Diritti al contrario

Riceviamo e pubblichiamo una delle innumeevoli lettere ricevute dalla Redazione a favore della libertà di dire che “le foglie d’estate sono verdi”: ci scusiamo con i gentili Lettori, non ci è possibile tecnicamente pubblicarle tutte.
«In un articolo per il Corriere della Sera del 19 novembre 2021, così scriveva Roberto Saviano: “Se le mafie sono strutturate sempre intorno all’ossessione monogamica, se i boss sentono il proprio potere vacillare quando la monogamia è violata, allora la liberazione sessuale è certamente un atto antimafioso, una
strada maestra per smontare alla radice la mentalità mafiosa.” In conclusione, allo stesso scritto Saviano rincarava: “La prima scelta contro la prassi mafiosa è rompere le sue regole, scardinare la sua aberrazione moralista, smontare nel vivere quotidiano i meccanismi socialmente accettati che risultano da concime al potere criminale. Scegliere la vita, la sessualità libera di vincoli, un corpo non assoggettato dalla morsa della convenzione è un atto antimafia. Anzi: è l’atto antimafia.”
Vorrei sottolineare che Saviano qui definisce la relazione eterosessuale monogama con la formula non propriamente lusinghiera di “concime al potere criminale”: il riferimento è innegabile dato il contesto.
Risulterebbe, cioè, eufemistico dire che Saviano consideri il matrimonio “anormale”.
Poco prima della sua prematura scomparsa, Michela Murgia proclamava: “ll matrimonio è l’unico modo
per garantirci dei diritti, ma è uno strumento patriarcale e limitato”.
Insomma, perché la differenza di trattamento di Saviano e Murgia da una parte e Vannacci dall’altra?
(Per non parlare d’altro e di altri, tipo il “Dio, patria e famiglia: che vita di m…” della Cirinnà, NdR)
Per quale motivo sarebbe lecito e pure lodevole attaccare e diffamare l’istituto matrimoniale e la relazione eterosessuale monogama che sono distintivi e cardine della nostra società e civiltà, oltre che condivisi e di fatto praticati dalla stragrande maggioranza, mentre è invece inaccettabile rilevare che l’omosessualità non è la norma, se non altro in un obiettivo computo numerico? Perché mai i cosiddetti
“diritti” solo di certe minoranze dovrebbero innalzarle su un piedistallo sociale e giuridico dal quale esse, in compagnia dei loro simpatizzanti e cantori, possono giudicare, condannare e disprezzare senza sosta gli altri?
È ovvio che l’obiettivo del pensiero unico manistream è quello di  imporre il “modello queer” di cui scrive la Murgia nel suo “catechismo femminista” (magari qulacuno spieghi cosa possa mai significare “femminismo” nella generale visione non-binaria/queer/genderfluid…)
Si cessi infine di nascondersi dietro la farsa dei “diritti” e si abbia il coraggio di ammettere che ciò che si propone e si difende è né più né meno che il contrario del diritto».
Giorgio Rossi
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