Ecco come il Regno Unito sta cambiando rotta sui “baby-trans”

Il terremoto è iniziato la scorsa estate, precisamente a fine luglio. Risale infatti ad allora la notizia dell’ordine – disposto dal Servizio sanitario britannico – di chiusura del Centro per l’identità di genere della Tavistock clinic di Londra, specializzato nel trattamento di bambini ed adolescenti che si identificano come transgender. Per cercare di ridimensionare quella che è subito parsa una svolta epocale, dal momento che la Tavistock costituisce un riferimento mondiale per i «baby trans», c’è chi aveva subito parlato di semplice riorganizzazione territoriale del servizio, facendo finta di non vedere lo scandalo che aveva travolto il Centro, giudicato inadeguato e rischioso per la salute dei giovani, anche grazie alle denunce di informatori, pazienti e familiari degli stessi.

Non è un caso che non molto dopo, a ottobre, sia uscita un’altra notizia tutt’altro che trascurabile: quella delle nuove linee guida inglesi sulla disforia di genere. Un documento che non è una mera correzione o integrazione del precedente bensì – hanno subito notato vari osservatori – un vero e proprio azzeramento. Lo provano le anticipazioni della bozza messa a punto dai tecnici del Sistema sanitario nazionale, trapelate in data 26 ottobre; in esse, si trova una sostanziale rottamazione dell’approccio “facile” ai bloccanti della pubertà in favore di un ritorno alle ferme cautele, con tanto di «vigile osservazione» delle condizioni del paziente, che risultavano in vigore negli anni Novanta del secolo scorso.

L’Inghilterra ha dunque fatto uno spettacolare dietrofront sul tema della disforia di genere. E se non bastasse quanto sin qui riportato ad indicarlo, si può passare alla lettura di quanto il 17 novembre scorso ha raccontato a chiare lettere l’Economist, il celebre settimanale d’informazione politico-economica che ha fatto presente come «la Gran Bretagna si sta allontanando in punta di piedi da uno scandalo medico» dal momento che «fino a poco tempo fa, il Servizio Sanitario Nazionale trattava i bambini transgender con bloccanti della pubertà seguiti da ormoni sessuali incrociati» mentre «ora la Gran Bretagna sembra cambiare rotta». A questo punto, ci si potrebbe chiedere come mai tutto questo.

Solo, si fa per dire, grazie al clamore suscitato da vicende come quella di Keira Bell, che ha con successo trascinato in tribunale il fondo NHS dedicato alla Fondazione Tavistock and Portman aprendo un caso di revisione giudiziaria, e dimostrando come nel suo caso il «cambio di sesso» fu non solo preso troppo alla leggera, ma perfino agevolato quando invece il suo disagio avrebbe dovuto essere considerato con tutt’altra cautela? Sicuramente il caso della Bell e di altri giovani “trans pentiti” – «detransitioners», come vengono chiamati – hanno avuto il loro bel peso, anche a livello di opinione pubblica. Innegabile. Ma il ripensamento sui bloccanti della pubertà, che in realtà non è affatto solo inglese, poggia probabilmente anche su un altro aspetto: l’assenza di riscontri scientifici.

In altre parole, quello sui minori è finora stato un colossale sperimento in assenza di prove. Che le cose stiano purtroppo in questi termini, ormai, è impossibile nasconderlo. Assai eloquente, in tal senso, quanto pubblicato in un articolo dello scorso anno su The Lancet Child & Adolescent Health, articolo che afferma testualmente che «c’è una crescente consapevolezza nel mondo scientifico che le cure di tipo affermativo nei giovani con disforia di genere sono lontane dalla scienza consolidata. Una revisione sistematica del National Institute for Health and Care Excellence del Regno Unito ha concluso che i miglioramenti psicologici riportati sono “o di discutibile valore clinico, oppure gli studi stessi non sono affidabili e i cambiamenti potrebbero essere dovuti a confusione, distorsione o caso“».

Non serve una laurea in medicina, davanti a considerazioni di questo tipo, per capire che non solo la Tavistock clinic di Londra, ma l’intero appoggio all’approccio affermativo, quindi di agevolazione, al «cambio di sesso» per i minori a colpi di bloccanti della pubertà, assomiglia più ad una decisione politica – anzi ideologica – che ad una strategia che valorizzi e consideri davvero il miglior interesse dei bambini, questo sconosciuto.

https://www.provitaefamiglia.it/blog/ecco-come-il-regno-unito-sta-cambiando-rotta-sui-baby-trans

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