In risposta all’attacco di Dave Hunt alle Dottrine della Grazia

Presupposizioni errate

Analogamente, l’opinione di Dave Hunt sul Calvinismo è seriamente compromessa dalla sua stessa accanita insistenza nell’abbracciare diversi presupposti sbagliati. So che le sue idee sbagliate su questi temi sono state pazientemente, accuratamente affrontate e corrette dai suoi stessi amici calvinisti, visto che le testimonianze scritte di quei discorsi sono dappertutto su Internet; ma Hunt persiste ostinatamente nel mettere in discussione il Calvinismo, piuttosto che permettere ai calvinisti di parlare in prima persona di ciò in cui credono.

 

Per questo motivo, egli sostiene, in effetti, che la dottrina dell’elezione si basa essenzialmente sulla riprovazione. Egli travisa la natura della grazia divina, facendo della grazia e della misericordia qualcosa che Dio è tenuto a mostrare a tutti in egual misura (Il concetto che la misericordia possa essere gratuita e obbligatoria allo stesso tempo non sembra mai creare nessun problema in Hunt). Inoltre, egli commette l’errore secolare che ogni arminiano ignorante fa sin dai tempi di Pelagio: Hunt insiste sul fatto che la responsabilità umana implica la capacità umana.

 

Questo è il cuore dell’errore di Dave Hunt. Egli è convinto che la responsabilità di ogni peccatore sia condizionata dalla propria capacità, per cui se il peccatore non è in grado di vivere secondo uno standard divino, allora lo standard stesso è ingiusto.

 

In questo modo si ignora tutto ciò che la Bibbia insegna sul perché la Legge è causa di giudizio per i peccatori. I peccatori, per definizione, non possono rispettare la legge. Non possono obbedire perfettamente nemmeno al primo e più grande comandamento: “Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente” (Mat. 22:37). Tanto meno possono soddisfare la richiesta impressionante di Gesù nel Sermone sul Monte: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli” (Mat. 5:48). Dave Hunt crede seriamente che l’obbedienza a questo comandamento rientri nell’ambito delle sue capacità? In caso contrario, sosterrà che Gesù ha ingiustamente fissato uno standard troppo alto?

 

Si tratta di questioni teologiche di base, e la quantità di commentari e di teologie sistematiche che le trattano con competenza riempirebbe probabilmente un grande magazzino; ma Dave Hunt respinge tutto questo senza un solo argomento della Scrittura o una ragionevole argomentazione, in quanto è convinto che Dio non chieda mai a un peccatore decaduto di fare qualcosa che è impossibile da fare per lui. L’intero castello di carte di Hunt è quindi spazzato via dalla chiara affermazione di Romani 8:7-8: “Per questo la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo. Quindi quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio”.

 

“Spaventapasseri”

 

Naturalmente, i fallaci presupposti di Hunt diventano il materiale per imbottire per una serie notevole di “spaventapasseri” che egli stesso crea.

 

Per esempio, insiste che il Calvinismo fa di Dio l’autore e la causa efficace del peccato (un errore comune smentito chiaramente e definitivamente da ogni calvinista che ha trattato questo argomento e da ogni confessione di fede calvinista che lo ha affrontato). Infatti, la Confessione di Fede di Westminster III.1 (di fatto è calvinista) dice: “Dio, da tutta l’eternità, per il più saggio e santo consiglio della Sua volontà, liberamente e immutabilmente ordinò qualunque cosa sarebbe esistita; tuttavia in modo tale che né Dio è l’autore del peccato, né violenza è fatta alla volontà delle creature; né è rimossa la libertà o la contingenza delle cause seconde, ma sono piuttosto stabilite”. Questa è la stessa cosa che ripetutamente Dave Hunt sostiene che i calvinisti neghino.

 

Hunt suggerisce spesso che i calvinisti credono che solo pochi saranno salvati, un’accusa fortemente confutata da una schiera di calvinisti che vanno da Calvino stesso a Charles Spurgeon a Lorraine Boettner. (Hunt elenca diverse delle principali risorse calviniste nella sua bibliografia, ma perché non interagisce con le loro argomentazioni?)

Ancor di più, Hunt sostiene che il Calvinismo minimizza l’amore di Dio. Questa accusa si riflette nel titolo e sottotitolo del libro. In breve, Hunt ignora deliberatamente ogni distinzione tra Calvinismo e Ipercalvinismo, sostenendo che tutti gli errori dell’Ipercalvinismo sono semplicemente le conclusioni logiche e necessarie a cui conducono inesorabilmente tutte le tipologie del Calvinismo.

