“Dio riportami a casa il bambino ha bisogno di me”.

Pochissimo tempo dopo il parto di mia figlia Tabita un giorno mi chiamò e mi disse: “Papà, ho dolore alle braccia, non riesco a tenere il bambino”. Lei era disperata e lo era anche il bambino, lo sentivo piangere dal telefono. “Papà non riesco a tenerlo in braccio, non riesco ad allattarlo”. Dissi a mia figlia. “Stai tranquilla, stenditi sul letto e avvicina il bambino a te”. Che cosa stava accadendo nella sua vita? Il giorno dopo l’ho convinta ad andare da un ortopedico. Il dottore sbagliò la diagnosi: sindrome del tunnel carpale bilaterale. “Figlia mia l’unico peso che hai portato fino ad oggi è stata la penna che ti ha portato alla laurea”. Poi è andata da un neurologo: schiacciamento vertebrale, astenia agli arti superiori; bastava un emocromo per rendersi conto che aveva in atto una setticemia. Alle 01:30 di notte del primo dicembre, giorno in cui eravamo molto stanchi. Appena abbiamo appoggiato la testa sul cuscino io e mia moglie ci siamo addormentati.

Quando ti squilla il telefono nel bel mezzo della notte ci sono due possibilità:
1) qualcuno ha sbagliato numero.
2) Oppure c’è una brutta notizia per te.
Io ho pensato a mia madre a Bari di 82 anni, invece era mio genero: “Corri! Corri! Tabita è in sala di rianimazione”. Così abbiamo preso poche cose nel buio e nel freddo della notte e ci siamo messi in macchina. Dalla scuola biblica alla rianimazione di Nola. Arrivavano tante telefonate: “correte, correte”. Una sorella mi disse: “fai pregare a tutta Italia”. Ma io alle due, tre di notte non potevo svegliare i fratelli e i pastori. Quando siamo entrati a Frosinone in autostrada, mia moglie mi ha detto “fermati, non mi sento bene”. Svegliarsi di notte, essere raggiunti da tutte queste notizie era destabilizzante. Ci siamo fermati per una mezz’ora, mia moglie si è ripresa, ci siamo messi in macchina e la mattina siamo arrivati alla rianimazione dell’ospedale di Nola per sentirci dire che c’era una setticemia in atto; aveva una nefrite, una polmonite, una pancreatite, una vasculite. Gli organi più importanti erano stati intaccati dallo pneumococco. Il primo giorno non ci hanno fatto entrare ma io ho fatto pressione affinché mi facessero entrare. “Ma io sono il padre, sono un ministro di culto” – “Lei non può entrare” – “Ma sono un ex infermiere, vostro collega”. Ho tirato fuori il tesserino, ma loro insistevano: “Lei non può entrare” – “Ma perché?”. L’abbiamo capito il giorno dopo quando abbiamo visto le sue condizioni molto critiche. È entrata prima mia moglie e, appena uscita, hanno fatto entrare me. Lo pneumococco aveva distrutto tutta la cute e la sottocute fino a mettere a cielo aperto i muscoli.

Mia figlia mi ha preso per la mano e mi ha detto: “papà, promettimi che non morirò… promettimi che non morirò”. Ho pianto, i medici mi avevano detto se non si fosse sbloccata la situazione renale avrebbe avuto soltanto poche ore di vita, ma io imparato che gli uomini non possono stabilire un range di due, quattro ore; perché vita e morte sono nelle mani del Signore. Abbiamo pregato, avete pregato e vi ringraziamo. È stata ricoverata un bel pò di tempo, una lotta dietro l’altra; prima un problema poi l’altro. È stata messo in reparto quando la situazione respiratoria è migliorata. Accanto al letto di mia figlia c’era un letto vuoto, dobbiamo trasformare le nostre difficoltà in opportunità. Un letto vuoto, noi generalmente stavamo io e mia moglie, la mattina, il pomeriggio e la sera arrivava la suocera, ma lei e anche noi potevamo un po’ riposare su quel letto. C’era un particolare però: il bambino appena nato era da solo e mia figlia si era chiusa nel dolore e non comunicava più con nessuno: non parlava più. Un giorno ho commesso un errore grossolano, pensando di farle del bene ho fatto un video al bambino per farlo vedere a lei: “Guarda tuo figlio”, ma lei si è voltata dall’altra parte e ha iniziato a piangere e non voleva parlare con me. L’emorragia interessava anche la retina, quindi non vedeva bene da entrambi gli occhi.

