Il volto della lotta al cambiamento climatico: Saño Naderev

Il-volto-della-lotta-al-cambiamento-climatico-Sano-Naderev_mediumLa rivista scientifica Nature ha da poco considerato la sua storia una delle dieci più rappresentative dell’anno appena passato ed effettivamente, se la lotta al cambiamento climatico nel 2013 avesse un volto, sarebbe quello di  Saño Naderev. In pochi mesi il capo della delegazione filippina della Conferenza delle parti (Cop) dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc), sia a Doha nel 2012 che a Varsavia lo scorso novembre, è diventato una bandiera della coscienza ambientalista o, se si vuole, la prima vittima della cattiva coscienza delle nazioni impegnate solamente nelle intenzioni contro il Global warming.La delegazione filippina per anni ha esposto alle varie Cop i tragici resoconti di prima mano degli effetti del cambiamento climatico e se Naderev durante la Cop18 di Doha del 2013 diventò famoso per la sua richiesta alla comunità internazionale perché agisse per arrivare ad un accordo che dia benefici già alla prossima generazione, è stato in Polonia che il suo appello è diventato ancora più autentico. Naderev, infatti, è giunto a Varsavia mentre il tifone Haiyan, uno dei più potenti mai registrati dall’uomo, aveva appena devastato il suo paese. Ha appreso la notizia che il fratello, disperso, era sopravvissuto quando era ormai in Europa e come l’anno prima a Doha ha chiesto l’attenzione dei delegati ricordando commosso a tutti che “La scienza ormai ce lo dice in modo semplice, cambiamento climatico significa tempeste tropicali più intense. Mentre la Terra si riscalda, lo fanno anche gli oceani. L’energia immagazzinata nelle acque al largo delle Filippine aumenterà l’intensità dei tifoni e la tendenza che vediamo oggi è che le tempeste più distruttive saranno una nuova normalità”.

Come tutti i presenti alla Conferenza delle parti polacca anche Naderev aveva probabilmente letto l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change(IPCC), che non solo ha confermato l’impronta umana sui cambiamenti del clima, ma ha anche sottolineato come uno scenario probabile per il prossimo futuro prevede un incremento sensibile del livello dei mari e un aumento di fenomeni estremi, come la siccità e tempeste, cicloni, tifoni o comunque vogliate chiamare quei fenomeni meteorologici con forti venti e forti piogge. Anche per questo non ha usato mezzi termini quando ha ricordato nel suo discorso che “Non è possibile assistere e addirittura partecipare a questa insostenibile inazione sapendo che nel prossimo futuro il mio e altri paesi dovranno affrontare eventi come il tifone Haiyan […] ma questo destino, per il mio paese e per il mondo, non è già scritto. È possibile evitarlo. O, comunque, ridimensionarlo. Sappiamo cosa fare. Occorre solo decisione e rapidità” ha spiegato Naderev, che non si è nascosto dietro il suo ruolo di delegato delle Nazioni Unite. “In questi ultimi giorni, ci sono momenti in cui sento che dovrei manifestare insieme ai sostenitori del clima che affrontano pacificamente coloro che sono storicamente responsabili per lo stato attuale del clima, queste persone altruiste che lottano contro il carbone, si espongono a temperature polari o bloccano oleodotti. Infatti, stiamo assistendo ad un aumento della frustrazione e quindi a una maggiore disobbedienza civile. Queste persone e molti altri nel mondo che ci fanno da coscienza, ci ricorderanno ancora questa enorme responsabilità. Noi dovremmo essere con loro, con i giovani che qui ci ricordano costantemente che il loro futuro è in pericolo, con gli eroi del clima che rischiano la propria vita, la propria reputazione e le libertà personali per fermare le perforazioni nelle regioni polari e con quelle comunità che si ribellano alle fonti di energia insostenibili e distruttive”.

L’accorato appello di  Saño Naderev di fatto ci ha ricordato, se mai ce ne fosse bisogno, che dopo lo slancio illuminato del Protocollo di Kyoto dell’11 dicembre 1997, ratificato il 16 febbraio 2005, l’ecodiplomazia non ha saputo produrre altro. I negoziati procedono con una lentezza che sembra molto simile all’immobilità e non stiamo facendo quello che dovremmo. Così dopo diciannove Conferenze delle parti siamo ancora qui a farci domande, mentre la crescita in atmosfera di gas serra non rallenta, tanto che in aprile alle Hawaii hanno verificato che l’anidride carbonicaha superato la soglia delle 400 parti per milioni. Non accadeva da centinaia di migliaia di anni e il trend non sembra voler invertire la marcia. Contenere un pericoloso cambiamento climatico di natura antropica, infatti, è un obiettivo che corre di pari passo con quello di promuovere le fonti energetiche rinnovabili, scoraggiando l’utilizzo di quelle fossili. Eppure nel mondo questa è una corsa che va alla rovescia: secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (Iea) i governi hanno pompato nell’economia 523 miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili soltanto nel 2011. “Dal punto di vista del cambiamento climatico – ha denunciato su Project syndicate Kevin Watkins, il direttore esecutivo dell’Overseas Development Institute – questo è un mondo capovolto: per ogni dollaro di supporto alle energie rinnovabili, altri 6 promuovono i carburanti ad alta intensità di carbonio”. Questa enorme sproporzione, ha precisato Watkins, è dovuta in gran parte a politiche adottate nei paesi in via di sviluppo, ma anche il tecnologico Occidente ha una bella fetta di responsabilità. In media i paesi ricchi sussidiano le fonti fossili con una cifra pari a 7 dollari per tonnellata di CO2 emessa, circa 112 dollari per ogni cittadino. “È difficile pensare a un uso più irresponsabile di denaro pubblico”, ha concluso Watkins.

Si tratta di una logica perversa cui neanche l’Italia sfugge. Secondo le più recenti stime di Legambiente, nel nostro Paese gli incentivi diretti e indiretti ai combustibili fossili ammontano a 9 miliardi di euro l’anno, una cifra pressappoco pari a quella concessa alle fonti rinnovabili. È così in atto un paradosso che non ha spiegazione all’interno di una logica di sviluppo sostenibile e di qualsiasi concreta lotta ai cambiamenti climatici.Anche per questo Naderev ha deciso di iniziare uno sciopero della fame che sarebbe durato fino a quando i suoi colleghi, rappresentanti di quasi duecento paesi, non avrebbero assunto impegni precisi per contrastare i cambiamenti del clima. Il suo sciopero della fame, una forma di comunicazione piuttosto rara nella storia della diplomazia e del tutto inedita nella storia dell’ecodiplomazia, è durato 14 giorni, fino alla conclusione della Conferenza di Varsavia. In apparenza Naderev Saño ha ottenuto poco e dopo i sonori applausi per il suo intervento non è seguita ancora alcuna azione concreta. Solo un impegno a impegnarsi. Un impegno che dovrà prendere corpo in occasione della Conferenza delle Parti che si terrà a Parigi nel 2015. Rimane la speranza che il gesto inconsueto di questo giovane diplomatico filippino spinga i governi e i popoli a prendere finalmente coscienza della realtà che la scienza ci pone davanti: sono in atto rapidissimi cambiamenti del clima che ci propongono un futuro indesiderabile. Possiamo e dobbiamo agire. Grazie Naderev Saño per avercelo ricordato così, tra le lacrime tue e quelle del tuo popolo.

Alessandro Graziadei

Fonte: http://www.unimondo.org/

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