 

Uno degli “spaventapasseri” preferiti di Dave Hunt è l’idea che il Calvinismo è inestricabilmente legato a Giovanni Calvino, come se la validità di queste dottrine sorga automaticamente o cada in relazione al carattere del grande riformatore. Come risultato, Hunt dedica una notevole quantità di energia per infangare e diffamare la reputazione di Giovanni Calvino. Infatti, prima ancora che inizi il capitolo 1, Dave Hunt ha fatto di tutto per demonizzare Calvino dipingendolo come un despota spietato e un sedicente Papa protestante il cui “comportamento palesemente anticristiano”, sostiene Hunt, avrebbe scioccato chiunque ne fosse venuto a conoscenza (p. 13).

 

Hunt, ben noto per la sua forte opposizione al cattolicesimo romano, non esita affatto a prendere in prestito delle calunnie contro Calvino dagli stessi apologeti cattolici romani, mentre (in altri contesti) Hunt afferma che questi sono deliberatamente fuorvianti e del tutto inaffidabili nella loro rappresentazione del resto della storia e della teologia protestante. Qui, egli felicemente si mette dalla parte dei nemici del protestantesimo, e senza battere ciglio cita la propaganda cattolica sia moderna sia medievale come se fossero fatti inattaccabili, allo scopo di macchiare la reputazione di Calvino.

 

Le incessanti denunce di elitarismo da parte di Hunt sono un’argomentazione dello “spaventapasseri”. Tale atteggiamento ipocrita è sconveniente per un apologeta della statura di Dave Hunt. L’analisi di James White delle denunce di elitarismo raggiunge il bersaglio:

 

Elitarismo: La parola richiama immediatamente alla mente atteggiamenti di snobismo e di arroganza. Nel mondo di oggi, politicamente corretto, “le etichette sono ciò che portano al dibattito”, l’elitarismo è un importante strumento. Si attacca alla persona come il succo d’uva su un tappeto: una volta fatta l’accusa, è quasi impossibile confutarla. Ha il meraviglioso vantaggio di infiammare le emozioni. Quando sei in una posizione scomoda, e il tuo avversario si sta avvicinando per vincere, funziona in modo molto simile alle ghiandole olfattive di una puzzola. Spesso può fornire la via di fuga ponendo fine a ogni pensiero razionale e dandovi un’ultima arma da usare contro qualcuno (e non richiede assolutamente nessuna verità da utilizzare!).

 

Non ricordo di essere mai stato chiamato elitario fino a quando Dave Hunt non lo fece in una lettera nel 2001. L’avevo confrontato su una questione di greco. Ora, attenzione, l’ha sollevata lui. In un discorso che tenne contro il Calvinismo in una Calvary Chapel, fece delle affermazioni, e io gli feci notare che si sbagliava. Ora, logicamente, dato che Hunt ha sollevato la questione includendo dichiarazioni a partire dalla lingua greca (grammatica, significato, ecc.), non può assolutamente accusare altri di elitarismo per aver fatto riferimento allo questa argomentazione quando lo fa lui stesso. Il termine chiave è “logica”, poiché l’accusa di elitarismo non si basa sulla logica, ma sull’emozione e sulla tradizione. Da qui, il fulcro dell’accusa: non è necessario fornire una base significativa per il suo utilizzo. Si possono sollevare questioni di greco, e anche fare come Dave Hunt nelle sue lezioni e nei suoi libri, dove fa grandi affermazioni sulla traduzione “corretta”  o sul “significato” di un termine greco, senza, in qualche modo, diventare un elitario in tutto questo! Si può accusare di essere un elitario, chiunque si presenti e dimostri che siete in errore nelle vostre affermazioni e come incentivo, comportatevi come se l’accusa che avete fatto confutasse la dimostrazione del vostro errore, in modo da poter continuare a commettere lo stesso errore anche se non avete risposto ai fatti che dimostrano che vi sbagliate!

 

Naturalmente, se avete tempo per farlo, la denuncia funziona molto meglio quando è combinata con un appello emotivo al pubblico. Se si può (implicitamente, ovviamente) affermare di essere una vittima, e che l’“elitario” vi ha “attaccato”, tanto meglio. La ricaduta emotiva che ne deriva dovrebbe offuscare tutte le menti, tranne quelle più allenate, non solo permettendovi una ritirata tattica, ma, se lo scegliete, l’opportunità, almeno nella mente di alcuni, di trasformare una situazione di sconfitta in una vittoria!

 

È difficile resistere alla conclusione che porta ad affermare che Dave Hunt travisa volontariamente i suoi avversari nella disperata ricerca di moltiplicare gli “spaventapasseri”.

In un messaggio che Hunt ha dato di recente alla Calvary Chapel di Greg Laurie, ha sottinteso di aver letto il libro di John MacArthur, Il Dio che ama. Riassumendo il messaggio del libro con queste parole: “Fondamentalmente afferma che Dio non ama tutti”. In realtà, il libro di MacArthur smentisce l’idea ipercalvinista che Dio non ama tutti, ma Hunt è estremamente determinato a infangare MacArthur di Ipercalvinismo: cita una dichiarazione che MacArthur corregge in diverse pagine e la attribuisce in modo offensivo a MacArthur!

