La lavanda dei piedi

005-jesus-washes-feetSe dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.

Secondo alcuni, il testo è un ordine da seguire alla lettera, mentre secondo altri ha soltanto un significato simbolico. Occorre prima di tutto ricordare il pericolo di “prendere alla lettera” la Scrittura. Infatti viene autorevolmente ricordato che “…la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica” (2 Corinzi 3:6). E’ “letteralismo” cercare di adempiere le forme esteriori descritte dalla Bibbia, senza preoccuparsi del loro profondo significato spirituale. E’ “letteralismo” cercare di “copiare” quello che la Bibbia insegna, riducendo tutto a un formalismo sterile che non ha alcun effetto sull’anima del cristiano. Gli ordini della Scrittura debbono essere valutati alla luce di tutto il suo contesto; soltanto così si può essere certi della giusta interpretazione.

UN ESAME OBBIETTIVO

Con la frase: “…anche voi dovete lavare i piedi gli agli altri”, il Signore istituiva un rito che doveva essere ripetuto dalla comunità cristiana, oppure queste parole avevano soltanto un carattere simbolico? Era un ordine da adempire alla lettera, o si trattava soltanto di una specie di lezione “audiovisiva” dalla quale i discepoli dovevano trarre un profondo significato spirituale? Cerchiamo di considerare obiettivamente le parole di Gesù, senza staccarle e isolarle dal contesto. Era sorto fra i discepoli un problema di superiorità ed inferiorità: chi tra loro dovesse essere considerato il maggiore e chi il minore? Essi, continuando a ritenere il regno di Cristo un regno messianico, secondo l’attesa di Israele, e aspettandosi che Gesù presto avrebbe liberato la Palestina dal gioco straniero, tentavano di preparare “l’organigramma” del Suo futuro governo terreno, per cercare di ottenere i primi posti. Gesù dovette, perciò riprenderli dicendo: “I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev’essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Luca 22:25-27).

Per spiegare praticamente il Suo insegnamento Gesù “…si alzò da tavola, depose le sue vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse. Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli (…) Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: “Capite quello che vi ho fatto?” (Giovanni 13:4-5 e 12). L’esempio del quale egli parlava non è l’atto del lavare i piedi; infatti il Signore precisò “affinché anche voi facciate come v’ho fatto io”. Gesù non disse: “Affinché facciate quello che ho fatto io, ma come ho fatto io. Quindi Gesù non comandò di fare ciò che Egli ha fatto, vale a dire lavarsi i piedi gli uni con gli altri, ma di fare come Egli ha fatto, cioè di prestarsi vicendevolmente i doveri di carità ed umiltà.

IL SILENZIO DEL NUOVO TESTAMENTO

Esiste soltanto un altro riferimento sul “lavare i piedi”. Paolo apostolo riferendosi all’iscrizione nell’elenco delle vedove, che comprendeva le cristiane sostenute dalle locali comunità cristiane perché indigenti, elenca alcuni requisiti, tra i quali: “… per avere allevato figlioli, esercitato l’ospitalità, “lavato i piedi ai santi”, soccorso gli afflitti, concorso ad ogni opera buona” (1 Timoteo 5:10). E’ evidente che quel “lavato i piedi ai santi” è uno dei servizi di amore fraterno reso ai credenti. Era questo un servizio che normalmente svolgevano i servi come dovere di ospitalità verso i forestieri. Gli ospiti giungevano da un viaggio a piedi ed avevano bisogno di lavare le estremità per liberarsi dalla polvere della strada. Questo era considerato il primo segno di cortesia e di benvenuto verso gli ospiti, corrispondente all’attuale disponibilità verso gli amici ai quali, venendo da un viaggio, viene offerto di lavarsi. Inoltre, sarebbe strano che soltanto le vedove dovevano attuare l’ordine del Signore mentre tutti gli altri credenti ne erano esenti. Oltre a questi citati non esistono altri testi del Nuovo Testamento ai quali ci si possa riferire per giustificare la lavanda dei piedi. Sarebbe molto strano che un rito così significativo non appaia neanche una volta in occasione delle varie riunioni delle chiese dell’era apostolica, descritte nel Nuovo Testamento.