Poi avvenne una cosa che soltanto Dio poteva permettere. Il primario mi disse: “signor Modugno non possiamo sciogliere la prognosi, sua figlia è grave”. Mentre diceva questo entrò un’infermiera e cominciò a fare il letto che noi usavamo per riposarci; quel letto è stato libero fino a quel giorno. Nei giorni precedenti avevamo parlato, mi ero presentato come un ex collega, abbiamo avuto uno scambio di vedute anche riguardo alla situazione e l’infermiera, quasi vergognandosi, stava preparando il letto. Gli ho chiesto “Arriva qualcuno?” – “Guarda mi dispiace” mi ha risposto. “Ho detto al medico di mettere questo paziente in un’altra stanza in cui ci sono dei letti liberi, ma lui si è ostinato e ha preteso che il paziente fosse messo nella stanza dove c’è la figlia di Modugno, nella stanza di Modugno…”. Allora ho chiesto a questa collega “che cosa ha questa paziente che sta arrivando?” – “È una Nigeriana e ha la malaria”. Oh mamma mia come mi sono sentito male, “la malaria?” Abbiamo subito fatto delle ricerche su internet per sapere come si trasmettesse la malaria. Da insetto a l’uomo e non da uomo a uomo. Abbiamo tirato un sorriso di sollievo. È arrivata questa nigeriana, ha ricevuto tante trasfusioni di sangue perché stava malissimo, ma a noi quel letto serviva per riposare perché il medico ci aveva detto che saremmo stati lì anche l’anno dopo, quindi la decenza sarebbe stata molto lunga. Questa donna di 40 anni stava molto male, riceveva trasfusioni continuamente per due giorni e noi pregavamo anche per lei chiedendo l’intervento divino. Dopo due giorni, questa donna nigeriana si è messa seduta nel letto, e ci ha detto: “Ma voi siete credenti evangelici?” – “Si” – “Pentecostali?” – “Si” – “Anch’io”. Si è alzata dal letto, mai vista una cosa del genere. Io ho un gran rispetto per la cultura degli altri, è un po’ diversa dalla nostra, voglio solo raccontarvi quello che è successo.

Questa sorella in Cristo si è avvicinata al letto di mia figlia Tabita e le ha detto: “In questi giorni hanno pregato i tuoi genitori? adesso devi pregare tu, adesso devi proferire parole di fede, e devi dire Dio portami a casa il bambino ha bisogno di me” – “Mia figlia si è girata dall’altra parte”. Mamma mia che determinazione aveva questa sorella; lei pregava, cantava e rivolta a mia figlia diceva “tu devi proferire parole di fede”. È stata in grado di mettere mia figlia seduta nel letto: “Tu adesso devi pregare, devi dire Dio riportami a casa, mio figlio ha bisogno di me!” Io non so quello che è successo, ma per me, per mia moglie, mia figlia e mio genero sembrava un Alto Solaio. Fratelli, io credevo che in quel momento stessi sognando, pensavo “adesso mi sveglierò e racconterò questo a mia moglie di questo sogno così particolare”. Invece gloria a Dio non era un sogno, era realtà. Ancora la sorella nigeriana si è rivolta a mia figlia: “adesso tu devi pregare”. Improvvisamente mia figlia è scoppiata a piangere, ha incominciato a pregare, abbiamo sentito dopo tanti giorni la sua voce: “Dio riportami a casa il bambino ha bisogno di me”. Molti dicono che è coincidenza, io la chiamo “Cristo-incidenza”, perché mia figlia dopo quattro giorni era a casa con il bambino tra le sue braccia. Gloria a Dio!

Quando è tornata a casa mi ha detto: “Papà non vedo bene”. Ho chiamato un fratello oculista, è venuto a casa di domenica e l’ha visitata. Le ha detto: “hai tutte due le retine piene di sangue e quando questo sangue sarà riassorbito potremo valutare il danno, se sono stati danneggiati i “Coni” avrai qualche piccolo problema con la vista”. Mia figlia ha risposto: “ma io già porto gli occhiali per alcuni gradi mancanti, per la miopia” – “Ma comunque bisogna valutare lo stesso”. Dopo diversi mesi ha fatto l’esame oculistico e non aveva più nessun grado mancante, la miopia era sparita del tutto. Adesso VEDE BENISSIMO. Io non so esattamente quello che è successo ma, un miracolo è difficile da spiegare. Ma noi quello che serviamo è il Dio dei miracoli. Non dimentichiamo mai questo. Il nostro Dio è il Dio che fa miracoli. Gloria sia sempre nel Suo benedetto nome. Amen! Dio ci benedica!
Testimonianza trascritta da un video allo scritto, in un culto svoltosi a Messina dal pastore Domenico Modugno.
Ferrentino Francesco La Manna

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