La riconoscenza

Diceva un vecchio predicatore: “Quando sarà giunta la mia ora e andrò in cielo, sarò accolto con gioia da quei fratelli e quelle sorelle a cui sulla terra gli avrò parlato di Gesù Cristo”. Molti saranno riconoscenti per il prezioso lavoro fatto dai servitori di Dio quando erano qui sulla terra. Quelli che non sono stati pigri, quelli che non hanno sotterrato il loro talento, quelli che hanno saputo fare le buone opere che Dio gli ha messo loro dinanzi (Efesini 2:10), quelli che sono stati dei pescatori d’uomini, e non hanno sonnecchiato, il Signore li tiene nel palmo della Sua mano. Quelli che hanno saputo dar da bere agli assettati, dove prima ancor degli assetati loro stessi si sono abbeverati alla fonte della vita, saranno benedetti. Ma qualcuno è stato ingrato? Qualcuno non è riconoscente verso i figlioli di Dio nonostante la loro conversione? Si, è vero, ma non tutti sono ingrati; la maggior parte non lo è. Qualcuno dirà: “Tanto se non mi parlava lui del Signore, altri al suo posto lo avrebbero fatto”. Ed è vero, hai ragione, ma devi sapere una cosa: se Dio ti comanda di fare un qualcosa e non la fai, non ci sarà chi la farà al posto tuo. La grazia di Dio è assoluta, ma Dio onora i credenti umili e abbassa quelli esaltati, quelli orgogliosi e presuntuosi. Certo, noi dopo aver fatto quello che dobbiamo fare dobbiamo solo dire: “Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare” (Luca 17:10). E come disse Giovanni il Battista in Giovanni 3:30: “Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca”. Questo lo disse il Battista nella sua grande umiltà, ma Gesù onora i semplici e lo elevò in alto:
“In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto mai nessuno più grande di Giovanni Battista” (Matteo 11:11).

Sono 23 anni che non dimentico mai il volto e il nome di chi un giorno mi parlò di Gesù Cristo con amore, e in Cielo insieme a lui un giorno canteremo e adoreremo il Signore. Io so che lui non mi ha salvato, so anche che non aveva nessun potere di farlo, forse poteva essere stato più peccatore di me, non lo so, può essere. Ma so che, quando diede la sua vita a Cristo, Dio gli mise in cuore di cercare altri peccatori come me e parlare della Sua preziosa Parola. Sto forse esaltando la carne nel dire questo? Sto forse adulando l’uomo che un tempo era condannato dall’ira di Dio per i suoi peccati? Sono forse un cattolico che sta già beatificando qualcuno? No! Non fraintendetemi, sono solo riconoscente a chi un giorno mi parlò di Gesù, niente di più e niente di meno. Voi conoscete quell’uomo dal “Buongiorno chiassoso?” Era un napoletano, un uomo perbene ed educatissimo, che viveva al nord d’Italia, in un posto dove spesso la gente non ti saluta se non ti conosce, e se ti salutano lo fanno come se stessero in chiesa o al cimitero. Quando quest’uomo gli serviva qualcosa e veniva a comprare nel grande negozio qualche articolo, da qualsiasi parte del capannone ti trovavi lui emetteva con sincerità di cuore un magnifico “buongiorno a tutti”. A qualsiasi ora del mattino arrivasse, le persone erano costrette loro malgrado a sentire la tuonante voce di quest’uomo alto e con una voce dirompente dire un buongiorno così festoso. Però quando il vecchio uomo stava per morire, a tutti, anche ai più freddi, mancava la sua bella voce che ricordava a tutti che un altro giorno nuovo il Signore aveva fatto. Così sono i cristiani che amano Cristo e le Sue creature. Gente sempre disposta e festose, e non musoni lunghi e irritabili, o dei baby sapientoni del “non so nulla”. D’altronde se un cristiano nato di nuovo o rigenerato, ha questa attitudine di essere ingrato, immaginiamoci quelli che non hanno conoscenza di Dio.
“Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno;
chi potrà conoscerlo?” (Geremia 17:9).
Il comico Totò, pur non conoscendo che il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno, compose questa bella poesia in napoletano.

