
NON DAVANTI A CHI SI PROMUOVE.
Ci sono momenti in cui il Cielo si ferma.
Non quando organizziamo eventi, non quando proclamiamo “stagioni nuove” o inauguriamo l’ennesimo locale col nome “Chiesa” scritto sopra in caratteri dorati.
Il Cielo si ferma quando Cristo inizia davvero a riflettersi in qualcuno.
Non in chi si esibisce, ma in chi è stato toccato.
Non in chi brilla di luce artificiale, ma in chi zoppica con grazia, perché ha avuto il coraggio di lasciarsi dislocare da Dio.
Ricordi Giacobbe?
Aveva benedizione, chiamata, diritto di primogenitura.
Ma finché continuava a vivere appoggiandosi su sé stesso, non poteva reggere il peso di ciò che Dio gli aveva già dato.
E allora Dio lo toccò.
Non per punirlo, ma per liberarlo.
Lo colpì all’anca — proprio lì dove era più forte, più sicuro, più “abile”.
Fu quel tocco a generare Israele.
Non un tocco di potenza, ma di resa.
E da quel giorno… Giacobbe zoppicò.
Ma zoppicò con una nuova identità.
Non era più “colui che inganna”, ma colui che ha lottato con Dio… e si è arreso.
Oggi troppi corrono.
Corrono per un palco.
Corrono per una carriera nel ministero come se il Regno fosse una start-up spirituale.
Corrono per un riconoscimento, un microfono, una chiamata che Dio non ha mai dato loro.
E così nascono “pastori” che non sono stati mandati.
“Ministeri” che non sono frutto di rivelazione, ma di ambizione.
“Chiese” che Dio non riconosce nemmeno come tali.
Hanno scritto “Chiesa” sull’insegna…
ma Dio non ha mai acceso la lampada.
E sai perché c’è così tanta divisione, così tanta frustrazione?
Perché quando ti metti dove Dio non ti ha messo, porterai frutto — ma sarà frutto amaro.
Il talento ti può aprire una porta.
Ma solo la grazia può reggere il peso della verità.
Il problema non è che non ci sono abbastanza chiamati.
Il problema è che ci sono troppi partiti da sé stessi.
Ma Dio oggi non cerca chi “porta risultati”.
Cerca chi è disposto a essere trasformato.
Chi si lascia toccare.
Chi si lascia spezzare.
Chi lascia che il Suo carattere prenda forma nella nostra anima, anche se questo significa smettere di “fare qualcosa per Dio” per imparare finalmente a camminare con Dio.
Cristo non vuole solo usarti.
Vuole formarsi in te.
E quando questo accade…
il Cielo trema.
Perché mentre il mondo guarda all’impatto, Dio guarda all’immagine.
Non a quanto hai costruito, ma a quanto somigli al Figlio Suo.
E se quella somiglianza cresce, anche se nessuno ti nota…
anche se zoppichi…
anche se nessuno ti invita più da nessuna parte…
il volto del Padre si piega verso di te con compiacimento.
Ciò che muove il Cielo non è la visibilità, ma la vulnerabilità.
Non la potenza esibita, ma la potenza resa docile.
Ecco perché il Signore non cerca cavalli selvaggi, indomabili, orgogliosi delle loro criniere.
Cerca cavalli “rotti”.
Non distrutti.
Resi docili.
Nel mondo dell’equitazione, un “cavallo rotto” è un cavallo che non ha più bisogno del morso o delle redini per essere guidato.
È stato addestrato con amore, e ora si fida del proprio cavaliere.
Si ferma quando lui si ferma.
Cammina quando lui cammina.
Non corre più da solo, perché ha imparato a seguire senza resistere.
E così fa il discepolo che ha imparato a fidarsi del Suo Signore.
Non serve più forzarlo.
Basta uno sguardo.
Il cuore del Vangelo non è fare qualcosa per Dio, ma diventare qualcosa in Dio.
Cristo non ti ha salvato per usarti.
Ti ha salvato per amarti, trasformarti e camminare con te.
E sì, magari nessuno ti celebrerà.
Ma quando il volto di Gesù inizia a vedersi nel tuo… il Cielo si inchina.
Non serve rumore.
Non serve rumore.
Serve resa.
Non confondere mai l’unzione con l’ambizione.
Non scambiare mai una piattaforma con una chiamata.
Non pensare che “fare qualcosa per Dio” valga più di essere Suo, spezzato, arreso e trasformato in silenzio.
Il Regno non ha bisogno di altro ego spirituale.
Ha bisogno di figli…
che hanno lasciato Giacobbe sull’altare
e hanno deciso di camminare — anche zoppicando —
verso la luce del volto di Dio.
— Marcello Donadio
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