“La Bibbia nella cultura americana: tra sacro e profano, un mito fondante” di Davide Romano

Se c’è un testo che ha influenzato profondamente la cultura americana, dalla politica alla letteratura, passando per la musica e il cinema, è la Bibbia. In un paese fondato su princìpi di libertà religiosa, paradossalmente la Bibbia ha attraversato ogni aspetto della vita pubblica e privata. Non si tratta solo di un testo religioso: per molti americani è un simbolo di identità nazionale, una bussola morale, e talvolta, uno strumento politico.

Le radici bibliche dell’America

La relazione dell’America con la Bibbia risale agli inizi della sua storia. Quando i Padri Pellegrini sbarcarono sulle coste del New England nel 1620, portarono con sé una visione del mondo fortemente influenzata dalle Scritture. John Winthrop, uno dei leader della colonia del Massachusetts, nel celebre sermone “A Model of Christian Charity” parlò di una “città sulla collina”, un’immagine tratta dal Vangelo di Matteo (5:14), che divenne una metafora duratura per la missione divina dell’America.

“Siamo una nazione sotto Dio, indivisibile, con libertà e giustizia per tutti”, recita il Giuramento di fedeltà, aggiunto solo nel 1954, durante la Guerra Fredda, ma che rivela quanto la fede e il senso di destino abbiano sempre marcato la storia americana.

La Bibbia come mito fondatore

Alexis de Tocqueville, osservatore acuto della democrazia americana, scrisse nel suo classico “La democrazia in America” (1835): “Non ho mai visto un paese in cui la religione cristiana abbia una tale influenza sulla società quanto negli Stati Uniti. Nessun altro popolo sembra aver intrecciato così strettamente la fede con le sue istituzioni politiche”. Tocqueville notò che la Bibbia non solo era presente nelle case, ma anche nei tribunali, nelle scuole e, naturalmente, nei discorsi politici.

Letteratura e Bibbia: un matrimonio secolare

Il potere della Bibbia in America non si limita alla sfera religiosa. Scrittori come Herman Melville, Nathaniel Hawthorne e Mark Twain hanno tutti trovato nella Bibbia una fonte di ispirazione, e talvolta di satira. Melville, nel suo capolavoro Moby Dick, utilizza riferimenti biblici per descrivere la lotta epica tra l’uomo e il destino. L’ossessivo capitano Achab, nella sua caccia alla balena bianca, diventa un moderno Giobbe, ribellandosi contro un Dio silenzioso e crudele.

Mark Twain, sempre pungente, ironizzò: “La Bibbia contiene tesori inestimabili e le migliori cure per l’immaginazione, ma è come il vino di buona annata, deve essere presa con moderazione”. Twain era consapevole dell’influenza della Bibbia sulla cultura popolare, ma allo stesso tempo ne criticava l’uso strumentale da parte della politica.

La Bibbia come strumento politico

In effetti, pochi libri hanno avuto un peso così determinante nella politica americana quanto la Bibbia. Come osserva il politologo Kevin Kruse nel suo libro “One Nation Under God” (2015), la Bibbia è stata spesso usata per giustificare politiche di ogni sorta. Durante la Guerra Civile, sia i nordisti che i sudisti trovavano nelle Scritture giustificazioni per le loro rispettive cause. Abraham Lincoln, uno dei presidenti più legati alla fede, disse nel suo Secondo discorso inaugurale (1865): “Entrambe le parti leggono la stessa Bibbia e pregano lo stesso Dio, e ciascuno invoca il Suo aiuto contro l’altro”.

Ma se Lincoln usava la Bibbia per cercare una riconciliazione morale, altri hanno spesso usato il testo sacro per fini meno nobili. Franklin D. Roosevelt, in uno dei momenti più drammatici della Seconda Guerra Mondiale, citò il Salmo 91 in un discorso radiofonico del 1941, per rafforzare la fiducia della nazione nella vittoria: “Non temerai il terrore della notte, né la freccia che vola di giorno”. La Bibbia, dunque, non era solo un testo religioso, ma un potente strumento retorico.

Religione e diritti civili

Se la Bibbia è stata usata per giustificare la schiavitù, è anche vero che è stata l’arma più potente dei leader dei diritti civili. Martin Luther King Jr., pastore battista e leader del movimento, attingeva costantemente alle Scritture per sostenere la giustizia razziale. In uno dei suoi discorsi più noti, “I Have a Dream” (1963), King invocò l’immagine biblica di “ogni valle sarà colmata e ogni montagna e colle saranno abbassati” (Isaia 40:4), prefigurando una nuova era di uguaglianza e giustizia.

James Baldwin, scrittore afroamericano, in “The Fire Next Time” (1963), denunciò come la Bibbia fosse stata usata sia come strumento di oppressione che di liberazione. “L’eredità biblica è quella di un popolo in esilio”, scrisse Baldwin, suggerendo che la lotta degli afroamericani per i diritti civili fosse simile alla lotta del popolo ebraico per la liberazione.

Il declino della Bibbia?

E oggi? L’influenza della Bibbia nella cultura americana sembra diminuire in un’epoca di secolarizzazione crescente. Eppure, come osserva l’editorialista del New York Times Ross Douthat, “anche quando la fede si indebolisce, il linguaggio e i simboli della Bibbia restano profondamente radicati nella coscienza americana”. Anche la cosiddetta “guerra culturale” moderna, che vede contrapposti progressisti e conservatori, trova le sue radici in interpretazioni diverse del testo sacro.

Conclusione

La Bibbia, con le sue storie di creazione, distruzione e redenzione, è stata e rimane un pilastro della cultura americana. Ralph Waldo Emerson, filosofo e saggista del XIX secolo, scrisse: “La Bibbia è una delle opere più profonde e universali mai scritte, capace di parlare a ogni epoca e a ogni condizione umana”. Che venga letta con fede o con scetticismo, resta un testo imprescindibile per comprendere l’anima americana. E, come la nazione stessa, continua a suscitare dibattiti, ispirare sogni e, talvolta, alimentare conflitti

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