I testimoni di Geova spiegati dalla dottoressa Lorita Tinelli

La dottoressa Lorita Tinelli è una psicologa forense che insieme ad alcuni colleghi ha fondato nel 1998 il Cesap, il Centro Studi Abusi Psicologici, di cui attualmente è vicepresidente. Si tratta di una onlus che fornisce assistenza alle vittime di controllo mentale e abuso psicologico da parte di sette e gruppi a carattere totalitario.

Questo l’ha portata a studiare con attenzione i Testimoni di Geova e le loro comunità. “Ce ne occupiamo da molto tempo – racconta Tinelli –. Ci arrivano segnalazioni di continuo, spesso a causa di uno dei punti nevralgici della dottrina dei TdG: l’ostracismo. Infatti, chi dissente o inizia a farsi domande viene estromesso e nessuno, né la famiglia né il gruppo, può parlarci o addirittura salutarlo”.

Un atteggiamento che mina la stabilità di un individuo. “É devastante dal punto di vista psicologico e umano: sono dettami che vanno oltre i normali legami affettivi e possono comprometterli in maniera irreparabile. Non è raro che qualcuno pensi al suicidio – prosegue Lorita –. Ci sono stati gravi denunce, inerenti alle regole interne e, ultimamente, anche per casi di pedofilia che tutt’ora sono al vaglio della magistratura”.

Ma cos’ha portato il Cesap ad occuparsi direttamente di questi casi e ad intervenire? “Quando ci si riferisce ai Testimoni di Geova si può parlare senza dubbio di controllo mentale, comportamentale e dell’informazione – spiega la psicologa – questo perché la logica dei TdG è quella di un gruppo direttivo che impone delle regole sulla vita personale di ciascun membro. C’è un’organizzazione piramidale, con a capo poche figure che hanno il controllo totale sugli altri. Poi ci sono i sorveglianti, gli anziani e molti ancora. Ognuno ha il suo ruolo, fino ad arrivare ai proclamatori che promuovono i libri e le riviste. Le parole di questi testi, ovviamente, non vengono mai messe in dubbio. É il loro cibo spirituale, che dà indicazioni su tutti gli aspetti di vita, personali e collettivi”.

E sono proprio questi aspetti ad identificarli, tecnicamente, come una “setta”, un altro dei territori dove agisce il Cepas. “Si può parlare di setta perché è un gruppo chiuso che vuole estraniarsi del mondo – risponde Tinelli, che spiega– I TdG sono così, separati dalla società. Vedono le cose attraverso un pensiero dicotomico: bianco/nero, buoni/cattivi. Tutte caratteristiche che possono essere definite settarie”. Infatti, ‘setta’, come ricorda la psicologa, viene dal latino ‘secare’, cioè dividere, separare. “Il termine viene usato per indicare un gruppo che ha caratteristiche rigide, di divisione tra quello che sta dentro e quello che c’è fuori”.

Eppure, nonostante questa forte chiusura, non sono poche le persone che decidono di avvicinarsi, anche affrontando un lungo percorso. “Entrare nei testimoni è una scelta emotiva, non razionale  – aggiunge Lorita – A parte quelli di seconda generazione, che ci sono nati, chi entra dopo lo fa perché ha un bisogno, una necessità. Non c’entra la cultura o la formazione scolastica. Ho conosciuto gente plurilaureata che in un momento difficile ha accettato quel tipo di messaggio. Da un punto di vista delle personalità, aderisce più facilmente chi ha un bisogno di ordine, di pulizia e di regole”.

Allo stesso modo, uscirne può essere legato ad una particolare condizione emotiva, e non meno difficoltoso. “Chi esce lo fa perché si è disinnamorato: la passione e il coinvolgimento finiscono. Una fuoriuscita  – confida la psicologa – mi ha proprio detto che le era ‘caduto il prosciutto dagli occhi all’improvviso’. Nasce il dubbio e la sfiducia e così si cerca di allontanarsi. Allora interviene il comitato giudiziario dei TdG e avviene un vero e proprio processo. Una volta finito, chi è fuori non potrà più avere contatti con i proprio amici rimasti dentro o con i familiari. Per questo, nascono forti sensi di colpa e di inadeguatezza, tanto che qualcuno chiede di rientrare e deve affrontare una serie di punizioni imposte dalla congregazioni”.

Il percorso risulta più arduo e difficile soprattutto per chi all’interno delle comunità ci è nato, spiega Lorita parlando di alcuni ragazzi usciti dopo vent’anni passati nelle congregazioni. “Quando sei fuori è un po’ come dover iniziare a camminare e a parlare. Sono terrorizzati, spaesati e non riescono a decodificare gli stimoli dell’ambiente esterno. I figli dei testimoni, quando sono piccoli, non possono partecipare alle attività di classe, ai compleanni dei compagni e questo danneggia il loro sviluppo. Non intrattengono mai relazioni autentiche con i loro coetanei. Quando escono dalla comunità hanno problemi a socializzare, ad avere relazioni sentimentali e a farsi una famiglia. Fanno fatica anche dal punto di vista sessuale, visto che per i TdG il sesso è demoniaco”.

Un’educazione impartita fin dalla tenera età che talvolta può scaturire in imposizioni anche violente. “Ci sono famiglie violente all’interno della congregazioni – aggiunge Tinelli –. Per onestà dico che ci sono nuclei famigliari più moderati, ma non sono tanti. É un problema insito nella struttura piramidale della comunità. É dannosa. Un gruppo che professa una verità assoluta è già un gruppo che ha qualche difficoltà. La comunicazione è chiusa, c’è poca trasparenza e la gente non accede alle informazioni che al livello più basso non vengono mandate. Sono tutte situazioni di non chiarezza e di scarsa democrazia”.

Fonte: loritatinelli.it

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook