Il Natale: Commemorazione della nascita di Gesù, o celebrazione pagana?

E’ innegabile che la solenne festa del Natale trasporta l’uomo contemporaneo nell’etere, frenetico mondo dei buoni sentimenti e dello spirito caritatevole, sebbene oggi, soprattutto nell’Occidente, vi sia una feroce recrudescenza del Paganesimo e dell’ateismo tesi a ghermire le basi teologiche su cui poggia la ricorrenza festiva della Natività: il suo magico fascino genera un’attrattiva emotiva e spirituale unica nel suo genere tra le feste calanderiali cristiane annuali.

Ciononostante, forse a ragione, si alzano assordanti cori di disapprovazione per la sua corruzione, essendo stata oggetto di selvagge speculazioni commerciali ed essendo stata svuotata del suo profondo significato cristiano per l’intrusione di elementi folcloristici e paganeggianti, che, di fatto, hanno offuscato, a tratti anche oscurato, il suo originario significato cristiano.

Certo, gli spiriti cristiani più sensibili, prendendo coscienza di una siffatta decomposizione del contenuto specifico di una festa, fulgida di luci fantasmagoriche, animata da un plastico scenario teatrale, fatto di alberi illuminati, di empori sfavillanti di luci, di simpatici pupazzetti clowneschi, che danzano sulle ringhiere dei balconi o si arrampicano come scimmie da circo sui muri delle case addobbate di stelle luccicanti, essi s’interrogano sulle origini di una festa che nel corso degli anni ha perso il suo smalto e il suo fascino di festa autenticamente cristiana.

Da una prospettiva liturgica la festa del Natale ha le sue origini in un momento più tardivo rispetto al ciclo della festa della Pasqua. Certo, la Pasqua è la festività per eccellenza, perché con essa si ricorda e si commemora solennemente l’opera salvifica di Gesù, che con la Sua morte e la Sua resurrezione ha determinato un nuovo corso alla storia dell’Umanità, perché il Signore, uccidendo la morte, ha reso l’uomo, che crede, immortale. Ma, a ragione, la Chiesa s’interroga a partire dalla Pasqua sulle origini di Gesù, partendo da una riflessione storico-teologica degli eventi pasquali, va a ritroso, soffermandosi sul mistero dell’Incarnazione.  Già questo lavoro di visitazione delle origini di Gesù è stato magistralmente messo in atto dagli Evangelisti con la loro personale stesura dell’Evangelo. Se il ciclo della festa del Natale si afferma a partire dal IV secolo d.C., essa ha le sue origini proprio nel messaggio neotestamentario. E’ doveroso affermare anche che le due feste della Pasqua e del Natale erano congiunte in un rapporto di reciprocità, registrando, in seguito, un’evoluzione che indebolisce i legami stabiliti, a causa di una progressiva enfasi dell’aspetto unilaterale delle due ricorrenze festive. Purtroppo, allo stato attuale la festività natalizia ha offuscato quella pasquale.

Detto questo, a me sembra ragionevolmente cristiano segnalare le grandi responsabilità dei cristiani nel ridefinire il messaggio essenziale attraverso una riflessione sul vero senso della festa del Natale senza sminuire l’aspetto gioioso che le decorazioni di luci e di suoni conferiscono alla solenne festa della Natività.

Si deve porre sul piano storico-teologico se la questione sollevata sulla festa del Natale sia una festa cristiana o pagana.

Gli Evangelisti non fanno alcun riferimento a una precisa data di nascita di Gesù. La storia della Natività in Luca, parlando dei pastori nei campi contiene un’indicazione approssimativa, che traccia la stagione che ha visto “la luce risplendere nelle tenebre”. In Palestina, i pastori vivono nei campi tra Marzo-Novembre, coinvolgendo tre stagioni, Primavera, Estate e Autunno. Nei primi tre secoli serpeggia nella Chiesa una grande indifferenza nel definire la data di nascita di Gesù.

Ciò che muove la Chiesa Antica a commemorare la nascita di Gesù è un forte pensiero teologico. E’ doveroso capire se siffatto pensiero teologico è fondato su una festa pagana, oppure nasce da considerazioni cristiane. Inoltre, è da capire se le concezioni legate a una festa pagana sono state considerate marginali nella scelta della data.

