Gesù non è una religione, ma una relazione fatta di Amore.


Mi chiamo Elisabetta e per 34 anni sono stata la mamma di Giosuè.

Ringrazio con tutto il cuore il Signore per la forza che mi ha dato in tutti questi anni di accudirlo e per avermi dato, negli ultimi 4 anni, in cui, a seguito di un coma, è rimasto in stato vegetativo, la sapienza di assisterlo giorno e notte come un’infermiera professionale, nonostante non lo fossi.
Nato 4.060 kg, più alto e robusto degli altri tre fratelli, per tutta la vita la sua mente è rimasta quella di un fanciullo. All’età di 20 anni, a causa di un’infezione batterica, ha avuto una paresi alle gambe senza poter più camminare. Per questa sua sofferenza, a volte si comportava male verso chi lo assisteva ma, subito dopo, chiedeva perdono piangendo e colpevolizzando se stesso. A parte ciò, Giosuè aveva un carattere allegro, gioioso e scherzoso. Amava il Signore e amava la musica: nonostante non avesse studiato, si sforzava di suonare i cantici con la tastiera e riusciva molto bene. La amava così tanto che, tutte le volte, alla fine del trattamento, ribadiva al terapista di cantare e suonare con la chitarra i cantici, in particolar modo:”Gesù dolce musica al mio cuor”, “Alzo le mani” e “Quelli che sperano in Gesù”, accompagnandolo con la tastiera. Se qualche assistente riferiva che qualcuno dei propri familiari stava male, lui, immediatamente, in piena semplicità, piangendo, pregava Dio per la loro guarigione.

4 anni fa, Giosuè è entrato in coma, per una broncopolmonite. Fin da subito, il primario ci disse che la situazione era gravissima e che da lì a poco ci avrebbe lasciati. A distanza di una settimana, non essendo la rianimazione della nostra città, ci invitò a rimanere lì quella sera perché non avrebbe superato la notte. Così, rimanemmo ospiti presso il resort di un fratello; prima di andare a dormire, mio marito, all’epoca ancora in vita, si accorse di una Bibbia sul comodino e invitò me e i miei figli a leggere un verso e pregare. Aperta la Bibbia, gli si presentò davanti il verso:”Lazzaro, vieni fuori!” E Dio ci rassicurò dandoci la certezza che Giosuè non se ne sarebbe andato. Il giorno dopo, il primario comunicò che durante la notte la frequenza cardiaca di Giosuè era scesa a 20 e tutti i parametri vitali quasi azzerati…che tutta la notte avevano lavorato su di lui per rianimarlo ed erano riusciti…ma noi sappiamo che il Signore aveva detto:”Lazzaro, vieni fuori!”
Nei giorni successivi la situazione si è talmente aggravata, che gli si sono bloccati i reni, dovendo così ricorrere alla dialisi. Il primario diceva sempre di prepararci al peggio e che, in ogni caso, se fosse vissuto, avrebbe dovuto sottoporsi a dialisi a vita. Per tutto quel tempo, siamo stati ospiti di una sorella, nell’appartamento sotto al suo, la quale ebbe in cuore di pregare con altre sorelle appositamente per i reni di Giosuè, già in dialisi da un mese e mezzo. Una sera, mentre mi preparavo per andare in ospedale, sentii la sorella pregare a gran voce il Signore con queste parole:”Signore.. libera ORA i reni di Giosuè!!”

Il giorno dopo, un medico della rianimazione comunicò che Giosuè stava iniziando a urinare spontaneamente e da allora non ha avuto più alcun bisogno di dialisi.
Siamo rientrati a casa, sempre attaccato ai macchinari in stato vegetativo, dopo 13 mesi di ospedale. Chiunque mi incontrava si meravigliava per la mia forza e pazienza ma posso dire, alla Gloria di Dio: l’Eterno ha sostenuto me e la mia famiglia dandoci una forza sovrannaturale, come dice la Parola:”Io non ti lascerò e non ti abbandonerò”.

Dopo alcuni mesi dal rientro a casa, Giosuè ha avuto un’emorragia; curato dai sanitari del Pronto Soccorso e subito dimesso, appena i sanitari dell’ambulanza sono andati via, ha avuto uno shock ipovolemico, non dando più segni di vita, con parametri vitali azzerati. Vista la gravità, l’infermiere di turno ha invocato il sangue di Gesù; questo mi colpì molto e mi spiego’ successivamente che questa frase gliel’aveva insegnata da piccolo sua nonna che era evangelica, raccomandandogli di invocare il sangue di Gesù nelle situazioni di malattia, pericolo o paura. Per il 118, Giosuè era in fin di vita ma anche in questa occasione Dio ha operato nella sua vita: il sangue di Gesù è potente a guarire, sanare e liberare. Se Giosuè adesso è col Signore non è perché Lui è cambiato: infatti “Dio è lo stesso ieri, oggi e in eterno.”(come amava cantare Giosuè); ma perché questa è ora la Sua Volontà.

È vero, la vita di Giosuè è stata una vita breve, ma Lui l’ha affrontata insieme a Gesù e questo conta molto più, al di là di tutto quello che ha passato. Gesù non è una religione, ma una relazione fatta di Amore. Giosuè ha sperimentato tutto questo nella sua semplicità. Caro amico che leggi questa testimonianza, voglio dirti che Dio c’è, esiste ed è vicino a te. Tu sei prezioso ai Suoi occhi come lo è stato Giosuè; Dio ti ama, vai a Lui così come sei. Giosuè ha accettato Gesù nel suo cuore e ora si trova in un posto migliore dove non c’è più dolore e malattia.
Se credi in Gesù e gli apri il cuore, Egli ti darà un posto in cielo come lo ha dato lui.
Dio ti benedica.
Ferrentino Francesco La Manna

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