Facebook e Instagram (prodotti del colosso Meta) sono ormai nel mirino soprattutto di tanti genitori, ma anche della stessa politica e dell’associazionismo, in specie negli Stati Uniti: sono infatti in corso centinaia di cause legali che accusano tali social di creare dipendenza e danneggiare la salute mentale dei più giovani. Addirittura lo scorso febbraio la Città di New York ha fatto causa a TikTok, Facebook e YouTube per danni alla salute mentale di bambini e ragazzi.
E in effetti le ricadute di uso e abuso di smarthpone e social sul benessere psicologico dei minori cominciano a farsi sentire. Relativamente ai teenagers americani le ha approfondite, dati alla mano, Jonathan Haidt nel suo bestseller La generazione ansiosa. Ansia, depressione e altri disturbi mentali dilagano tra gli adolescenti, oltre a privazione del sonno, deprivazione sociale, frammentazione dell’attenzione e dipendenza, sempre più diffusi nella stragrande maggioranza di essi. Lo stesso psicologo newyorkese ha perciò denunciato la necessità di rendere le aziende «responsabili legali e morali per il modo in cui trattano i minori».
Anche in Italia questi effetti nocivi sulla salute psicofisica dei minori non stanno tardando a manifestarsi. Per questo motivo da anni Pro Vita & Famiglia onlus porta avanti la Campagna “Piccole Vittime Invisibili” proprio contro l’ipersessualizzazione e l’iperdigitalizzazione dei minori in Rete e recentemente anche altri enti e realtà si sono mossi in tal senso, anche coinvolgendo – con una petizione online – personaggi dello spettacolo, esperti e professionisti del mondo della psicologia e della psichiatria, dal titolo “Stop smartphone e social sotto i 16 e 14 anni: ogni tecnologia ha il suo giusto tempo”. «La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale» scrivono i suoi primi firmatari il pedagogista Daniele Novara e il medico e psicoterapeuta Alberto Pellai. «Simili comportamenti in età prescolare – proseguono – portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura. I fatti lo dimostrano: nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi»,
Di qui «anche nelle scuole bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le neuroscienze. Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno fino ai 15 anni, alcun uso autonomo degli studenti», aggiungono gli stessi nel testo che accompagna la petizione già sottoscritta anche – come si diceva – da numerose celebrities, tra le quali Paola Cortellesi, Luisa Ranieri, Claudia Gerini, Claudia Pandolfi, Luca Zingaretti, Pietro Sermonti, Giorgio Marchesi.
Infine, ricordiamo che proprio in questa prospettiva si situa opportunamente anche la recente circolare del Ministero dell’Istruzione e del Merito che vieta, a partire dall’anno scolastico in corso, l’uso degli smartphone fino alla secondaria di primo grado, mentre in quest’ultima ne consente l’uso esclusivamente per scopi didattici.
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