Eutanasia. Costanza Miriano: “Si sta diffondendo una cultura della morte senza precedenti»

Il Testo Unico sul Suicidio Assistito ha subìto diversi rinvii alla Camera e, dopo il primo slittamento, dal 25 ottobre al 22 novembre, la proposta è attesa per il 29 novembre in Aula anche se ancora nelle commissioni competenti non è stato trovato un accordo di massima. Sulle contraddizioni della legge ne abbiamo parlato con la giornalista Costanza Miriano.

Nel Testo si legge che al suicidio assistito può ricorrere anche chi ha fatto uso delle cure palliative o, al contrario, rifiuta questo percorso. Eppure le cure palliative spesso possono essere risolutive rispetto al dolore, non interessa il bene del malato allora?

«Io penso che tutto l’impianto della legge sia pericoloso, perché è una legge che fa cultura, un po’ come la 194, queste leggi nascono sempre appigliandosi ad un caso emotivamente coinvolgente come è accaduto per l’aborto. Ci sono dei casi, ovviamente, in cui la gente rimane colpita dalla sofferenza, sono casi particolari e allora si cerca di coinvolgere le persone con una storia particolare, ma poi, nella realtà, quello che succederebbe se venisse approvata una legge di questo tipo, è solo che si faciliterebbe moltissimo sia il suicidio delle persone, sia le richieste arbitrarie di eutanasia, da parte di altre persone. Già oggi ci sono tutti gli strumenti per non accanirsi con le cure, così come raccomanda la Chiesa, non c’è bisogno di una legge di questo tipo, il vero rischio è che si banalizzi la questione e che si perda la cultura della vita sempre, come bene prezioso.  Ciò che mi preoccupa maggiormente, dunque, è il cambiamento culturale che una legge simile può accelerare. Inoltre si conferisce agli uomini un potere troppo grande, con leggi simili e mi riferisco sia all’aborto che all’eutanasia. Bisogna invece aiutare il malato ogni giorno, facendogli trovare una motivazione per cui sorridere: un raggio di sole che entra dalla finestra, una carezza, la parola di una persona cara, soprattutto, per i credenti, la possibilità di offrire la propria sofferenza».

Nel testo sul suicidio assistito, tra le persone che possono accedere all’eutanasia si fanno rientrare coloro che risultino affette da sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili”, ma come si fa a valutare l’intollerabilità di una sofferenza psichica?

«Tutti abbiamo momenti di debolezza, in cui facciamo anche pensieri molto negativi, così si rischia di innescare una mentalità di autodistruzione. Questo modo di pensare, non aiuta affatto a stare nella propria realtà, come se ogni giorno uno potesse riscegliere. Invece noi non scegliamo molto, possiamo fare il meglio che possiamo nella storia che ci è data. E’ una falsa convinzione nata dall’Eden in poi: sono io che mi determino, sono io che decido, che mi attribuisco la mia storia, invece, noi possiamo solo accogliere la storia che ci viene data che non è “nostra” , tantomeno quella dei nostri cari».

Fonte: Provita & Famiglia

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