Il tribunale del popolo ha deciso: è meningitefobia Ma la scienza (e il buon senso) smentiscono

Negli scorsi giorni due fenomeni – tra loro collegati – hanno caratterizzato il panorama sanitario. Da una parte un sovraffollamento spaventoso dei reparti di pronto soccorso degli ospedali, dall’altra parte un enorme richiesta rivolta ai servizi vaccinazioni delle aziende sanitarie di vaccini anti-meningite.

Dicevamo che si tratta di fenomeni correlati perché una grande percentuale delle affluenze al pronto soccorso era motivata, sia per bambini che adulti, da sintomi di febbre alta. Il lettore si chiederà: che c’è di strano? Siamo in inverno, e siamo in piena stagione influenzale. Già, ma molta gente, di fronte alla presenza di febbre, va a pensare alla Meningite, che è decisamente la malattia del momento. Le notizie di casi di questa malattia verificatisi negli ultimi mesi hanno scatenato una vera fobia collettiva, e come si diceva sopra, oltre a pensare al peggio di fronte a banali influenze, si è scatenata una vera e propria caccia al vaccino, che per certi aspetti ha del paradossale.

Fino a poche settimane fa infatti si parlava del problema della diminuzione dei tassi di copertura vaccinale, della disaffezione e dei sospetti di molti genitori di fronte alle vaccinazioni e ai loro possibili effetti collaterali, con conseguenti provvedimenti legislativi da parte di Regioni come l’Emilia Romagna, di cui la Nuova BQ ebbe modo di occuparsi. Oggi invece arrivano migliaia di richieste di vaccinazioni anti-meningococco, sia per i minori che per gli adulti. Improvvisamente i vaccini non provocano più autismo né altre svariate patologie, ma sono la panacea per questa infezione, la meningite, il cui solo nome provoca terrore.

Come commentare tutto questo? In primo luogo con una valutazione sconsolante: nella nostra società è prevalente un approccio ai problemi della salute essenzialmente di tipo emotivo, e di una emotività molto irrazionale. Si tratta di una delle manifestazioni di quella che il teologo morale e bioeticista don Michele Aramini ha definito la cultura della post-durezza. Sono finiti i tempi della durezza del vivere, i tempi dei sacrifici. Siamo abituati al benessere, alle coccole. Di fronte ad un bambino con la febbre, il genitore appartenente a questa cultura che fa? Porta il bambino al pronto soccorso, pensando immediatamente al peggio. Non sa – o non vuole sapere – che il pronto soccorso è un servizio per pazienti con patologie gravi, serie.

Non gli importa di andare ad intasare questi servizi primari, facendone un uso improprio e dannoso per la comunità. Non sa, o non vuole sapere che esiste il pediatra o il medico di base, il servizio di Guardia Medica e così via. Lui corre al pronto soccorso. Le nostre mamme, quelle della cultura della durezza, ci curavano dai febbroni con tutti i mezzi naturali e farmacologici che tutti ben conoscevano, e all’ospedale si andava davvero solo per casi importanti. La cultura della post durezza si atterrisce di fronte alla febbre, si smarrisce di fronte a qualche caso di meningite, ed invoca la panacea: il vaccino.

Da qui le migliaia di telefonate ai centri vaccinali che stanno addirittura sortendo un effetto politico: la Regione Lombardia si sta apprestando in questi giorni a legiferare in materia di meningiti, offrendo il vaccino in co-pagamento a tutta la popolazione che ne farà richiesta. Non è più la scienza, l’evidenza scientifica, che detta l’agenda dell’organizzazione sanitaria,ma la spinta emotiva del momento. Poco importa che l’evidenza scientifica ci dica che non c’è alcuna epidemia di Meningite.

Lo scorso anno i casi segnalati in tutta Italia – un Paese di 60milioni di abitanti – sono stati circa 120. Uno ogni 500.000 abitanti in un anno. Non sembra proprio un’epidemia. Tuttavia, con un meccanismo strano di lettura emotiva, parziale, quasi paranoica, dei dati reali, si sta diffondendo questa paura.

C’è anche un altro aspetto su cui riflettere: “L’unica prevenzione è il vaccino”, si sente dire. Non è vero. Diversi dei casi che si sono verificati recentemente erano di meningiti causate da batteri – come l’escherichiacoli – molto diffusi e per i quali non c’è vaccino. E se invece si cercasse di migliorare l’educazione basilare all’igiene? Un tempo se ne parlava nelle scuole, o erano le famiglie stesse ad insegnare certe regole elementari. Sempre più spesso si vede gente che starnutisce o tossisce senza mettere la mano davanti alla bocca, come appunto ci insegnava la nonna.

I batteri che causano le meningiti sono quasi tutti trasmessi per via aerea, attraverso cioè le micro goccioline di saliva che noi emettiamo con tosse, starnuti, o altri modi molto maleducati. Sempre più spesso si vede in giro gente che sputa per terra, con un ritorno ad una barbarie sanitaria che si pensava appartenesse ad altri tempi. Perché allora non impegnarsi anche sul fronte dell’educazione sanitaria, della cara vecchia igiene oggi molto trascurata? Poi eventualmente si può anche parlare di vaccinazioni, vagliando attentamente l’offerta vaccinale, e anche le reali necessità di prevenzione, a partire dai dati epidemiologici.

Questo può essere un buon modello di sanità nell’epoca della cultura della post-durezza, che a sua volta rappresenta una notevole minaccia per il benessere non solo fisico,ma soprattutto morale e spirituale.

di Paolo Gulisano | Lanuovabq.it

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