Il Covid-19 e la presunzione di indipendenza

E’ passato poco più di un mese da quando, mediante i media nazionali, si è appresa la notizia del primo paziente italiano, residente a Codogno, risultato positivo al Coronavirus. Da quel momento anche noi abbiamo iniziato a temere, a percepire che quanto stava accadendo in Cina ci avrebbe ben presto coinvolto da vicino. I contagi, come sappiamo, hanno iniziato ad interessare una zona circoscritta. Ben presto tuttavia tale zona è cresciuta esponenzialmente, colpendo le regioni del nord e poi l’intera Nazione. Man mano che l’epidemia si diffondeva, aumentavano le misure contenitive da parte delle autorità e gli appelli alla responsabilità individuale, affinché ciascuno facesse la propria parte al fine di arginare i contagi.

Ma tale fenomeno ha messo in luce l’irresponsabilità di moltissime persone. Per citarne alcuni esempi: il 3 marzo una persona contagiata è scappata dalla zona rossa per andare a sciare. Il 7 marzo due coniugi, risultati positivi al virus, sono fuggiti da Codogno per andare in Trentino a sciare. Lo stesso giorno moltissime persone sono fuggite, tra le 22 e le 24, da Milano per rientrare nelle regioni di provenienza, a seguito del decreto del governo che rendeva, di fatto, tutta la Lombardia una zona rossa. Tale fuga non ha tuttavia evitato, a quelle persone, le restrizioni tanto temute in quanto il 9 marzo la zona rossa, divenuta arancione, è stata estesa a tutta l’Italia. Infine l’11 marzo l’OMS [Organizzazione Mondiale della Sanità] ha dichiarato la pandemia.

Lo Stato ha ovviamente imposto regole ancor più restrittive per cercare di limitare al massimo la diffusione del contagio, associando ad esse anche delle sanzioni. Infatti, il mancato rispetto degli obblighi dei decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale (fino a 3 mesi di reclusione od ammenda di € 206,00).

Ma le regole non possono sostituirsi al nostro senso di responsabilità individuale. A tal fine il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha recentemente affermato: “Il governo – cui la Costituzione affida il compito e gli strumenti per decidere – ha stabilito una serie di indicazioni di comportamento quotidiano, suggerite da scienziati ed esperti di valore. Sono semplici, ma importanti per evitare il rischio di allargare la diffusione del contagio. Desidero invitare tutti a osservare attentamente queste indicazioni: anche se possono modificare temporaneamente qualche nostra abitudine di vita. Rispettando quei criteri di comportamento ciascuno di noi contribuirà concretamente a superare questa emergenza”.

Oltre a quanto affermato dal nostro Presidente, possiamo aggiungere 3 principi fondamentali.

1° – Le regole sono una forma di tutela

Troppo spesso le regole vengono erroneamente considerate come una gabbia che limita la nostra libertà. Al contrario, andrebbero il più delle volte considerate come un recinto di protezione a tutela dei diritti del nostro prossimo e di riflesso, essendo noi il prossimo di chi ci circonda, dei nostri diritti. Molte persone in questi giorni, non comprendendo questo semplice principio, affermano sia a parole che con le proprie scelte di coltivare tali pensieri: “sono giovane, non mi succederà nulla di grave. Ho il diritto di continuare ad uscire e divertirmi”. Ma a causa di un comportamento così irresponsabile molte persone si stanno ammalando, il sistema sanitario nazionale ne viene oltremodo gravato e molti anziani stanno perdendo e continueranno a perdere la vita. Forse persone a loro care come i genitori, gli zii o i nonni. Per non parlare di altre persone giovani con patologie pregresse che le rendono estremamente vulnerabili.

Al momento non siamo ancora arrivati al punto di aver esaurito i posti adibiti alla cura dei pazienti in terapia intensiva. Ciò nonostante bisogna considerare che per legge, in situazioni complesse, ossia quando le risorse non sono sufficienti per tutti, ogni medico può trovarsi a dover prendere in breve tempo decisioni terribili. Tali decisioni comportano anche determinare quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi e quali escludere, scegliendo gli individui che presentano una maggior speranza di vita a scapito degli altri. Anche se tale circostanza, nel nostro Paese, non dovesse mai presentarsi, occorre tuttavia ricordare che le conseguenze del comportamento irresponsabile di alcuni ricade sempre sulla collettività. Infatti, a fronte di un contagio sempre più diffuso, gli ospedali non sarebbero in grado neppure di far fronte agli interventi programmati da tempo da altri pazienti. Per non parlare delle visite ambulatoriali o di qualsiasi altra prestazione, a noi resa dal servizio sanitario nazionale, precedentemente data per scontata.

2° – Le regole rientrano in un proposito divino

Se quanto detto non fosse sufficiente, occorre considerare che l’importanza di osservare le regole che ci vengono imposte dalle autorità non è legato solo ad un senso di responsabilità civica, ma rientra nel piano divino per l’umanità.

Romani 13:1-7 Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio. 2 Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; 3 infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l’autorità? Fa’ il bene e avrai la sua approvazione, 4 perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. 5 Perciò è necessario stare sottomessi, non soltanto per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza. 6 È anche per questa ragione che voi pagate le imposte, perché essi, che sono costantemente dediti a questa funzione, sono ministri di Dio. 7 Rendete a ciascuno quel che gli è dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore; l’onore a chi l’onore.

Il termine greco usato dall’apostolo Paolo per descrivere il principio della “sottomissione” era lo stesso impiegato per indicare l’assoluta obbedienza dei soldati nei confronti dei propri superiori. Tale sottomissione doveva pertanto essere riconosciuta alle autorità superiori, ossia ogni autorità civile. Tale atteggiamento non deve essere condizionato dalla loro moralità, dalle ideologie politiche adottate, siano esse più o meno in armonia con le nostre e neppure dalla loro competenza. Paolo infatti sta esprimendo un concetto oggettivo e non soggettivo, basato sul fatto che il principio stesso dell’autorità ha origini divine.

Secondo le informazioni che possiamo riscontrare nella Bibbia, Dio ha fatto sì che in ogni parte nel mondo, in ogni contesto culturale ed in ogni epoca vi fossero sempre delle autorità sulle persone: i genitori sui propri figli, i datori di lavoro sui propri dipendenti e le autorità dei regni o degli stati sui cittadini che governano. Dio ha stabilito il governo umano affinché, in linea generale, il bene fosse premiato ed incoraggiato ed il male punito e fermato. La punizione che il governo avrà l’autorità di applicare dovrà fungere da deterrente in un mondo caratterizzato dal peccato e dalla corruzione umana, decaduto ed empio, ossia ostile ai principi che Dio vorrebbe che si applicassero in esso. Pertanto, dal momento che le autorità sono, come principio, stabilite da Dio, ribellarsi ad esse comporterà implicitamente ribellarsi a Dio stesso, ossia peccare contro di Lui. Appunto per questo, oltre al biasimo divino, coloro che non si atterranno alle leggi stabilite dal proprio governo dovranno subirne le conseguenze. È per tale motivo che l’apostolo ricorda che il magistrato porta la spada, in quanto simbolo di autorità nell’applicare sanzioni a chi viola le leggi e di infliggere loro una punizione proporzionata all’errore od alla violazione commessa.

3° – L’osservanza delle regole onora il Signore

Un cristiano, pur tenendo conto di quanto detto finora, non dovrebbe osservare le leggi del proprio Stato unicamente per paura delle conseguenze dei propri errori, ma soprattutto per motivo di coscienza. Per poter onorare il Signore mettendo in pratica la Sua volontà. Poiché il rispetto non comporta necessariamente la condivisione dei principi etici e morali, Dio si aspetta da ciascuno di noi un impegno attivo nel coltivare un atteggiamento rispettoso nei confronti dei nostri politici, dei nostri magistrati e delle forze dell’ordine del nostro Paese.

Si potrebbe tuttavia sollevare un’obiezione riguardo a quanto affermato, legata al fatto che  molti governi siano stati e siano tuttora, in molti paesi, in antitesi rispetto al Dio che ha concesso loro autorità. In tal caso, mostrare obbedienza significherebbe peccare contro Dio stesso ed a tal riguardo la Bibbia presenta vari casi di insubordinazione da parte di credenti. Ne riporto uno.

Atti 4:17-20 «Ma, affinché ciò non si diffonda maggiormente tra il popolo, ordiniamo loro con minacce di non parlare più a nessuno nel nome di costui». 18 E, avendoli chiamati, imposero loro di non parlare né insegnare affatto nel nome di Gesù. 19 Ma Pietro e Giovanni risposero loro: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio. 20 Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e udite».

Nel passo in questione, gli apostoli Pietro e Giovanni furono arrestati ed interrogati dal sinedrio. Esso costituiva l’organo legislativo e giudiziario giudaico ed era composto, oltre che dal sommo sacerdote Caiafa, da altre 70 persone, ossia dalle più alte autorità religiose del momento. Il motivo dell’arresto fu dovuto al fatto che stessero annunciando, nella città di Gerusalemme, il messaggio del vangelo, legato alla resurrezione di Cristo ed al perdono dei peccati di chiunque si fosse ravveduto e si fosse affidato, per fede, alla morte sostitutiva operata da Gesù. Grazie a tale annuncio, in pochi giorni più di 5000 persone si unirono agli apostoli ed ai primi discepoli. Inoltre, tale messaggio biasimava implicitamente quelle autorità, in quanto ree di aver ingiustamente condannato a morte per crocifissione il Messia mandato loro da quel Dio che ritenevano di servire. Davanti al divieto di continuare a promulgare tale messaggio ed alle minacce di gravi ripercussioni, la risposta dei due apostoli fu un secco rifiuto, in quanto l’obbedienza dovuta alle autorità umane ed alle loro leggi non avrebbe mai potuto prevaricare quanto il Signore stesso chiedeva di fare ai propri discepoli.

Applicando tali principi alla nostra situazione attuale, possiamo affermare con certezza che in qualità di cristiani dobbiamo obbedire alle ordinanze dello Stato che limitano momentaneamente la nostra libertà. Perfino quelle che impediscono la libertà di incontrarci nelle chiese ed offrire il nostro culto al Signore, perché tale divieto è esteso a tutta la cittadinanza e non unicamente ai discepoli di Gesù. Inoltre, l’ordinanza contenuta nel dpcm (decreto ministeriale del Consiglio dei Ministri) che ordina la chiusura di quasi tutte le attività, comprese quelle a carattere religioso, è stata istituita per proteggere la salute delle persone più cagionevoli ed evitare che il nostro sistema sanitario collassi. Non rientra affatto in uno di quei casi in cui lo Stato, in modo dittatoriale, impone ai credenti il divieto di riunirsi in nome di Cristo, di adorarlo o di annunciare il vangelo ad altre persone.

Per concludere, questo è il momento dell’auto-responsabilità. È il momento di osservare le regole che lo Stato ci impone. È il momento di avere rispetto per chi ci governa. Anche questo sarà un modo per onorare Gesù e mostrare riconoscenza per la salvezza che mette a disposizione di tutti coloro che vorranno afferrarla.

di Patrick Galasso | Coramdeo.it

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