Il restroscena dell’omosessualità secondo Giorgio Ponte

Uno degli ospiti che ha caratterizzato la scorsa stagione di Missione Paradiso Live è stato lo scrittore Giorgio Ponte. Egli ha raggiunto la sua popolarità grazie all’autopubblicazione del libro “Io sto con Marta”, in seguito editato dalla Mondadori per il grande successo avuto nel 2014. Un altro aspetto che ha contraddistinto la sua notorietà, è stato il fatto di considerarsi di tendenza omosessuale, sottolineando però di non definirsi omosessuale o gay, quindi contrapponendosi alla più diffusa e comune ideologia omosessualista che considera questa scelta come una forma nuova d’identità, innata e libera.

Giorgio Ponte ha condiviso con noi la sua testimonianza, la sua vita e le sue scelte. Lo scrittore ha raccontato di essere cresciuto in una situazione familiare particolarmente travagliata, poiché i suoi punti di riferimento erano solo figure femminili e il padre era fondamentalmente assente. Questo scenario ha indotto Giorgio a rifugiarsi in fantasie dove lui prendeva le forme di una principessa da dover essere salvata, cominciando di fatto a provare attrazione per uomini dello stesso sesso, tra l’altro anche più grandi, subendo anche degli abusi in età adolescenziale. Lo scrittore ha testimoniato che in seguito la fede è stata quella che ha fatto luce sul suo vissuto e sulle scelte che aveva intrapreso, iniziando così un cammino introspettivo di consapevolezza, riconoscendo l’omosessualità o l’attrazione per persone dello stesso sesso non come un’identità ma piuttosto come il suo esatto opposto, in quanto essa rappresenterebbe il sintomo di un vissuto infantile difficile, privo di amore. Ecco perchè Giorgio Ponte nella fede ha ritrovato quell’Amore vero di cui Cristo parla, e non quello sessualizzato di una relazione.

Questa posizione controtendente ha suscitato fortissime critiche (soprattutto dai partiti arcigay e dalle comunità LGBT) che sono sfociate in insulti e violenze, denotando una mancanza di rispetto della libertà di pensiero. Giorgio Ponte, infatti, ha sostenuto che le influenze mediatiche, quindi anche politiche, vogliono imporre un unico pensiero, trasmettendo l’idea che “il diverso” sia minaccioso e cattivo, alimentando così odio e divisione. Il Ddl Zan e Scalfarotto rappresenta un’azione tipo dell’influenza mediatica, politica e sociale, in quanto essa farebbe leva sulla necessità di una legge specifica per il dilagare incontrollato di violenza  e soprusi, e farebbe leva su un continuo stato di frustrazione degli omosessuali, quando in realtà i deputati Zan e Scalfarotto sono ben poco preoccupati del benessere degli omosessuali, ma piuttosto sono preoccupati a portare avanti questo progetto più per interessi di natura economica, in quanto l’approvazione di questo Ddl dà il via a grossi finanziamenti e investimenti per le comunità e i partiti arcigay, di cui loro stessi ne fanno parte. Secondo lo scrittore Ponte «una ferita interiorizzata ha convinto che il mondo lì fuori fosse tutto uguale e l’attivismo gay alimenta questa bugia […] ma non è così. L’unico modo per alimentare questa bugia è tappare la bocca a tutti quanti, e al contrario, l’unico modo per scoprire che fuori c’è un mondo di fratelli che ti ama, che non ti giudica per le tue fragilità, perchè è fragile come te, anche se ha una manifestazione diversa della stessa ferita, l’unico modo è entrare in relazione autentica e smettere di avere paura, invece una legge di questo tipo non lo fa.»

Giorgio Ponte, inoltre, ha enfatizzato che il pensiero cristiano non giudica e non odia gli omosessuali. L’omosessualità in sè, intesa come il sentirsi attratti dallo stesso sesso, non è peccato ma è la condizione per cui si può essere tentati, rischiando quindi di peccare. Lo scrittore ha raccontato di essersi sentito graziato perchè nel suo percorso ha incontrato persone di fede che lo hanno fatto sentire amato e lo hanno guidato ad osservarsi e a considerare cosa sia l’amore quello vero e completo, decidendo di non “praticare” l’omosessualità in quanto “palliativo”, ma praticare piuttosto l’Amore di Cristo. Ponte, infatti, ha detto: «se tu ami dell’Amore di Cristo cioè se ami l’altro per la libertà dell’altro e la sua vita, per dare la vita all’altro, nessuna chiesa ti dirà che è sbagliato, il punto è capire che quello è l’Amore di Cristo, non l’amore romantico ecc… se tu ami un altro uomo di quell’amore, non c’è bisogno che ci vai a letto».

Insomma Giorgio Ponte ha voluto dire, attraverso la sua vita stessa e le sue esperienze, che la vera libertà non è fare necessariamente tutto quello che si vuole, ma piuttosto comprendere realmente se stessi, accettando le proprie debolezze per trasformarle. Egli ha avvisato di non cadere nell’inganno delle leggi liberticide che minano la libertà di tutti, sfruttando le ferite e i disagi delle persone per raggiungere scopi lontani da un vero altruismo, alimentando solamente un odio sempre più dilagante e una divisione sempre più netta. Giorgio Ponte ha concluso e invitato a credere veramente nella libertà di pensiero, nella libertà.

missioneparadiso.it

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook