Dalla mafia a Cristo… Cristo è la soluzione!

Il mio nome è Mario. Sono originario di Palermo dove sono nato nel 1969 in una famiglia apparentemente normale.

O almeno a me questo sembrava, dal momento che notavo che mio padre si assentava spesso per lunghi periodi, “per lavoro”, mi dicevano a casa.

Con gli anni però mi accorsi che la mia famiglia non era per niente normale e che i lunghi periodi di assenza di mio padre erano dovuti alla sua permanenza in carcere o al soggiorno obbligato, in quanto, scoprii quando avevo circa 11 anni, mio padre era un mafioso. Non un mafioso qualunque, però: era un boss, e lo notavo quando iniziai ad andarlo a trovare nelle varie carceri dove gli altri detenuti lo trattavano con deferenza e con rispetto. Da adolescente inserito nell’ambiente di Palermo di quegli anni, cominciai a desiderare di diventare un giorno come lui, un “uomo di rispetto”.

Le occasioni non mancarono quando nel 1985 la mia famiglia si spostò a Napoli, altro terreno fertile per un ragazzo violento e pronto a tutto pur di imporsi come boss: avevo allora 16 anni.

A 17 anni, dopo la nascita del mio primo figlio, la mia carriera criminale cominciò a decollare: la mia specialità era il traffico internazionale di droga, e con questa “missione” visitai mezzo mondo, specialmente il Sudamerica dove trattai con i più efferati e violenti cartelli internazionali della droga.

Dopo anni di successi e di potere, nel 1995 la mia carriera ebbe uno stop improvviso: fui arrestato in Spagna, a Madrid, con oltre tre chili di cocaina addosso. Fui condannato a otto anni di carcere, ma anziché farmi desistere dai miei intenti criminali l’ambiente della prigione mi aiutò a consolidare i miei contatti internazionali: quando sarei uscito sarei stato più forte e potente di prima, intenzionato a vendicarmi di tutti coloro che mi avevano abbandonato negli anni del carcere. Le autorità se ne accorsero, tanto che mi cambiavano spesso luogo di detenzione, tutte carceri di massima sicurezza, per evitare che il mio network criminale crescesse.

Eppure dentro di me ero tormentato: mi mancavano soprattutto mia moglie e i miei tre figli lontani, e qualcosa mi diceva che ciò che facevo era profondamente sbagliato. Cominciai a soffrire di depressione ed ero sopraffatto dall’odio verso le persone.

A questo punto Dio ha cominciato a muoversi utilizzando mia moglie Anna. Anche lei soffriva tremendamente, e doveva gestire una famiglia con un marito in carcere in Spagna e molti membri della famiglia che l’avevano abbandonata. Eppure aveva la forza di cercare il bene. Diceva: “Se esiste tutto questo male deve esistere anche il bene”.

Anna venne a sapere che un boss camorrista nostro parente era improvvisamente diventato cristiano. Sbalordita andò a trovarlo. Lo trovò a casa, seduto sul divano con una Bibbia in mano: era sereno e della precedente vita mafiosa non c’era più traccia. Lei era incredula e lui le disse: “Anna, Dio è grande, conosce ogni cosa”. Poi la condusse in una chiesa. Qui mia moglie vide un ambiente che non credeva esistesse: le persone si amavano e si aiutavano le une con le altre. Dopo poche settimane Anna con una potente esperienza di liberazione nello Spirito Santo si convertì a Cristo.

La chiesa le pagò il biglietto per venire a visitarmi nel carcere di Salamanca, dove ero tornato dopo esser stato ricoverato per due mesi in un ospedale psichiatrico criminale.

Mia moglie mi parlo subito di Cristo: “Mario, Gesù ha cambiato la mia vita, Cristo è la soluzione dei nostri problemi”.

Ero prostrato, ma risposi di no: “Non ho tempo per queste cose, ho troppo da fare quando esco e voglio togliermi un po’ di sassi dalle scarpe”. Però tornai in cella sconvolto. Nel bel mezzo di un attacco di disperazione, afferrai le sbarre della cella e urlai: “Gesù, se tu esisti fatti conoscere!”. Mi sentivo strano, e durante l’ora d’aria sentii un messaggio dagli altoparlanti del carcere, a cui prima non avevo fatto mai caso: “Tutti gli appartenenti alla Chiesa Evangelica possono recarsi al culto”. Il culto era guidato da un Pastore gitano, Josè Manuel, a cui chiesi di pregare per me. Non appena pronunciò le parole “Nel nome di Gesù” io ebbi una manifestazione demoniaca: cominciai a parlare in tedesco e in altre lingue e vomitai. Finita la preghiera, mi sentii libero: avevo una gioia incontenibile del cuore e ritornai in cella proclamando a gran voce “Gesù è il Signore! Gesù è la vita!”. Gli altri detenuti credevano che fosse un’altra manifestazione della mia follia.

Appena potei telefonare a casa chiamai mia moglie e le dissi “Anna, ho conosciuto Gesù!” E gioimmo insieme.

Sono uscito dal carcere nel 1999 e tornato a casa ho dovuto ricostruire completamente la mia vita distrutta: il mio matrimonio, il rapporto con i miei figli, una vita e un lavoro onesto, con la protezione di Dio perché non è facile uscire dalla mafia e dalla camorra e rimanere vivi.

Nel 2000 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Milano, ho trovato lavoro e ora ho anche una responsabilità nella chiesa che frequento. Tutto quello che sono è grazie a Gesù: Lui ha ricostruito completamente la mia vita e quella della nostra famiglia.

Grazie soprattutto all’esempio e al lavoro di mia moglie Anna circa 80 membri della mia famiglia hanno dato la vita Dio, e molti di essi testimoniano di Cristo in un ambiente difficile come quello di Palermo e del Sud.

Cristo è la soluzione!

Mario

Notiziecristiane.com

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