IL PASTORE OSTE

Rivolgersi ai pastori non è compito semplice. Non credo lo sia mai stato in passato e certamente non lo è in questi tempi così impegnativi e sfidanti.
Mai come oggi s’avverte forte la responsabilità, quando si parla del Ministero, di non procedere a tentoni, né assecondando i soliti luoghi comuni.
Il ministero cristiano – in particolare il “pastorato” – è sottoposto a sollecitazioni incredibili e non facilmente comprensibili da chi non vi è coinvolto in prima persona.
Da un lato c’è chi, senza troppo riflettere, censura e giudica i conservi senza misericordia, mettendone in discussione l’onestà, l’integrità e l’efficacia. D’altro canto c’è chi, in maniera altrettanto sbrigativa, si avventura in complimenti ed elogi autoreferenziali dimenticando che, seppure l’apprezzamento del ministero non sia certo diabolico, il servitore del Signore deve aspettarsi l’incoraggiamento e l’apprezzamento non ‘qui, ora e dall’uomo’, ma quando apparirà il Supremo Pastore, riceverà da Lui la corona della gloria che non appassisce (cfr. 1Pietro 5:4).
Il senso di responsabilità che pesa su chi deve rivolgersi ai pastori mi ha portato a riflettere sulla figura dell’oste nella parabola del buon samaritano.
Al di là del significato univoco della parabola, essa si presta a infinite applicazioni spirituali, una delle quali è quella della figura del ‘pastore oste’, che offre i suoi servigi nella locanda sulla strada pericolosa.
È forse questo il migliore dei modi per incoraggiare il ministero cristiano: non semplicemente elogiare o censurare, ma offrire un modello biblico di riferimento, fiduciosi che lo Spirito Santo guiderà il Suo servitore alla riflessione, che produrrà incoraggiamento o correzione (molto probabilmente entrambi) per fortificarlo nella sua missione.
È edificante notare l’affidabilità di questo oste che accoglie l’uomo ferito, portatogli da chi l’ha raccolto per strada e ha già cominciato in lui un’opera, e ritenuto tanto degno di fiducia da essere pagato in anticipo.
È interessante osservarne la responsabilità, giacché è considerato in grado di “prendersi cura” adeguatamente dell’uomo ferito.
È commovente notare come, nella sua disponibilità, il pastore-oste è considerato dal “Salvatore” uno che sarà disposto ad “anticipare del suo” per curare un estraneo.
Infine, come si può non elogiare la fedeltà dell’oste? Il Samaritano, infatti, sa che lo troverà al proprio posto, al Suo ritorno.
Cari conservi, come il Samaritano con l’oste, Dio ci ha considerato affidabili e responsabili tanto da darci in cura il gregge che ha acquistato con il Suo sangue. Egli si aspetta che, con disponibilità e fedeltà, portiamo avanti questa missione, senza risparmiare e senza risparmiarci, sempre al nostro posto, fedeli sino alla fine.
Ringraziando il Signore per i tanti Suoi servitori che in questa terribile pandemia hanno tenuto duro e continuato il loro lavoro senza posa, preghiamo che Egli fortifichi coloro che sono provati e vicini allo sfinimento e, se ve ne fosse bisogno, rimetta in carreggiata quelli che, per diverse ragioni, hanno perso la strada.
Infine, permettetemi un sentito, accorato appello a tutte le sorelle e i fratelli delle nostre chiese perché preghino per i loro conduttori, affinché possano essere incoraggiati e restare fedeli alla loro chiamata e le nostre comunità continuino ad essere delle accoglienti “locande” per tutti coloro che, feriti e sfregiati dal peccato, cercano salvezza, liberazione e guarigione mediante la fede in Cristo Gesù!

Gaetano Montante
dalle note della predicazione esposta il 21 maggio 2020 al Convegno Pastorale delle CCINE

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