LA TESTIMONIANZA DELLA STORIA

Dalla “lavanda dei piedi” non abbiamo alcuna conferma da N.T., neanche dalla storia. Il noto studioso Robert G.Stewart afferma nel suo commento a Giovanni 13:15: “Fino al IV secolo, il rito che consisteva nel lavare i piedi dei discepoli era completamente ignoto nella Chiesa cristiana ma da quel tempo in poi è divenuto una istituzione così nella chiesa romana come in quella greca”. Cosa accadde nel IV secolo? Venuto meno il favore e la spontaneità dei credenti, il cristianesimo imboccò progressivamente la via dei riti formali ed invece di afferrare “lo spirito” dell’Evangelo si premurò di ripeterne gli atti esteriori dando ad essi efficacia sacramentale. Sorse così tutto un sistema liturgico sempre più organizzato e sempre più lontano dalla semplicità iniziale della chiesa dell’era apostolica.

UNA PRECISAZIONE

Purtroppo esiste anche qualche chiesa evangelica estera, perfino di fede pentecostale, la quale ha inserito nel proprio “credo” il rito della “lavanda dei piedi”, considerando un ordinamento del Signore. Questi credenti obbiettano che avendo Gesù ordinato la “lavanda dei piedi” come per altri comandamenti, anche questo deve essere ubbidito. Esistono degli ordini di Gesù molto perentori e precisi, imperativi inequivocabili; eccone alcuni:

a) “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al Vangelo (Marco 1:15).

b) “Venite dietro a me; e vi farò pescatori di uomini” (Matteo 4:19).

c) “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate” (Matteo 28:19-20).

d) Nel caso della Cena del Signore è scritto: “Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me” (1 Corinzi 11:23-25) .

e) “Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall’alto” (Luca 24:49).

Esistono invece altri ordini che, per il loro “senso ovvio”, debbono essere spiritualmente interpretati alla luce di tutto il contesto, come ad esempio i seguenti:

a) “Se la tua mano o il tuo piede ti fanno cadere in peccato, tagliali e gettali via da te…” (Matteo 18:8).

b) “Se il tuo occhio ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te” (Matteo 18:9).

c) “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo (Luca 14:26).

E’ evidente da questi testi esemplari come Gesù parli usando delle iperboli. Nel caso dei primi due versi citati nessuno interpreta l’ordine di Gesù come l’incoraggiamento alla mutilazione fisica. Il Signore vuole sottolineare il controllo che il cristiano deve esercitare sulle proprie passioni. Nel terzo caso il termine “odiare” non è usato nel significato comune del termine di “animosità” e grande ostilità nei confronti di qualcuno. Con una forma autorevole, Gesù ricorda che affetti familiari e amore verso noi stessi debbono prendere un posto secondario rispetto a Dio e alla Sua volontà. A questa categoria appartiene anche il nostro testo, che come abbiamo visto non è sostenuto né da altri versi biblici ne dalla testimonianza della Chiesa dell’era apostolica.

UN CONSIGLIO

Troppo spesso, la tentazione di una interpretazione troppo letterale della scrittura crea dei problemi di carattere pratico per i credenti e per le comunità, ma occorre ricordare che la Parola di Dio è “spirito e vita”. Se è vero che “ogni testo fuori del contesto diventa un pretesto” è anche vero che il credente non deve soltanto copiare alla lettera gli insegnamenti del Signore, e che ritenendo il principio apostolico: “imparate a praticare il non oltre quel che è scritto” (1Corinzi 4:6) è indispensabile richiedere sempre la luce e la guida dello Spirito Santo per acquistare quel discernimento e quell’equilibrio cristiano tanto importanti nell’ora presente, quando più che mai si manifestano “opposti estremismi”.

Francesco Toppi

Ferrentino Francesco La Manna | Notiziecristiane.com
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