Di cosa hai paura?

Secondo l’indicatore creato da Wall Street chiamato “Indicatore Paura‐Avarizia”, la paura è ciò che sta condizionando i mercati in questo momento in cui viviamo all’ombra del COVID-19. Non è soltanto il Coronavirus. Tutti sembrano essere ansiosi, guardano gli aggiornamenti di continuo per ricevere la prossima carica d’incertezze. Non solo sono preoccupati per la loro salute ma hanno paura di perdere il proprio lavoro o la libertà personale. Molti sono afferrati dalla paura di un collasso economico, mentre altri hanno paura di un collasso ambientale. Molti cristiani hanno paura del crollo di un ordine apparentemente cristiano. Altri adorano la sicurezza e pertanto hanno paura di qualsiasi cosa che le guide politiche o i media presentano come una potenziale minaccia ad essa. Penso che capisci il mio punto. Alla fine tutto s’incentra sul desiderio di controllare. Quello che abbiamo più paura di perdere è ciò che adoriamo, è ciò in cui appoggiamo la nostra fiducia.

Non è che la gente non crede più in Dio, ma che questa fede non ha più importanza. Questo fatto suggerisce che c’è davvero poca conoscenza del “Dio” a cui la maggioranza di persone (anche se questa cifra è in declino) fa un minimo cenno. Il primo test che possiamo applicare a noi stessi per scoprire se veramente stiamo adorando il Dio corretto è il timore. Hai capito bene, ho detto timore. Mentre l’avere paura di tante cose è un segno di salute nella nostra società, avere timore di Dio sembra follia non soltanto ai nostri vicini che non credono, ma addirittura nella chiesa. Non ci deve sorprendere che l’Iddio della Bibbia viene rigettato sempre di più nella nostra società occidentale, dato che anche nella chiesa evangelica Dio è frequentemente presentato come l’attore secondario nel film della nostra vita, un mezzo per il fine della mia saluta, ricchezza e felicità. Quando ci troviamo a parlare con altri, anche con credenti, esprimiamo le nostre paure per qualsiasi cosa che minaccia il nostro benessere ma riceviamo sguardi perplessi se faciamo menzione del nostro timore di Dio.

Adoriamo ciò che più temiamo. Così, per molti in questo momento, la paura di prendere il COVID-19 domina i titoli del telegiornale. Le persone non adorano il virus, ovviamente, però molti adorano la salute – il benessere mentale e fisico. La paura è un buon indice di ciò che adoriamo veramente e ciò in cui alla fine dei conti mettiamo la nostra fiducia.

La pace e il benessere personale da un lato o la costruzione di un’utopia sociale e politica diventano il “paradiso sulla terra” che pretendiamo qui sulla terra, in questo momento. Se Dio ci può dare una mano con tutto questo, fantastico. Il Filosofo William James disse che negli Stati Uniti, “Dio non è adorato, è usato”.

Gesù è diventato una mascotte per la nostra causa, il nostro partito, o nazione, invece del mediatore senza il quale ci troveremo davanti a Dio che sarà solo “un fuoco consumante” (Ebrei 12:29). Invece di rendere testimonianza all’Iddio Redentore che agisce nella storia, molte guide nella chiesa quando parlano in pubblico danno l’impressione che i credenti hanno paura, sono pieni di risentimenti, e sono ansiosi. Nel nostro guardare le guide potenti per avere un senso di sicurezza, è come se dicessimo ai nostri vicini che non crediamo davvero a colui che disse “Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno” (Luca 12:32). Pensiamo che non siamo un piccolo gregge, se non fosse per la grazia e la misericordia di Dio, e ancor meno pensiamo di essere un popolo a cui è stato dato un regno. Invece, sembra che siamo fissati sul regno che stiamo costruendo noi. Quando Gesù ci avvisa riguardo alle persecuzioni future, non è per impaurire i suoi discepoli ma affinché sperino in lui soltanto, in base alla vittoria da lui conseguita: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo” (Giovanni 16:33).

Non è soltanto il Coronavirus. Ha già fatto molti danni e ne farà ancora di più prima che sia tutto finito. Altre tragedie verranno e scompariranno, portandosi dietro delle vite. Ci fanno sentire piccoli e indifesi. Ma la vera domanda è se riuscirà a portare i nostri cuori a temere Colui che ha le chiavi della morte e dell’inferno.

