“Eucaristia per tutti, pure per Fido”

Un’eresia moderna fra amarezza e grottesco

C’è un confine oltre il quale il grottesco sconfina nel sacrilegio. Una chiesa protestante di una tranquilla cittadina del Centro Italia – di cui taceremo il nome per pietà, più che per discrezione – ha deciso che gli animali domestici debbano partecipare all’Eucaristia.

Pane e vino per tutti, dunque, Fido incluso. E perché no, anche il gatto di casa. Del resto, “Dio vide che era cosa buona” (Genesi 1:25), ma c’è una bella differenza tra riconoscere il valore del creato e profanare i sacramenti.
Il pastore, che forse ha guardato troppe volte La carica dei 101 senza coglierne il simbolismo, giustifica l’assurda pratica con argomentazioni traballanti. Dice che Dio è amore e che la sua grazia deve essere estesa a tutte le creature. Certo, Dio è amore, ma è anche giustizia e ordine. E nella giustizia divina non si trova traccia di Lassie o Garfield che masticano il Corpo di Cristo.
In realtà, dietro questo esperimento di teologia da circo Barnum c’è qualcosa di più triste: la disperazione. Questa chiesa è ormai deserta, abbandonata dai fedeli e dai curiosi. Nemmeno gli scettici si scomodano più per fare polemica. Il pastore, nel tentativo di non predicare al vuoto, ha deciso di rivolgersi a chi non può rispondergli, né criticarlo. “Non dare le cose sante ai cani e non gettare le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe” (Matteo 7:6). Qualcuno dovrebbe ricordarglielo.
L’Eucaristia è un mistero che attraversa i secoli, un simbolo potente di comunione tra Dio e l’uomo, non una ciotola di croccantini benedetti. San Paolo avvertiva: “Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Corinzi 11:29). Se lo Spirito Santo si fosse mai incarnato in un Beagle, San Paolo non ne era al corrente.
E così, mentre la società sprofonda in un materialismo nichilista, le chiese vuote rispondono non con il rigore della fede, ma con un’ostentata disperazione che fa il verso al mondo. Un gesto che non eleva né il cane né il pastore, ma che umilia la dignità di entrambi.
Si può amare un animale, si deve persino, ma c’è un limite. L’idea di porgergli l’Eucaristia tradisce non solo la fede cristiana, ma anche la ragione. È il segno dei tempi: una confusione che non distingue più tra ciò che è sacro e ciò che è semplicemente ridicolo. La chiesa che una volta era “una casa di preghiera” (Isaia 56:7), oggi si riduce a un teatrino dove il sacro diventa farsa.

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