DIYARBAKIR (Kurdistan): QUANDO L’URBANISTICA E’ FUNZIONALE ALLA REPRESSIONE

Inquietante. Non solo per il disastro culturale, sociale o semplicemente umano che si va profilando. Ma, ancor più, per la mancanza di fantasia, la protervia nell’adottare i soliti sistemi concentrazionari da parte di chi detiene il potere economico-politico- militare. Quasi una coazione a ripetere, peraltro ben documentata, analizzata e denunciata già in passato anche altrove.
E’ quello che si prova vedendo quanto avviene nel distretto di Sûr, centro storico della città curda di Diyarbakir. Ossia la costruzione di immobili sottoposti a considerazioni securitarie (nonostante questo implichi la distruzione dei rapporti di vicinato, delle relazioni sociali e culturali…), senza alcuna considerazione per la storia, le tradizioni, la struttura preesistente nel centro storico della città, l’area su cui erano intervenute le ruspe della società pubblica TOKI (Amministrazione di sviluppo dell’edilizia sociale, quella preposta alla realizzazione di alloggi popolari ad alta intensità abitativa).
Andando a cozzare contro qualsiasi principio di buon senso urbanistico.
Come ha denunciato Selma Aslan (copresidente dell’Ordine degli architetti di Diyarbakir): “le larghe strade sono state ormai completate in modo da consentire la realizzazione di edifici pubblici (dall’inquietante aspetto di caserme o di prigioni nda) e ben sei posti di polizia”.
In precedenza il quartiere, etichettato dall’amministrazione turca come “bidonville” (ma del tutto a sproposito), era stato forzatamente evacuato. Secondo l’architetto le violente demolizioni e le successive ristrutturazioni non rimarranno senza conseguenze, ma saranno fonte di traumi futuri per i cittadini sottoposti.
In qualche modo questa è l’inevitabile conclusione di un processo di sistematica distruzione della città vecchia (compresi alcuni illustri palazzi storici in basalto nero completamente rasi al suolo) avviato nel corso dell’assedio a cui venne sottoposta nel 2015 e 2016.
Già nel marzo del 2016 iniziava l’opera demolitrice e successivamente la TOKI venne incaricata della – quasi altrettanto devastante – ricostruzione.
Con edifici talmente incongrui rispetto alla struttura storica e alla tradizione locale da suscitare vibrate proteste da parte di architetti e urbanisti.
Nonostante le demolizioni, poteva venir preservata – secondo Aslan – almeno la planimetria, le antiche vie. In realtà sembra che si sia voluto modificare in maniera irreversibile anche la demografia locale, lo stile di vita. Per esempio trasformandole in attrattiva turistica a fini esclusivamente commerciali.
Erodendo, cancellando le relazioni di vicinato.
Fermo restando che presumibilmente una parte dei vecchi abitanti di Sûr non rientreranno nel loro quartiere di origine, ma finiranno disseminati in altre zone della città.
Oltretutto, come si diceva, l’aspetto delle nuove costruzioni ricorda quello di prigioni o  di caserme Insieme alle larghe strade realizzate sembrano proprio costruite per l’eventualità di una occupazione militare d’emergenza.
Comunque funzionali in caso di perquisizioni e rastrellamenti.
Inoltre – come denunciano gli architetti – i materiali utilizzati sono di pessima qualità e in futuro non mancheranno problemi.

Gianni Sartori

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