
Se finora si parlava della regione di Dersim (provincia di Tuncell) soprattutto per la rivolta curdo-alevita del 1937-1937 (Serhildana Dêrsimê), da ora in poi bisognerà ricordarla anche per la resistenza messa in campo dagli abitanti contro la realizzazione (per ora solo prevista con una dichiarazione del governatore locale) di una miniera a cielo aperto di pietra pomice e sabbia denominata “Arven Doğu Yapı”.
Progetto devastante (in particolare per le risorse idriche, indispensabili alla sopravvivenza degli abitanti) di almeno 2200 ettari e che comprenderebbe quattro villaggi (Bargini, Zeve, Orcan e Desiman) nei distretti di Hozat e Pertek.
Stando alla dichiarazione del governatore del 28 aprile, il progetto non richiede nemmeno una misera EIA (Valutazione di impatto ambientale). E ovviamente nessuno ha consultato preventivamente la popolazione.
La mobilitazione ha già coinvolto, oltre naturalmente agli abitanti dei villaggi interessati, diverse organizzazioni della società civile e associazioni ambientaliste (come la piattaforma Hozat-Pertek-Sekasur) preoccupate per gli effetti deleteri.
E’ facile intuire quali siano le conseguenze della distruzione di un territorio come quello di Dersim. Per certi aspetti sacrale e comunque fondamentale per la memoria collettiva (storica, identitaria e anche spirituale) dei curdi. Meta anche di pellegrinaggi (sia religiosi che laici) al monumento commemorativo per le vittime del genocidio del 1937-38.
Con la miniera, hanno dichiarato gli abitanti di Bargini all’agenzia Mezopotamya “perderemo non solo il nostro ambiente, le terre agricole, preziosi ecosistemi, specie endemiche…ma anche il nostro futuro”.
Gianni Sartori
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui