Nella parabola del ricco stolto, il ricco programmava di poter vivere la sua vita senza problemi, divertendosi “perché aveva molte ricchezze” e quella notte stessa Dio lo chiama a rendere conto della sua vita. Gesù dice: “Così è di chi accumula ricchezze per sé e non arricchisce davanti a Dio… Tenetevi lontani da ogni avarizia perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi. Riprendiamo questi versi raccontando un piccolo esempio di vita… Nel 1985 per la regione del Sahel, sotto il deserto del Sahara, erano gli anni della grande siccità e carestia. In Burkina Faso, cerano schiere di contadini in fuga verso il sud dove c’erano i campi profughi della Croce Rossa, dell’Onu e dei volontari. Nel grande Nord c’erano villaggi abbandonati, pozzi senz’acqua, campi bruciati dal sole impietoso; in quel posto sperduto c’è la fattoria-scuola di Nanorò nella steppa pre-desertica, dove da mezzo secolo i figli di Dio insegnano alla gente a trattenere l’acqua con canali, laghetti artificiali e altri accorgimenti, perché anche nel Sahara piove e l’acqua fa fiorire il deserto per qualche giorno, ma poi si perde nel sottosuolo.
La regione di Nanorò è tutta verde e densamente abitata. Un mattino attraversando il cortile, nella luce del sole nascente vediamo due uomini e una donna anziana con un fagottino in braccio che vengono verso di noi. Hanno camminato per ore nella notte e sono giunti alla missione. La donna apre gli stracci del fagottino: c’è un bambino dei tuareg di pochi mesi che sta morendo disidratato perché la mamma è morta da alcuni giorni, non ha più avuto il latte necessario alla vita.
I volontari e i missionari che seguono la parola di Dio, accolgono la nonna e i due uomini, danno da mangiare e bere agli adulti e due donne volontarie immergono il bambino in una vaschetta d’acqua tiepida, lo frizionano per farlo sorridere, mettono nella sua boccuccia un po’ di zucchero e poi il biberon con latte, gli fanno una iniezione di acqua nelle vene. Il piccolo ha qualche reazione e sembra sorridere, ma purtroppo muore nel pomeriggio, nonostante le cure materne della volontaria. Mentre lo osservo impotente nella sua agonia, povero ragnetto pelle e ossa, mi commuovo e pregai: “….., l’hai creato tu questo povero bambino, come hai creato me. Perché a me hai dato tanto e a questo piccolo uomo hai dato niente? Non siamo tutti e due figli tuoi allo stesso modo? Io ho ricevuto tutto e lui niente… ma tu, Padre santo, vuoi bene anche a lui come vuoi bene a me?”.
Ecco il Vangelo del ricco stolto attualizzato a tante situazioni simili del nostro tempo. Noi italiani siamo fra i privilegiati dell’umanità perché abbiamo ricevuto la fede e perché viviamo in un paese e in una Europa che da duemila anni sono state trasformate dalla fede in Cristo e dalla vita cristiana e oggi viviamo una situazione di pace e di sviluppo, di libertà e di rispetto dei diritti dell’uomo, della donna e del bambino, che non ha eguali nel mondo intero. La risposta agli interrogativi del Vangelo la dà Gesù stesso: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Luca 10, 27), questo il “comandamento nuovo” in base al quale saremo tutti giudicati. “Quello che gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente datelo agli altri” (Matteo 10, 8). “Il vostro superfluo datelo ai poveri” (Luca 11, 41). Ma il mio superfluo va giudicato non in base al mio benessere e al mio egoismo, ma alle necessità dei miei fratelli e sorelle, che sono tutti i popoli del mondo, specialmente là dove i figli di Dio testimoniano il Comandamento nuovo dell’amore al prossimo, a tutto il prossimo creato dallo stesso Padre che sta nei Cieli.
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