Io resto a casa per pregare

Di questi periodi ognuno sta vivendo il proprio periodo di #iorestoacasa con una certa tensione e paura da contagio.

Purtroppo è una realtà oggettiva, pandemica quella del virus Covid-19 che mette a nudo le nostre esistenze le nostre fragilità e i nostri vissuti. Chi ad esempio non ha vissuto buone relazioni familiari è costretto a confrontarsi con esse; chi dipendente da sostanze, da gioco patologico, chi soffre di attacchi di panico dovuto a claustrofobia trova difficoltà e costrizioni nello stare a casa. Insomma la situazione di emergenza ci confronta con noi stessi, con le nostre paure, ma soprattutto ci invita a fare riferimento alla propria coscienza e sarebbe il caso di adottare un piano personale di presa di consapevolezza dei propri valori, di come si è vissuto fino ad oggi, in quale fede e in che modo si è stati fiduciosi in essa. L’appunto è ad un esame di coscienza personale, intima con noi stessi, come giustamente Gesù invita qualora si voglia pregare: «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate» (Matteo 6,5-8). Gesù da buon psicoterapeuta ci invita alla interiorità per la riscoperta di un nuovo modo di essere che si assomma al concetto di rinascita per mezzo del timore di Dio (Riccardi, P., Psicoterapia del cuore e Beatitudini., Ed. Cittadella Assisi 2018).

Una interiorità che serve da canale di discriminazione a consigli e regole che i tanti pseudo guru del sapere dei tempi moderni si atteggiano a consigliare senza conoscere la storia e il back ground di ognuno ma parlando per generalizzazioni e il più delle volte senza esperienza diretta come “parlare con il familiare, dialogare, prestare attenzione, giocare con i bambini, video di ginnastica in casa” ecc. senz’altro lodevole, ma attenzione a non cadere nel gioco della distrazione, dello strutturare il tempo lontani dalla propria coscienza che è l’elemento salvifico di ognuno di noi, l’esame di coscienza dimenticato, messo da parte, stigmatizzato da una società che ci vuole in un certo qual modo poco riflessivi di cui ci spinge a vivere o all’insegna del conformismo (fare quello che fanno tutti) o all’insegna del totalitarismo (fare quello che ci dicono di fare). Eppure la coscienza è l’organo di significato, affermava lo psichiatra Viktor Frankl, per mezzo della quale possiamo dare valore e significato alla nostra vita.

Che questo periodo sia da preludio ad un ritrovamento e riscoperta della propria interiorità di cui la preghiera del Signore ci illumina con parole semplici rivolte al “Padre Nostro”(Matteo 6).

Pasquale Riccardi D’alise

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