La legalità è la nostra vocazione

Domenica 7 aprile una giornata per la riflessione, con la liturgia elaborata dal II distretto (Nord Italia) delle chiese valdesi e metodiste.

Domenica 7 aprile è la data scelta dalla Tavola valdese per riflette sulla legalità oggi. La Treccani definisce legalità come l’essere conforme alla legge e a quanto è da questa prescritto. Di per sé basterebbe a noi tutti questa definizione. Senonché gli autori della Treccani specificano meglio: Situazione conforme alle leggi: rimanere, rientrare nella legalità, nei limiti prescritti o consentiti dall’ordinamento giuridico; ecc. La cronaca di questi mesi è sufficiente per comprendere che ancora la nostra società necessita di legalità. Non occorre risalire a fatti o a situazioni eclatanti che hanno stravolto l’opinione pubblica, come le grandi stragi: quotidianamente telegiornali, radiogiornali e ancor meglio la carta stampata riportano piccoli fatti di illegalità, preziosi tasselli per comprendere l’architettura di un sistema affaristico non sano, che unisce in un terribile triangolo Imprese, Finanza e Istituzioni corrotte. Questo purtroppo è il fertile terreno di coltura su cui le mafie e le nuove criminalità organizzate fondano le loro radici per crescere e svilupparsi.

Lo scorso settembre, la Commissione esecutiva del Secondo Distretto (Ced II) ha ricevuto il mandato di approfondire il tema nel corso del consueto incontro fra esecutivi valdesi-metodisti ad Ecumene (Rm). Perché questa scelta? Perché, nonostante una certa sordina da parte delle principali testate giornalistiche nazionali, si è celebrato a Reggio nell’Emilia uno dei processi contro la mafia più difficili e complessi degli ultimi dieci anni, anche per il numero di imputati: si tratta del processo di primo grado Aemilia, che si è concluso dopo due anni a novembre 2018 con 125 condanne. Dalla sentenza del processo Aemilia, e ancor prima, ad aprile 2016, dallo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale di Brescello (RE – Comune noto ai più per l’ambientazione dei racconti di Guareschi), soprattutto grazie a una videoinchiesta girata da Liceali, si evince la dimostrazione dei meccanismi di penetrazione finanziaria e corruzione delle istituzioni locali, che rischiano poi di terremotare le imprese locali, comprese le cooperative. Scrive G. Tizian che «cooperative fasulle offrono braccia a bassissimo costo per lavori, che un tempo svolgevano operai specializzati. Con questo metodo si aggirano i paletti della contrattazione collettiva. E i boss si impadroniscono di interi settori produttivi», che diventano a loro volta un mezzo di riciclaggio di denaro sporco. Non è certo soltanto un problema del sud del nostro Paese, anzi.

Perché le Chiese metodiste e valdesi ancora necessitano di focalizzare l’attenzione della società civile sulla legalità?La risposta è duplice: la sequela e la vocazione a un impegno sociale delle nostre chiese. E la Confessione di fede della Chiesa valdese di Palermo del 1992 («Credere e resistere a Palermo») riassume bene l’imperativo a resistere contro ogni sopraffazione, a sperare in tempi di giustizia e di pace per tutti, in tempi di fratellanza e di sazietà, percorrendo la via che Gesù Cristo ha tracciato per noi («Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Luca 9, 23). Questa Confessione in particolar modo è stata scelta dal pastore Winfrid Pfannkuche, vicepresidente CedII, per l’adattamento della liturgia prevista per la V domenica del tempo della passione (Judica). La scheda esegetica-omiletica per le chiese in vista del culto del 7 aprile è stata dunque preparata non a caso dalla sovrintendente dell’8° Circuito (bassa Lombardia, Emilia Romagna e Marche del Nord), come rappresentante di un territorio che ha scoperto, come è stato detto, di non essere immune all’illegalità. La pastora Giusy Bagnato ha focalizzato per tutti noi la riflessione sul testo del vangelo di Luca (9, 23-27). «Il “venire dietro a me” del Cristo (Luca 9, 23) è sempre stato un imperativo forte ma anche di difficile attuazione per la chiesa e nella chiesa – scrive la Pastora Bagnato –. Il suo rimando concreto ed autentico all’essenza dell’Evangelo e della Legge mette in discussione la testimonianza di ogni comunità, che non sappia assumere un ruolo e una posizione coerente di fronte all’ingiustizia, alla privazione del diritto e al dilagare del male» (Rimini 2/2019). E dunque una chiesa che voglia veramente mantenere il suo cammino il più fedele possibile a quello indicato deve mantenere lo sguardo verso la croce spoglia: non esiste un modo diverso, ribadisce Bagnato, di stare nel mondo se non annunziando la possibilità di ricostruirlo a partire dall’amore di Dio, che impegna ogni giorno ognuno di noi.

di Andrea Magnano | Riforma.it

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