Non temiamo davvero il Coronavirus: è soltanto un sintomo della nostra malattia più profonda. Ciò che più temiamo è la perdita del controllo immaginario sulle nostre vite. Attraverso la costruzione di torri tecnologiche che arrivano fino al cielo, l’umanità sale e sale come il mitico Prometeo sfidando la sovranità di Dio. Ma subito dopo appare sullo scenario un agente microscopico per il quale non abbiamo ancora un vaccino, capace di copiare se stesso. Diventiamo ansiosi, non soltanto perché conosciamo delle persone che sono infette e che potrebbero addirittura morire dal contagio, ma alla fine dei conti c’inorridisce l’idea che non siamo cosi “in controllo”. Non ha senso, specialmente nel 2020. Chi è l’incaricato? Com’è potuto succedere? Bisogna dare la colpa a qualcuno per aver fallito nel tentativo di mantenere in piedi la torre.

Per proteggere l’illusione di avere tutto sotto controllo, alcuni diranno che il COVID – 19 è stato un incidente casuale. Non c’è nessuno al di sopra di noi che ha permesso che accadesse perché fa parte di un piano prestabilito per portare gloria a se stesso attirando i nostri sguardi verso di Lui. Siamo ancora noi che controlliamo tutto. Passerà tutto presto. Riusciremo a contenerlo.

Altri vedono questo momento come un’opportunità per fare soldi, come lo svergognato televangelista Jim Bakker che vendeva il suo olio di serpente magico o Kenneth Copeland, che invita le persone a toccare lo schermo della TV per ricevere protezione e guarigione, sempre in cambio di un piccolo contributo naturalmente.

Altri ancora si nasconderanno nelle loro case, impauriti, depredando i supermercati e tornando ai loro bunker per tremare al buio.

Tutti hanno paura. Alla fine è paura di morire.

Sembra che nelle ultime generazioni ci sia stata una transizione dal “timore di Dio” inteso in senso positivo all’idea inappropriata di nevrosi che causa preoccupazione. Nelle chiese dove regna il sentimentalismo e dove ognuno di noi può decidere la natura del “nostro Dio”, presume che “un Dio gentile non permetterebbe mai che una cosa di questo genere accadesse a delle persone come noi”. Dopo tutto, Dio esiste per la nostra felicità. Questo è il tipo di messaggio che sentiamo per strada e da tanti predicatori popolari.

Anche nei contesti più conservatori, i brani nella Bibbia in cui si parla del “timore di Dio” sono seguiti velocemente da spiegazioni per precisare che la paura, il timore non significa davvero timore. Significa qualcosa più simile al rispetto. Ma il rispetto può essere inteso come un semplice gesto di gentilezza. No, timore significa timore. Significa che Dio soltanto deve incutere riverenza nella Sua gloria, nella giustizia dei Suoi giudizi ed è misericordioso verso tutti coloro che invocano il Suo nome. Il tipo di timore corretto, il timore che viene da Dio, “caccia via la paura”, e conduce alla fiducia e all’amore (1 Giovanni 4:18). L’annacquare il concetto del timore di Dio è fuorviante per due ragioni principali.

Primo, la coerenza richiede che viviamo secondo la vera realtà e secondo il fatto che Dio controlla il mondo più di quanto non lo controlliamo noi. Difatti Lui è la vita e dà la vita – la vita che viviamo da creature – a noi e ad ogni altra cosa da Lui creata. Come il sole visibile, da Dio escono dei raggi di bontà, sia che lo riconosciamo o meno. Anche quando le nuvole della Sua provvidenza incomprensibile oscurano la sua presenza, è ancora lì, e sta ancora attirando i nostri sguardi verso Lui.

Ricordatevi di Nabucodonosor, re di Babilonia. Passeggiando sul terrazzo del suo palazzo, si meravigliò di quanto fosse grande “Babilonia che io ho costruita”, e Dio lo condusse nel deserto a vivere come un animale selvatico. Meno male che quello non fu il finale della storia. Dio usò quest’esperienza per mostrare al re che era un folle, che non stava vivendo nella vera realtà.

Alla fine di quei giorni, io, Nabucodonosor, alzai gli occhi al cielo e la ragione tornò in me. Benedissi l’Altissimo, lodai e glorificai colui che vive in eterno: il suo dominio è un dominio eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c’è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?» In quel tempo la ragione tornò in me; la gloria del mio regno, la mia maestà e il mio splendore mi furono restituiti; i miei consiglieri e i miei grandi mi cercarono, io fui ristabilito nel mio regno e la mia grandezza fu superiore a quella che avevo prima (Daniele 4:34‐36).

In secondo luogo, il buon timore di Dio disperde il cattivo timore verso qualsiasi cosa o persona. Se minimizziamo il timore di Dio, non soltanto manchiamo di dare a Dio ciò che merita, ma stiamo privando noi stessi e gli altri dell’unico antidoto alle paure paralizzanti che ci inseguono. Temere Dio estingue qualsiasi tipo di paura paralizzante causata da altre persone o cose.

Ci sono molti credenti che trovano la loro consolazione più grande per la vita e per la morte in Cristo, il nostro Salvatore, come l’hanno anche trovato coloro che hanno vissuto circostanze simili alla nostra in passato. Quando hanno chiesto a Martin Lutero in una lettera come bisognava rispondere alla Peste, questo rispose:

“Chiederò a Dio di proteggerci in base alla Sua misericordia. Poi disinfesterò, aiuterò a purificare l’aria, darò medicine ad altri e le prenderò anch’io. Eviterò di andare in posti dove la mia presenza non

  • necessaria per non essere contaminato anch’io ed essere mezzo per il contagio di altri portando a loro la morte per colpa della mia negligenza. Se Dio decidesse di portarmi via, di sicuro mi troverà dovunque io sia, e io avrò fatto ciò che ha richiesto da me e perciò non sarò responsabile né per la morte mia né quella degli altri. Se, invece, il mio prossimo avesse bisogno di me, non eviterei nessun luogo né nessuna persona, ma andrei liberamente come ho già accennato prima. Questa è una vera fede che vive nel timore di Dio perché non è né poco prudente né spericolata e non tenta Dio”.

Come ci ricorda Harry Reeder III, la piaga visitò Ginevra cinque volte durante il ministero di Calvino:

“Durante la prima ondata, nel 1542, Calvino andò personalmente a visitare le case infette dalla piaga. Sapendo che questo impegno portava con sé una chiara sentenza di morte, i capi della città intervennero per fermarlo perché erano convinti che la sua guida fosse indispensabile. I pastori continuarono questo impegno eroico sotto la guida di Calvino, e poterono raccontare riguardo alla gioiosa conversione di molti. Molti pastori persero le loro vite. All’insaputa di molti, Calvino continuò nella sua attività di cura pastorale a Ginevra e in molte altre città dove la piaga divampava. Il cuore di pastore di Calvino, già evidenziato nel suo aver provveduto alla costruzione di diversi ospedali sia per i cittadini sia per gli immigrati, fu messo in mostra ancora di più nel suo essere attivo nel raccogliere le risorse necessarie per stabilire degli ospedali appositi destinati alla cura delle vittime della piaga. Quando morivano dei credenti, predicava sermoni commoventi e pieni di passione ai funerali dimostranti la sua premura personale”.

Se leggiamo le parole di C.S. Lewis pensando al Coronavirus invece che alla bomba atomica, il consiglio di Lewis dato nel 1948 ci tocca profondamente e ci ricorda ancora una volta di quanto la sana Parola di Dio forma il nostro modo di affrontare i momenti difficili:

In un certo senso, pensiamo troppo alla bomba atomica. “In che modo dobbiamo vivere nell’era atomica?” Sono tentato a rispondere “Nello stesso modo in cui avresti vissuto nel sedicesimo secolo quando la peste visitò Londra quasi ogni anno o nello stesso modo in cui avresti vissuto nell’età dei Vichinghi quando degli assalitori potevano venire in qualsiasi momento e tagliarti la gola o, come stai già vivendo in un’era in cui il cancro, la sifilide, la paralisi, gli assalti aerei, gli incidenti di treni e gli incidenti di auto sono presenti.

In altre parole, non esageriamo la nostra situazione come se fosse nuova. Credimi, signore e signora, tu e tutti quelli che ami vivevano già sotto una sentenza di morte prima che la bomba atomica fosse inventata: e un’alta percentuale di noi moriremo in modi spiacevoli. Avevamo in ogni caso un grande vantaggio che i nostri antenati non avevano: l’anestesia, e quella ce l’abbiamo ancora. È perfettamente ridicolo andare in giro lamentandoci e mettendo il muso solo perché gli scienziati hanno aggiunto nel mondo una possibilità in più di morire una morte dolorosa e prematura in un mondo che già era pieno di opportunità e nel quale la morte stessa non è una probabilità ma una certezza.

Quest’è il primo punto da fare: e la prima azione necessaria è quella di ricomporci. Se tutti dobbiamo essere distrutti da una bomba atomica, che quella bomba ci trovi impegnati nel fare delle cose sensibili e umane – pregando, lavorando, insegnando, leggendo, ascoltando musica, facendo il bagno ai figli, giocando a tennis, chiacchierando con i nostri amici con una birra e giocando a freccette – non rannicchiati come pecore intimorite pensando solo a bombe. Forse spezzeranno i nostri corpi (un microbo lo può fare) però non devono dominare le nostre menti.

Così come scoprì Nabucodonosor, anche noi recuperiamo la nostra salute mentale quando alziamo i nostri sguardi verso il cielo. Ci allineiamo ancora una volta con la realtà. Non abbiamo il controllo e non l’abbiamo mai avuto. Non possiamo creare noi stessi né salvare noi stessi. Però siamo stati creati e salvati da Dio in Gesù Cristo! Ora possiamo guardare i bisogni intorno a noi, i nostri e quelli dei nostri vicini e quelli della creazione intera come delle opportunità invece che come delle minacce. Vogliamo fare la nostra parte per combattere contro il contagio del virus. Siamo chiamati a difendere la vita del nostro prossimo, soprattutto i più vulnerabili: i bambini non ancora nati, i nostri genitori anziani, i poveri, gli orfani, le vedove e tutte le vittime dell’ingiustizia. Siamo chiamati a essere degli amministratori della creazione di Dio. Ma questo è perché temiamo più Dio di quanto temiamo qualunque persona o cosa.

Neanche la morte è una minaccia per noi perché è l’ultimo nemico il cui potere sui credenti in Cristo è stato reso nullo e non valido (1 Cor 15:50‐57). Abbiamo cura per questo mondo non perché sarà distrutto un giorno, ma perché sarà rifatto (Rom 8:18‐25). Le nostre vite le viviamo orientate verso gli altri invece di essere incentrati su noi stessi. La libertà è ciò che ci motiva, non la paura “perché Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo” (2 Tim 1:7). Il vero titolo di prima pagina dovrebbe essere, “Giorno di Risurrezione!” Infatti ogni Domenica c’incontriamo per celebrare la risurrezione.

Quando temiamo Dio, tutte le altre paure diventano ingestibili con l’aiuto dell’orgoglio umano, ma gestibili dal Dio della promessa e della liberazione. Come Nabucodonosor, a volte dobbiamo imparare le cose nel modo più difficile, ma dato che siamo creati per avere comunione con Dio, il risultato giustifica le provvidenze difficili. “Il principio della saggezza è il timore del SIGNORE, e conoscere il Santo è l’intelligenza” (Proverbi 9:10) e la sapienza di Dio è Cristo (1 Corinzi 1:30)

Il timore di Dio conduce alla fiducia e la fiducia genera il frutto dello Spirito, per una mietitura di benedizioni per noi e per altri. Se Dio usa delle circostanze difficili per guarirci dalla nostra follia e per portarci a riposare in lui, quale miglior risultato potrebbe esserci? Non si tratta soltanto di dire “stai calmo e vai avanti,” ma

“Confida nel SIGNORE con tutto il cuore

e non ti appoggiare sul tuo discernimento.

Riconoscilo in tutte le tue vie

ed egli appianerà i tuoi sentieri.

Non ti stimare saggio da te stesso;

temi il SIGNORE e allontanati dal male;

questo sarà la salute del tuo corpo

e un refrigerio alle tue ossa” (Proverbi 3:5‐8).

(Traduzione a cura di Deborah Jones)

Photo by Adam Nieścioruk on Unsplash

di Michael Horton | Coramdeo.it

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