 

Questi non sono gli atteggiamenti di qualcuno che è sinceramente preoccupato per la verità.

Una prospettiva priva d’amore dei suoi avversari

Infine, il libro di Dave Hunt è seriamente compromesso da una retorica dura e da un atteggiamento verso il Calvinismo che spesso sembra fortemente estremista. Egli accusa abitualmente i calvinisti di adorare un dio di loro creazione e di predicare un vangelo distorto di loro stessa ideazione. Tali denunce, se vere, giustificherebbero gli anatemi più duri (Gal. 1:8-9).

 

Mi rendo conto che alcuni che si definiscono calvinisti prendono una posizione simile contro l’arminianesimo, insistendo sul fatto che nessun arminiano può essere un vero cristiano. Ho sempre affermato chiaramente che tale intolleranza estrema da parte dei cosiddetti “calvinisti” è in realtà una forma di Ipercalvinismo, che riflette un atteggiamento non caritatevole che non è giustificato da alcun insegnamento della Scrittura. Il Vangelo – includendo le realtà che riguardano la divinità di Gesù, la sua incarnazione, la sua morte, la sua risurrezione e la dottrina della giustificazione mediante la fede – è la pietra di paragone dell’ortodossia (Rom. 4:4-5; 2 Gv. 7-11; Gal. 1:8-9), non ciò che si crede della predestinazione, della chiamata efficace o dell’estensione dell’espiazione.

 

Tuttavia, se questa sorta di segregazione ipercalvinista merita di essere condannata, allora la stessa faziosità che proviene da una prospettiva arminiana è altrettanto ripugnante e degna di essere rimproverata (la prospettiva di Dave Hunt è quella dell’arminianesimo classico, anche se sembra evitare quell’etichetta).

 

In altre parole, il libro di Dave Hunt è causa di inutili divisioni. Lo dimostrano i frutti del dibattito, compresi gli atteggiamenti smodati e le denunce che la propaganda di Hunt ha suscitato. Conosco almeno due chiese che si sono letteralmente divise quando i lettori troppo zelanti del libro di Hunt hanno cercato di tamburellare campagne per scaricare i loro pastori che erano arrivati a “insegnare l’errore mortale della predestinazione”. Che amore è questo? è un pessimo libro, e purtroppo ha minato la credibilità di Hunt e il valore del suo precedente operato indirizzato a smascherare i veri errori.

 

Hunt, i suoi redattori e i suoi colleghi si sono tutti lamentati amaramente che tali critiche nei confronti del suo rabbioso anticalvinismo sono di per sé intrinsecamente poco caritatevoli e crudeli. Senza dubbio respingerà tutte le mie critiche con la sua solita denuncia. Purtroppo, il suo libro è talmente pieno di fallacie, false denunce e altri difetti che l’unico modo appropriato per valutare il suo lavoro è quello di evidenziare i problemi in modo chiaro.

Mi dispiace molto che Hunt (che ha sempre professato un apprezzamento per la schiettezza) sembri ritenere che tutte le critiche al suo lavoro siano ingiuste. Nel leggere le reazioni dei suoi critici ho notato che per la maggior parte (con alcune notevoli e sfortunate eccezioni), sono stati molto più cauti, misurati e caritatevoli di Hunt.

Hunt stesso lo è stato. Il suo costante lamentarsi del tono dei suoi critici è per la maggior parte totalmente fuori luogo ed estremamente ipocrita.

 

In fin dei conti, Che amore è questo? è un libro davvero pessimo. Purtroppo, non c’è modo di essere onesti su questo e renderlo un complimento. A volte – e questa è una di quelle volte – un complimento sarebbe semplicemente il messaggio sbagliato da inviare.

 

“Che Dio predestina, e che l’uomo è responsabile, sono due cose che pochi possono vedere: si pensa che entrambe siano incoerenti e contraddittorie, ma non lo sono. È solo colpa del nostro debole giudizio. Queste due verità non possono contraddirsi l’una con l’altra. Se, quindi, trovo che in un punto mi viene insegnato che tutto è preordinato, questo è vero; e se trovo che in un altro punto l’uomo è responsabile di tutte le sue azioni, questo è vero; ed è la mia insensatezza che mi porta a immaginare che due verità non possano mai contraddirsi a vicenda. Queste due verità potranno mai essere saldate in una su qualsiasi incudine umana, ma lo saranno nell’eternità: sono due linee quasi parallele, che la mente che cerca di seguire il più lontano possibile, ma non capirà mai che convergono; esse convergeranno, e si incontreranno da qualche parte nell’eternità, vicino al trono di Dio, da cui scaturisce ogni verità”, (Charles Spurgeon, Sovereign Grace and Man’s Responsibility New Park Street Pulpit, vol.4).

 

Traduzione a cura di Andrea Lavagna.

 

 

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