L’eminente teorico della fisica quantistica, John Polkinghorne, docente all’Università di Cambridge e membro della Royal Society, ha recentemente messo in luce un nuovo modello di armonizzazione tra scienza e religione proprio del XXI secolo. Se ne è parlato su Eurekastreet.
DIO HA LIBERATO LA NATURA. Polkinghorne sostiene che il secolo scorso ha assistito alla morte di una visione puramente meccanicistica del mondo, mentre la scienza del XXI secolo ha riaperto la possibilità di un mondo casuale e imprevedibile a volte, non per l’assenza di Dio, ma dovuto al fatto che «Dio ha disegnato un mondo con la capacità di creare e di agire liberamente, secondo la sua natura». Polkinghorne suggerisce che questa capacità di cambiamento e di creatività della realtà, è indicativo di un Dio che non interviene in modo magico. Ad esempio, la crosta terrestre è libera di comportarsi secondo la propria natura. Questo può portare a terremoti e maremoti, ma comunque è libera di agire a modo suo, così come noi siamo liberi di agire a modo nostro. L’imprevedibilità della natura, quindi, è legata nell’essenza stessa del suo design. Certo -continua lo scienziato-, il termine “imprevedibile” potrebbe non corrispondere al nostro concetto di natura e di scienza, ma d’altra parte questo è il mondo quantistico.
CREDERE SENZA VEDERE. I quark sono particelle più piccole di protoni e neutroni e le loro proprietà sono del tutto casuali. Nessuno è mai riuscito ad isolare un singolo quark in laboratorio. La scoperta del quark è stato un esperimento interessante per l’uomo di fede. Nel panorama scientifico sono apparse queste invisibili realtà che però danno intelleggibilità al mondo, illuminano molti suoi funzionamenti che prima rimanevano non spiegabili. Parallelamente è stato possibile trarre qualcosa di utile anche per il dialogo tra scienza e religione, in particolare quando facciamo riferimento al “credere senza vedere”. Polkinghorne tiene a specificare che la nostra comprensione del rapporto tra scienza e religione non può essere basata solo sul vecchio “Dio delle lacune” (per un approfondimento su questa tematica si rinvia alla sezione “Il «dio» delle lacune scientifiche”), l’idea cioè di credere in un Dio per comprendere le cose che la scienza non può spiegare. Egli suggerisce che se Dio è il Dio della verità, allora più la scienza avanza, più impariamo a conoscerLo.
LA DOPPIA NATURA DI DIO? La grande intuizione del 20° secolo che luce è sia una particella che un’onda, ha suscitato molti dubbi sulla visione del mondo in modo “meccanico”. Il fatto che la luce poteva esibire entrambe le proprietà, onde e particelle, ha lasciato perplessi molti scienziati. Alcuni si sono rifiutati di crederlo, altri hanno accettato quest’evidenza stringendosi nelle spalle. Eppure oggi, un secolo più tardi, vi è un consenso generale che diverse sostanze presenti nel mondo fisico possiedono una doppia natura. Polkinghorne si chiede se sia ragionevole credere se anche Dio possa avere una duplice natura. Ha potuto davvero entrare nella Terra, come Dio e come uomo? Non è -sottolinea- un tentativo di usare la scienza per dimostrare l’esistenza di Dio, ma piuttosto sono suggerimenti per mostrare che Dio e la scienza possono e devono coesistere in un insieme armonioso e complementare. Anche perché, lo scienziato è fermamente convinto che la scienza esplori un solo strato dell’esistenza. Dio opera attraverso la poesia e le opere d’arte, i santi e i mistici. Non è possibile apprezzare appieno un’opera esaminando la composizione chimica della sua pittura. Allo stesso modo, non è possibile capire la funzione di Dio nell’universo, cercando solo nella sua natura fisica.
Tratto da: http://www.uccronline.it/
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