Alle Olimpiadi di Londra del 2012 tutti i paesi arabi avevano almeno una donna in squadra. Eppure per Hamas “Uomini e donne non possono correre insieme”, almeno non durante la terza maratona internazionale della Striscia di Gaza che doveva tenersi il 10 aprile di quest’anno.
Doveva, appunto perché al diktat di Hamas ha fatto seguito l’annuncio della cancellazione della gara da parte dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) che stava organizzando la corsa alla quale si erano già iscritti oltre a 1.500 scolari, 807 adulti, di cui la metà donne e tra queste 266 erano palestinesi della Striscia. Un numero record, secondo l’Unrwa, per un “evento annuale, arrivato alla sua terza edizione, volto a dimostrare solidarietà al popolo palestinese e a raccogliere fondi per i campi estivi dell’Onu che ospitano circa 250 mila bambini”, ha detto il portavoce dell’agenzia Adnane Abu Hasna.
L’Unrwa ha spiegato che la “difficile e sofferta decisione è stata presa dopo un confronto con le autorità di Gaza che insistevano affinché nessuna donna partecipasse alla maratona”. Una condizione posta da Hamas la settimana scorsa, proprio a pochi giorni dalla Giornata internazionale della donna. “Abbiamo negoziato a lungo, ma abbiamo fallito ogni tentativo aperto ad una ragionevole soluzione a questo irragionevole divieto” ha spiegato Hasna, ricordando come Hamas “ha prima autorizzato le donne a prendere parte alla maratona, poi ha ristretto la partecipazione solo alle donne locali, ed infine ha deciso di proibire totalmente la presenza femminile”. L’Onu crede nella piena uguaglianza tra uomini e donne e, pertanto, l’esclusione di una parte degli iscritti non può consentire alcuna giustificazione e nessuna competizione, anche se l’Unrwa ha fatto sapere di voler offrire “un programma alternativo di eventi per quanti si sono già iscritti alla corsa”.
Il governo del premier Ismail Haniyeh ha però difeso la propria scelta: “Ci dispiace che la maratona sia stata cancellata, ma non vogliamo che uomini e donne corrano insieme e che le donne sopra i 16 anni partecipino a capo scoperto” ha spiegato Abdesalam Siyam, il Segretario generale del governo citando la legge e le tradizioni islamiche alla base della decisione, ma senza spiegare perché non vi fosse stato lo stesso divieto nelle edizioni precedenti. “Non abbiamo però chiesto all’Unrwa di annullare la maratona e non volevamo impedirla, ma abbiamo posto alcune riserve relative a norme che riguardano le tradizioni e i costumi del popolo palestinese”.
Zeinab al-Ghunaimi, responsabile della ong Center for Women’s Legal Research and Consulting, non è sorpresa dalla decisione di Hamas che, a suo dire, userebbe tradizione e religione per portare avanti la sua agenda politica. “Se Hamas non vuole uomini e donne insieme allora non dovrebbe permettere ai due sessi di partecipare ai suoi raduni politici”, ha detto al-Ghunaimi a Nena News ricordando i tanti “decreti sociali” emessi dal governo in questi ultimi anni che hanno preso di mira le donne. Quali? “L’imposizione dell’hijab alle avvocatesse in tribunale e alle studentesse nelle scuole, il divieto di andare in moto e di fumare il narghilè nei locali pubblici, ad un certo punto è apparsa anche una sorta di muttawa, la polizia per la prevenzione del vizio, sul modello di quella famigerata che opera in Arabia saudita, che ha concentrato la sua attenzione sul comportamento dei giovani, in particolare le ragazze. Poi è sparita. Anche i decreti sono rimasti inattuati o sono stati applicati in modo blando, ma in ogni caso hanno indicato una politica ben precisa nei confronti delle donne” ha concluso al-Ghunaimi.
“Ci sono tanti problemi causati dall’assedio israeliano alla Striscia di Gaza come la disoccupazione, le aree agricole inaccessibili per i contadini e la condizione dei pescatori che non possono spingersi al largo. Il Governo dovrebbe concentrarsi su questi problemi e non prendere di mira le donne e il loro diritto a praticare lo sport” ha commentato Ebaa Rizek studentessa universitaria e protagonista in passato di proteste contro la chiusura autoritaria di associazioni culturali frequentate da giovani donne. “L’Islam non vieta alle donne di fare attività sportiva e il passo fatto da Hamas non trova alcun fondamento nella religione. Piuttosto, dicono in tanti, è volto ad assecondare i settori più conservatori della società di Gaza e le formazioni salafite che sono tornate ad alzare la voce, dopo un periodo di silenzio”.
Così se negli anni scorsi le donne avevano potuto correre senza ostacoli, anche se con alcuni accorgimenti nel vestire (le straniere indossavano abbigliamento sportivo lungo, mentre le centinaia di palestinesi correvano con il capo coperto e ampi abiti), quest’anno la possibile presenza femminile ha fermato la maratona, da sempre una gara che non prevede distinzioni di religione, età, professione e tanto meno di sesso. “Com’è possibile che le donne non possano correre insieme agli uomini?”, si è chiesta in questi giorni sul suo blog la giornalista sportiva Irene Righetti. “Lo sport è unione; il running in particolare è espressione di democrazia e di uguaglianza. Tutti insieme ci poniamo sulla linea di partenza, campioni, amatori, donne e uomini, e tutti possiamo vincere”.
“Ricordo che un tempo un po’ in tutto il mondo i 42 km erano considerati un tabù perché si riteneva che il fisico femminile non potesse sopportare le distanze lunghe e solo nel 1967 ci fu la svolta grazie a una studentessa americana: Katherine Switzer” ha concluso la Righetti . “L’atleta, vestita con larghi pantaloni e un pesante maglione, prese parte alla Boston Marathon e nonostante le difficoltà incontrate lungo il percorso, un giudice non appena apprese la sua vera identità cercò di fermarla strattonandola, riuscì a portarla a termine. Grazie alla sua grinta e alla tenacia Katherine ruppe le barriere tra i sessi” spianando la strada alle donne che volevano correre e non solo. Forse al via della prossima maratona di Gaza avremmo potuto vedere qualche altra donna capace di una rivoluzione sportiva e culturale come quella corsa da Katherine ormai 46 anni fa, ma intanto non sono poche le donne di Gaza, anche giovani, che trovano del tutto legittime le restrizioni imposte da Hamas e approvano la mancata autorizzazione alla partecipazione delle donne alla maratona.
P.S. Il 1° marzo, nonostante il boicottaggio lanciato dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina per protesta contro l’indiscriminata e illegale politica israeliana di occupazione dei Territori e di annessione di Gerusalemme Est, almeno 20.000 persone hanno partecipato alla terza edizione della Maratona di Gerusalemme. Questa volta uomini e donne correvano assieme, ma non palestinesi ed israeliani…
Da Unimondo.org
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