Gioco d’azzardo, il percorso del Piemonte

Un anno fa la regione si dotava di una legge sul gioco d’azzardo patologico: Paolo Jarre (Asl To3) commenta i dati del report della Società Italiana Tossicodipendenze.

A oltre un anno dall’entrata in vigore della Legge Regionale sul gioco d’azzardo patologico, è ancora molta la strada da percorrere per arrivare a un’applicazione effettiva e capillare sui 1.202 comuni piemontesi. Lo rileva un report pubblicato dalla Sezione Piemonte e Valle d’Aosta della Sits, Società Italiana Tossicodipendenze, appena aggiornato. In particolare, è stato effettuato un monitoraggio sul grado di applicazione dell’articolo 6 della Legge Regionale da parte dei comuni. Questo articolo impone ai comuni stessi di emanare ordinanze o regolamenti comunali mirati a creare «limitazioni temporali all’esercizio del gioco tramite gli apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7 del r.d. 773/1931, per una durata non inferiore a tre ore nell’arco dell’orario di apertura prevista» degli esercizi commerciali che li contengono.

Ciò che è emerso dal report è che, a oggi, sono soltanto 163 le amministrazioni che hanno adempito: meno di una su sette. A una percentuale così bassa, però, fa da contraltare un’alta copertura di popolazione la cui offerta di gioco si è ridotta, in molti casi ben oltre i minimi richiesti di tre ore al giorno. «Quello del numero di comuni adempienti è un dato da leggere con cautela – spiega Paolo Jarre, direttore del Dipartimento Patologia delle dipendenze dell’Asl To3 – perché in molti dei comuni che non si sono dotati di regolamento gli apparecchi neanche ci sono. C’è da dire, invece, che la maggioranza dei comuni con più di 10.000 abitanti ha emanato ordinanze e regolamenti e possiamo dire che oltre la metà dei piemontesi sia parzialmente protetta dall’invasività dell’offerta commerciale degli apparecchi su disposizione dei sindaci».

Una situazione che ha ancora certamente margini di miglioramento, nonostante il Piemonte pesi il 43% sul totale dei provvedimenti presi in materia sul territorio nazionale. L’Asl To3, in particolare, registra oltre il 50% di comuni adempienti, a fronte del 10% su base regionale, che crea una vasta zona omogenea di limitazione dell’offerta. «Nella nostra area – continua Jarre – con l’azione del Dipartimento Dipendenze abbiamo svolto una capillare promozione presso le amministrazioni locali, che ha portato più della metà dei comuni ad agire in materia e, aspetto non da poco, a emanare regole uniformi tra loro, aspetto questo che scongiura la possibilità di fenomeni di “migrazioni da gioco”».

Nell’ultimo anno un fattore positivo è rappresentato dalle sentenze del Tar, che hanno dato ragione a dieci comuni piemontesi nei ricorsi presentati dai commercianti, mettendo così nero su bianco la legittimità di questo tipo di provvedimento amministrativo. Un fattore che potrebbe incidere positivamente nell’ulteriore allargamento degli adempienti, come si augura Jarre: «questo elemento potrebbe aiutare a convincere qualche amministratore timoroso a regolare questo aspetto, altrimenti viene da chiedersi quale sia la reale motivazione del mancato adempimento».

di Matteo Chiarenza | Riforma.it

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