A’ Ricunuscenza:
di Antonio De Curtis: in arte Totò

Stanotte ‘a dint’ ‘o lietto cu’ ‘nu strillo
aggio miso arrevuoto tutt’ ‘a casa,
mme so’ mmiso a zumpà comme a n’arillo…
E nun mme faccio ancora persuaso.
Ma comme, dico io po’, cu’ tanta suonne
i’ mme so’ ghiuto a ffa’ ‘o cchiù malamente;
sti suonne songo suonne ca te ponno
fa’ rummannè stecchito comme a niente.
I’ stevo allerta ‘ncoppa a ‘na muntagna.
Tutt’a ‘nu tratto sento ‘nu lamiento…
‘O pizzo addò stev’i’ era sulagno…
Dicette ncapo a me: E’ chisto è ‘o viento!
Piglio e mme mengo pe’ ‘nu canalone
e veco sott’a albero piangente
‘nu fuosso chino ‘e prete a cuppolone…
e sotto a tutto steva ‘nu serpente.
-Aiuto! Aiuto – ‘O povero animale
se mettette alluccà cu tutt’ ‘o ciato!
Appena me vedette: – Menu male!…
Salvatemi! I’ mo moro asfessiato! –
-E chi t’ha cumbinato ‘e sta manera? –
ll’addimannaje mentr’ ‘o libberavo.
-E’ stato ‘nu signore aieressera-
mme rispunnette, e ggià se repigliava.
-Si nun era pe’ vvuje i’ ccà murevo.
Faciteve abbraccià, mio salvatore! –
Mme s’arravoglia attuorno e s’astrigneva
ca n’atu ppoco mme schiattava ‘o core.
Lassama! – lle dicette -‘O vvi’ ca i’ moro? –
E chianu chiano mme mancava ‘a forza,
‘o core mme sbattava… ll’uocchie ‘a fore,
mentre ‘o serpente cchiù stringneva ‘a morza!
-Chisto è ‘o ringraziamento ca mme faje?
Chesta è ‘a ricunuscenza ca tu puorte?
A chi t’ha fatto bbene chesto faje?
…Ca si’ cuntento quanno ‘o vide muorto!-
-Amico mio, serpente i’ songo nato!…
…Chi nasce serpe è ‘nfamo e senza core!…
…Perciò t’aggia mangià! Ma t’he scurdato
…ca ll’ommo, spisso, fa cchiù peggio ancora?! –

Essere riconoscente fa parte della una buona educazione civile oltre che cristiana. Sappiamo essere gentili in mille modi diversi. Sappiamo essere dolci ed educati con chi ci apre una porta, o con chi ci dà un’informazione, o chi ci dà la precedenza anche quando questa non ci tocca. Abbiamo amore per i cani, per i gatti, qualcuno perfino per le mosche, e non sappiamo essere a volte riconoscenti verso colui che ci avvisò che stavamo vivendo nel peccato ed eravamo destinati all’inferno. Dobbiamo ringraziare e amare chi per noi ha fatto qualcosa per la nostra vita, pur sapendo che quello che ci è stato fatto è stato fatto per Cristo. Avere rispetto e amore per tali fratelli e un atto di gratitudine. Amici, fratelli, non crediate che noi per il fatto che siamo salvati per grazia, non dobbiamo essere riconoscenti a chi ci parla del Cristo. Quando Gesù mandò i discepoli in missione disse:

“…Quando entrerete nella casa, salutate. Se quella casa ne è degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne è degna, la vostra pace torni a voi. Se qualcuno non vi riceve né ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico che il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno del giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città” (Matteo 10:12-15).

Il Signore ci fa partecipe della Sua grazia, benché noi stessi siamo stati salvati per l’opera della grazia stessa: “… sappia colui, che chi avrà convertito un peccatore dall’error della sua via, salverà un’anima da morte, e coprirà moltitudine di peccati (Giacomo 5:20).

Romani 10:15 dice: “Quanto son belli i piedi di quelli che annunziano buone novelle!” Ricordiamoci che “quei” bei piedi che annunciano le buone novelle, appartengono a degli uomini che vivono ancora con la loro vecchia natura, e sono soggetti a cadute e sono tutt’ora persone con dei difetti più o meno visibili al nostro occhio, ma ricordiamoci di loro quando spassionatamente e soltanto con amore senza pretendere nulla in cambio, un giorno vennero da noi quando eravamo nella nostra più grande ignoranza, e nei nostri peccati più squallidi; loro incominciarono a parlarci del ravvedimento, della salvezza, della giustizia e del perdono; ma soprattutto ci parlarono di Lui di Gesù: l’unico mediatore tra Dio e gli uomini (1Timoteo 2:5). Perciò, se in moderazione e non in adulazione, sapremo rispettare e amare chi un tempo ci parlò del nostro Cristo Salvatore, non faremo nessun torto a nessuno, anzi, credo che, lo stesso Dio se ne compiacerà.
“… amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (Marco 12:33).

La cortesia non è semplicemente una dote naturale, ma un frutto dello Spirito ed è pertanto insita in coloro che amano. Quel che la buona educazione fa per formazione, l’amore lo compie d’istinto.
D’altra parte sarebbe poco saggio chi, dopo aver parlato a qualcuno di Gesù e lo porta per opera dello Spirito Santo ai Suoi piedi, va suonando la tromba davanti a sé. Sarebbe quel tale un credente da squalificare, perché non ha capito il vero senso della grazia. Nessuno non sarebbe stato mai qualcuno, se la grazia non avrebbe operato in quel nessuno l’amore e il perdono. Avere riconoscenza e stima verso un figliolo di Dio non è soltanto una questione d’amore e di rispetto, ma è soprattutto una questione di saggezza. Non averla è come il pavone per la sua regalità delle piume, fintanto che il suono sgraziato della sua voce non induce le persone ad allontanarsi delusi. Il pavone è l’emblema dei vanagloriosi e degli irriconoscenti.
Ferrentino Francesco La Manna | notiziecristiane.com
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