Nel Paese che ha dato i natali a Dante e Leonardo, il vero protagonista di milioni di salotti non è l’arte né la cultura, ma un piccolo schermo che sputa mediocrità e volgarità. Chiunque osservi il panorama televisivo italiano non può che constatare, con un misto di rassegnazione e amarezza, il degrado culturale a cui siamo esposti quotidianamente. Una TV che, pur nella sua supposta pluralità, sembra sempre più dedita all’appiattimento mentale, alla ricerca del “minimo comun denominatore” per attirare spettatori.
Non possiamo non citare Umberto Eco, che già negli anni Ottanta lamentava la differenza tra una “cultura di massa” e una “massificazione della cultura”. Ecco, noi italiani siamo riusciti nell’impresa: abbiamo trasformato la TV in un rifugio per il pensiero banale e per le urla scomposte. I programmi spazzatura, i reality e i talk show gridati sono il termometro del nostro stato d’animo collettivo. “La TV crea un falso bisogno, quello di essere sempre intrattenuti senza essere mai stimolati” diceva Pier Paolo Pasolini, e non c’è definizione più azzeccata per descrivere l’ossessione nazionale per il futile.
Se Montanelli fosse qui oggi, probabilmente si limiterebbe a osservare tutto questo con lo stesso sarcasmo con cui descriveva gli italiani del suo tempo: “Un popolo di imbecilli governato da furbi”. Ed è proprio questo il nodo della questione: la TV non fa altro che riflettere l’immagine di un Paese in cui l’inganno è parte integrante del gioco. Ci siamo adattati a un sistema che premia la superficialità e l’indolenza intellettuale, e lo facciamo con un sorriso beota, anestetizzati dalle urla e dai colori sgargianti di format che, alla fine della fiera, non lasciano nulla.
Lo stesso Nanni Moretti nel film Palombella Rossa gridava con disperazione: “Le parole sono importanti!”, ma sembra che gli italiani abbiano smesso di dar loro peso. Si è persa la capacità di distinguere il vero dal falso, il profondo dal frivolo. Ogni giorno siamo bombardati da un circo di soubrette, politici da quattro soldi e opinionisti che si esibiscono in una danza grottesca di frasi fatte e insulti, il tutto condito da una risata di sottofondo registrata. La TV è diventata lo specchio della nostra miseria culturale.
Ma come siamo arrivati a questo punto? La risposta, purtroppo, è semplice: ci piace così. La volgarità e il vuoto ci rassicurano, ci fanno sentire parte di un’umanità che non ha bisogno di riflettere o di confrontarsi. È più facile farsi distrarre da una lite in diretta piuttosto che affrontare i problemi veri, e la TV ha capito perfettamente come sfruttare questa nostra debolezza.
Come cristiani, dovremmo riflettere su queste parole del Vangelo: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6:21). Se il nostro cuore è immerso nel fango della superficialità televisiva, possiamo davvero meravigliarci della direzione in cui stiamo andando? Sant’Agostino ci ammonisce: “Ama e fa’ ciò che vuoi”, ma oggi sembriamo amare il vuoto, e da lì nascono le nostre scelte. La domanda che dovremmo porci è se siamo disposti a invertire questa rotta o se, come narcotizzati, continueremo a lasciarci scivolare in questo abisso di mediocrità.
In conclusione, siamo vittime e complici di un sistema che ci ha reso schiavi dell’irrilevanza. La TV volgare e stupida ci piace, perché non ci chiede nulla se non di sederci e guardare. Il rischio, però, è che un giorno ci accorgeremo che quello stesso schermo ci ha privato della capacità di pensare, di discernere e, infine, di essere liberi. E forse sarà troppo tardi.
Davide Romano
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