Finché morte non ci separi

Di Melody Barbato, Staff di Porte Aperte in Italia

Si può davvero tornare ad amare Dio e ad avere fiducia in lui, dopo aver subìto un trauma?

Uno dei lasciti della persecuzione, uno dei suoi silenziosi e spietati colpi di coda, è il trauma che essa può generare nelle persone che sperimentano episodi di violenza. Se le ferite fisiche della persecuzione risultano spesso ben visibili, quelle emotive e spirituali, profonde e radicate, risultano più subdole e facili da nascondere.

Queste ferite assumono forme diverse su individui diversi a seconda del genere, dell’età, del contesto sociale e culturale. Ciò che le accumuna è il profondo bisogno di essere viste e curate. Nei frequenti casi di violenza su donne cristiane in terre di persecuzione, il fine dichiarato degli aggressori è quello di disumanizzare e demoralizzare le vittime, dimostrando una presunta superiorità rispetto a chi dovrebbe difenderle: non solo gli uomini, ma Dio stesso.

==>> “Dov’è il tuo Dio, ora? Non è abbastanza potente per salvarti dalle nostre mani?”, si sentono dire. Molto spesso le vittime di violenza arrivano a chiedersi se Dio esista davvero. E così il trauma da fisico diventa più profondo, facendosi spazio nella mente e sedimentandosi piano nell’anima, portandole talvolta a mettere in dubbio la fedeltà di Dio, dello sposo al quale, come credenti, hanno promesso di restare fedeli.

È possibile guarire da traumi così profondi? È davvero possibile tornare a confidare in Dio?
Porte Aperte lavora con cristiani vittime di violenze e abusi in Nigeria, in particolare attraverso un centro di consulenza per la cura dei traumi. In un ambiente protetto, queste persone vengono aiutate ad elaborare il trauma a livello emotivo, mentale e spirituale. La chiave di questi programmi è duplice: comunione cristiana e Parola di Dio. “Non offriamo necessariamente subito una terapia: prima vogliamo offrire noi stessi alle persone che arrivano, in modo che percepiscano un senso di appartenenza. Vogliamo che si sentano ancora parte di una grande famiglia cristiana, vogliamo che possano tornare a sentirsi persone normali” – afferma il coordinatore per la cura dei traumi in Nigeria – “Quindi trattiamo argomenti come: perché, nonostante sia un cristiano, mi sono accadute queste cose? Quando succedono, come devo reagire? Affrontiamo il tema del perdono, argomento sempre molto difficile. Leggiamo la Bibbia, trascorriamo del tempo in preghiera, diamo a ognuno lo spazio per condividere, per esprimere il dolore attraverso la scrittura o l’arte – e nel frattempo diamo voce a ciò che è accaduto”. Dio sta operando in modo straordinario nel centro di consulenza per la cura dei traumi in Nigeria, attraverso la sua Parola, l’amore dimostrato dalla comunità cristiana, il perdono e la consulenza.

Il trauma è qualcosa che possiamo sperimentare a diversi livelli e che può portare anche noi a quella domanda scomoda: “Dio, perché?” Perché accadono eventi così difficili? Come può il Protettore, lo Sposo della Chiesa e dei suoi membri permetterlo? Chi con i traumi lavora tutti i giorni ci sfida a ricordare che Dio rimane lo stesso, la sua natura non cambia in base alle circostanze. Dio rimane fedele; il mondo è corrotto dal peccato, ma si tratta di una realtà temporanea. La vera speranza oltre il trauma è da ricercarsi nella natura di Dio e nella promessa di un’eternità con Lui.

Forse, allora, superare questi traumi può rafforzare la fede e portare più vicini a Lui, alla promessa di restargli fedeli finché morte non ci separi. Ma la parte migliore è che nemmeno la morte ci può separare da Dio.

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