L’origine del Natale nella storia della chiesa antica

Le prime attestazioni storiche sulla festa natalizia sono ricavate da notizie date da Clemente Alessandrino (150-215 d.C.), uno dei più autorevoli Padri della Chiesa orientale, il quale parla dei seguaci dell’eretico Basilide, sostenitore dello Gnosticismo cristiano, impegnati a celebrare il battesimo di Gesù il 6 gennaio.  Qui siamo di fronte alla prima antichissima e indiretta origine della festa del Natale.  I Basilidiani sostenevano l’adozione di Gesù da parte di Dio nelle acque battesimali del Giordano. Il termine Epifania, che deriva dal greco, significa propriamente “manifestazione”, “apparizione”: la decisiva “epifania” di Dio coincide per i Basilidiani con il battesimo di Gesù. In Egitto, questa data era dedicata solennemente alla festa in onore del dio Sole “Aion”, partorito dalla vergine “kore”. Probabilmente questa festa aveva collegamenti con il solstizio d’Inverno. Era anche chiamata questa festa “la Festa delle Luci”.  E’ probabile che i Basilidiani abbiano scelto quella data come testimonianza offerta al mondo pagano, secondo il quale Cristo era il vero essere divino manifestatosi sulla terra. Progressivamente, questa data nella Chiesa d’Oriente è scelta anche per celebrare la nascita di Gesù. Nel IV secolo si registra la festività della nascita di Gesù in questa data in concomitanza della festa del suo battesimo; sempre in questo secolo è stato scoperto in Egitto un foglio di papiro, che testimonia di un atto liturgico caratterizzato da canti come risposta alle letture del sacerdote riguardante il rito della festività dell’epifania del 6 gennaio. Esso è la più antica liturgia natalizia, in cui il Natale è ancora celebrato in Oriente il 6 gennaio. Ciò che colpisce è l’enfasi posta sulla concezione della luce, come simbolo di Cristo, Vera Luce che splende nelle tenebre. Si può notare da questo brevissimo excursus storico che l’idea dominante è teologica e non rigorosamente storica, che attesta inequivocabilmente la data di nascita.

Il 25 dicembre: dal dio sole al vero iddio che ha creato il sole.

Si è consapevoli che la data esatta della nascita è ignota alla cristianità, tantomeno agli storici. Gli Evangeli tacciono. Eppure è testimoniata da Clemente Alessandrino la presenza di gruppi di cristiani, che si ingegnavano a datare attraverso calcoli approssimativi, la data, oscillando tra il 19 aprile, il 20 aprile, il 20 maggio. Sergio Giulio Africano, prima del 22o d. C., considerato il fondatore della cronografia cristiana, afferma che la nascita di Gesù può essere avvenuta verso la fine di dicembre. Da uno scritto pseudo- Cipriano, si arguisce che Gesù sia nato il 28 marzo, il giorno in cui sarebbe stato creato il sole, secondo il testo di Genesi. La testimonianza antica, che pretende di fissare la data della nascita di Gesù il 25 dicembre, è ricavata dal Cronografo composto da Furio Dionio Filocalo (IV secolo d.C.), calligrafo di Papa Damaso I. Questo documento riporta la tradizione dei Cristiani che celebravano la nascita di Gesù il 25 dicembre.

Da questi dati storici si può approssimativamente stabilire il periodo storico in cui si afferma la festa del Natale celebrata il 25 dicembre, che va tra il 325 e 354 d.C. S’ipotizza che la più antica solennità dell’Epifania sia giunta prima di quelle date dall’Oriente a Roma.  Il 25 dicembre come festa solenne è testimoniata a Roma nel 336 d.C., ipotizzando che essa fosse già celebrata in una data anteriore a questa durante l’Impero di Costantino il Grande. La motivazione che giustifica la scelta del 25 dicembre come giorno solenne della commemorazione della nascita di Gesù, va ricercata nell’infocata riflessione teologica che animava la Cristologia all’inizio del IV secolo.  Ha giocato anche un ruolo importante la festività solenne del 25 dicembre in onore del dio Sole, la quale festa fu in qualche modo innestata con la festa cristiana voluta dall’Imperatore Costantino. Infatti, in questa data i pagani celebravano il giorno del solstizio d’Inverno, a festa del sole nascente, vincitore delle tenebre. E’ indicativa la testimonianza nell’arte figurativa, precisamente quella riguardante uno dei mosaici più antichi di Roma, quello del Mausoleo M. degli Iulii, nella necropoli vaticana, che raffigura Il Cristo-Sole sul carro trionfale (2^ metà del terzo secolo).

La scelta della data del 25 dicembre è stata anche determinata dalle decisioni conciliari riguardante la divinità e l’umanità di Cristo nel Concilio di Nicea (325 d.C.) contro la dottrina ariana che affermava che Gesù alla nascita era solo un uomo, sia pur speciale, creato da Dio. Di conseguenza erano respinte altre teorie teologiche, secondo le quali Gesù sarebbe stato adottato da Dio soltanto al momento del battesimo. La separazione della festa del battesimo e della nascita di Gesù presente nella dell’Epifania era un atto importante per la Chiesa di Roma. Inoltre, questo giorno del 25 dicembre si affermò come una data autonoma della natività di Gesù, sostituendo quella pagana della celebrazione della luce nel solstizio d’Inverno.  Il Vescovo Ambrogio (337-397 d.C.) in una sua predica afferma, nel confronto tra la festa pagana e quella cristiana: “Cristo è il nostro nuovo sole”.  Accanto all’affermazione si pongono dichiarazioni simili rilasciate da Agostino di Ippona (354-430 d.C.) e Papa Leone Magno (390-461 d.C.), evidenziando che i Cristiani erano consapevoli del significato che i pagani davano alla ricorrenza della festa del 25 Dicembre. Ciò che viene messa in risalto è proprio un concetto teologico, un importante riferimento al mistero di Gesù: l’idea che Cristo è la luce del mondo, che risplende nelle tenebre, e che la sua venuta è in relazione con la creazione del mondo, è presente nella fede cristiana al di là delle due festività del 25 dicembre e del 6 gennaio.

Conseguenze storiche e teologiche

Da questa succinta disamina di ordine storico alcune considerazioni di ordine storico e teologico s’impongono. Innanzitutto, il 25 dicembre e il 6 gennaio non datano storicamente la nascita di Gesù. Nelle prime celebrazioni del Natale i Cristiani commemorano non una data, ma un evento di fondamentale importanza per la Chiesa, ossia l’evento Gesù il Cristo, Uomo-Dio, che si manifesta al mondo. Questo evento è rigorosamente documentato nel Nuovo Testamento, soprattutto nei Vangeli di Matteo, Luca e Giovanni, i primi con i cosiddetti vangeli dell’infanzia e l’ultimo con il solenne prologo sulla preesistenza della Parola e la Sua incarnazione. I testi evidenziano l’importanza storica dell’incarnazione della Parola e le sue implicazioni cristologiche, ossia la centralità di Gesù, Uomo-Dio, per l’adempimento del disegno salvifico di Dio. Ciò è causa di gioia e di grande allegrezza per l’Umanità redenta. Gesù Cristo è il centro del Nuovo Testamento, è l’oggetto della fede dei credenti, che si costituiscono come Chiesa, popolo della Nuova Alleanza.  Si possono trovare tracce della natività nelle Epistole di Paolo, specialmente nel grande inno cristologico di Fil. 2:6-11, in cui si parla dell’incarnazione di Cristo e lo stretto rapporto che questo evento ha con l’evento della passione e della resurrezione. Tale inno a ragione è anche definito un mirabile inno di Natale. La solennità natalizia è questa: la Luce splende nelle tenebre.

Dunque, la scelta della data fu motivata in entrambi i casi (6 gennaio e 25 dicembre) dalla consapevolezza che le festività pagane avessero in sé un elemento di collegamento con l’idea specificamente cristiana del Natale. Il Natale mette in luce l’aspetto cristocentrico della rivelazione neotestamentaria attraverso cui sia l’umanità che l’intero cosmo sono illuminati dallo splendore salvifico del Cristo pantocratore. Con il sopraggiungere della festa della Natività il pagano, invitto dio Sole è stato vinto dalla manifestazione umile e potente del Salvatore Gesù Cristo, il Nuovo vero Sole.

Attualità della festa del natale in declino come annuncio del Dio servitore.

Esiste una frangia di Cristiani reazionari, che nutrono un’aspra e agguerrita ostilità alla celebrazione solenne del Natale, etichettandola come festa pagana e foriera di una spregiudicata commercializzazione della ricorrenza festiva del Natale.

Alla prima obiezione abbiamo cercato di rispondere con convincenti motivazioni di ordine storico-teologico.  Per quanto riguarda la seconda obiezione, è doveroso affermare che i Cristiani, che solennemente vogliono celebrare la festa del Natale si distaccano dagli aspetti puramente folcloristici e commerciali, sebbene essi siano usati come piacevole supporto edonistico a una solenne commemorazione di un evento storico, che ha cambiato il corso della storia. Certo, se il Natale si racchiude solo nell’acquisto e nel consumo di beni reclamati, prendendo spunto dalla ricorrenza festiva del Natale, è veramente cosa misera e avvilente, perché oscura e vanifica il suo specifico contenuto storico, da cui s’irradia un’irresistibile spiritualità.

Celebrare solennemente il Natale in senso autenticamente cristiano implica l’impegno indefesso dei credenti di testimoniare la salvezza divina in un’epoca in cui nel mondo occidentale in special modo, prevale uno spirito paganeggiante e ateo, che tende di estromettere Cristo dalla storia nella quale è entrato impetuosamente, stravolgendo le sue categorie concettuali di concatenamenti di eventi ciclici e “eterni”, imponendo una visione cristiana della storia, come un susseguirsi di eventi lineari, destinati a cessare definitivamente con l’avvento definitivo e regale di Gesù il Cristo. In questa festa solenne del Natale, i Cristiani silenziosamente si fermano a considerare con animo assorto e grato l’azione misteriosa e compassionevole del Dio Servitore, che restituisce all’uomo la sua dignità di essere a immagine e somiglianza di Dio. E’ un momento imponente, in cui i credenti si riuniscono per contemplare, adorare Gesù, l’Uomo-Dio. Il mistero dell’incarnazione di Dio nella storia umana è pervaso da una ricchezza spirituale tale da offrire una materia sempre nuova all’approfondimento della riflessione e alla glorificazione di Dio.

Non si può rimanere inerti e indifferenti nell’ascoltare o leggere testi di gaia solarità spirituale come quello di Isaia 9:1: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”, oppure quello di Giovanni 1: In principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio”, o, ancora, quella di Giovanni 1:14: ” E la Parola si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Insomma, l’inabitazione di Dio nel tempo ha determinato una riflessione cristiana del mistero del tempo, il quale, relativizzato, irradia la gloria di Dio con il mistero dell’eternità. Eloquenti e incisive sono le parole di Agostino di Ippona:…”Quali lodi potremo dunque cantare all’amore di Dio, quali grazie potremo rendere? Ci ha amato tanto che per noi è nato nel tempo lui, per mezzo del quale è stato creato il tempo; nel mondo fu più piccolo di età di molti suoi servi, lui che è eternamente anteriore al mondo stesso; è diventato uomo, lui che ha fatto l’uomo; è stato formato da una madre che lui ha creato; è stato sorretto da mani che lui ha formato; ha succhiato da un seno che lui ha riempito; il verbo, senza il quale è muta l’umana eloquenza, ha vagito nella mangiatoia, come bambino che sa ancora parlare”.

L’irruzione gentile di Dio nella storia attraverso il Logos-Gesù è un inno alla vita, alla gioia di vivere, che raggiunge la sua apoteosi con la Sua Resurrezione, con cui Dio uccide la morte e consegna l’uomo che crede alla Vita, superando i limiti del tempo, anch’esso trasfigurato dalla prospettiva dell’eternità.

L’uomo è chiamato a superare l’angoscia esistenziale contrassegnata dalla sofferenza, dall’inquietante disumanizzazione dell’uomo e dal male supremo della morte.  Le ideologie intra terrene con i suoi messaggi retorici di pace e fratellanza universale sono naufragate nel pantano melmoso delle contraddizioni umane, in cui prevale il potere del più forte sui deboli, dove l’uomo è lupo per l’uomo, le prevaricazioni e le continue ingiustizie consumate con spirito machiavellico, le aberranti manovre della grande finanza e delle forze economiche, politiche e culturali. L’incarnazione della Parola, Gesù il Cristo, irradia il malessere angosciante del vivere quotidiano dell’uomo di una calda luce luminosa, penetrando nei luoghi più recessi dell’anima umana e illuminandola di gioia, la gioia del vivere la propria umanità umanizzata dall’afflato divino.

Libera iniziativa di Dio, mossa dall’agape-amore, di donare all’uomo la Vita, è foriera di una Nuova Umanità, determina la nascita di un secondo Adamo.

Con L’Iddio incarnato la speranza dell’uomo nuovo brilla come stella lucente nel cielo tenebroso e oscuro dell’anima umana.

Paolo Brancé | Notiziecristiane.com

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