La Sovranità di Dio nel pensiero Girolamo Zanchi

A distanza di mezzo millennio vogliamo ricordare la personalità teologica di Girolamo Zanchi. Girolamo Zanchi, nato il 2 febbraio 1516 ad Alzano Lombardo (BG) – e deceduto il 19 novembre 1590 ad Heidelberg (Germania), è una personalità teologica della Riforma con tratti tanto marcati quanto originali.

Esponente di spicco e con tratti di viva originalità dell’ortodossia riformata, si forma a Padova e della metodologia tomistico-scolastica accoglie ciò che serve all’elaborazione di un orientamento teologico squisitamente riformato.

Accanto a figure come Francesco Turrettini, Zanchi emerge per la sua capacità di penetrare il mistero cristiano valorizzando con positiva “cattolicità” elementi importanti della tradizione e dialogando originalmente con Giovanni Calvino e il meglio del luteranesimo.

La cifra essenziale del suo pensiero, che si declina nella fase eroica dell’ortodossia, è la centralità del canone oggettivo della Parola di Dio, inverato nella dimensione diacronica di una teologia nutrita di fonti classiche e riformate. Un equilibrio stabilmente fondato sul canone oggettivo sopra descritto.

E’ conveniente richiamare un criterio metodologico sistematicamente applicato da Girolamo Zanchi: la Sacra Scrittura è il fondamento della teologia.

Sulla base dell’immanenza all’incarnazione, la Scrittura è Cristo nella sua esperienza reale e con le implicazioni che questo fatto assume anche per gli apostoli.

A questa metodologia si affiancano la cura e lo zelo pastorali, poiché, nel paradigma dell’ortodossia, la teologia è sempre testimonianza vissuta ed elaborata, anche intellettualmente, della fede in Cristo Signore.

L’ortodossia come laboratorio teologico della Riforma, nella modernità – Girolamo Zanchi appartiene alla Riforma a pieno titolo e legittima ogni momento della medesima e, nel contempo, attraversa la tradizione, seguendo, con attenzione filologica, sia Tommaso d’Aquino, che Agostino. Giovanni Calvino è la fonte di questa modalità di fare teologia e certamente si può parlare di un raffinato calvinismo.

L’elaborazione di questo paradigma, nell’ortodossia, corrisponde alla necessità storica, con evidenti ricadute missionarie e pastorali, di edificare una chiesa all’altezza dei tempi. Il crogiuolo della modernità non rimane accessorio, ma alimenta il pathos e lo struggimento intellettuale e teologico.

Ecco perché la dimensione della sovranità di Dio e, quindi, della predestinazione, lungi dall’apparire un esercizio meramente dottrinale, diventa la cartina di tornasole della visione dell’ortodossia, alla quale Zanchi fornisce il contributo di una sistematica riformata fecondamente in dialogo con le fonti sopra descritte.

Ne scaturisce la costituzione di un canone oggettivo e di un soteriologia elaborata, che non trascura il dinamismo interno della salvezza dell’uomo.

Il perno della contingenza e, insieme, della responsabilità, come acutamente chiarisce Richard A. Muller, si situa al cuore di questa ortodossia, che rappresenta in sé l’acme del miglior calvinismo.

E, per certi aspetti, la correzione di alcune radicalizzazioni, soprattutto relative alla questione del libero arbitrio, proprie di Lutero e del luteranesimo più scolastico-dottrinale.

La libertà assoluta di Dio e la contingenza positiva della libertà umana –  Si coglie, così, agevolmente il luogo teologico sintetico di Zanchi: da un lato, l’assoluta libertà di Dio, che opera nella storia con la trascendenza assoluta e, insieme, la giustizia e la misericordia del Padre, dall’altro, la responsabilità piena, da assumere rigorosamente, da parte dell’uomo. Quest’ultima inevitabilmente si colora di tratti di contingenza, ma ciò non mette all’angolo la soteriologia positiva, legata alla salvezza individuale, bensì rende drammatico l’intero percorso.

“Drammatico” qui sta ad indicare tutto ciò che implica l’azione libera da parte dell’uomo, che si muove nella storia, guardando al Dio della storia e della salvezza: un pathos che, anche in Calvino, dà sapore, per così dire, alla vicenda umana. La quale si gioca sempre nella tensione tra la realizzazione della missione alla quale è destinata e la ricaduta nella perdizione.

Perché il fine dell’uomo è aderire all’assoluta, necessaria e sovrana volontà di Dio. E’ la soggettività di Dio a creare e de-finire – nel senso della differenza specifica e del limite correlato a ciò (-de) e, insieme, della correlazione in positivo l’uomo come creatura. Il gioco della libertà umana si deve realizzare, per intero, ma deve farlo secondo la retta via della verità immanente all’Essere di Dio.

Le cause seconde hanno, non v’è dubbio alcuno, un ruolo in questo disegno, che rimane essenzialmente inscritto nella sovrana determinazione di Dio.

Sullo sfondo, la personalità teologica di Martin Lutero e il suo specifico stile teologico. Zanchi gioca la sua partita a ridosso con i grandi della Riforma, decostruendo, ridefinendo e asserendo, in ultima istanza, il canone oggettivo di riferimento, la Parola di Dio e la vita che da essa scaturisce.

Fra Lutero e Calvino – Il confronto con Giovanni Calvino riguarda essenzialmente l’adesione alla cornice teologica dell’autorevole teologo riformatore. La predestinazione, in questa visione teologica, pastorale ed ecclesiale, assume l’assoluta signoria e sovranità di Dio e, insieme, la realtà dell’elezione e della condanna.

Ma senza che ciò infici la dinamica della vita cristiana, rendendola un giogo insopportabile, alla mercé di una “deità” in grado di pre-determinare il destino di salvezza delle singole anime. In questa linea di equilibrio, che già Giovanni Calvino affermò anche nella sua lettera al cardinale Jacopo Sadoleto.

La solidità di un pensiero teologico, ad un tempo votato alle dimensioni pastorale ed ecclesiale, si coglie in un approccio basato su un “et-et”, che in nulla appare come elemento di ibridazione delle posizioni espresse.

Al contrario, uno sguardo così calibrato rende giustizia al lavoro di Calvino e, insieme, avanza nuove ermeneutiche in vista di una comunione ecclesiale più grande.

La dottrina della giustificazione – Attraverso il capitolo dell’epistola ai Romani 8 è un serrato lavoro sulla dottrina di Agostino, si apre un percorso sempre più nitido ed orientato alla triplice scansione teologico-pastorale: Sovranità di Dio-Predestinazione-Misericordia (pienamente concepita come frutto ultimo della predestinazione).

Viene, così, posta una solida correlazione tra l’elezione originaria di Dio, che sceglie i suoi eletti, e la fede, che sviluppa ed articola, diacronicamente, ossia nella storia, la risposta a questa mossa originaria di Dio. La risposta è la fede. La quale non si dà come frutto del libero volere umano, ma come risposta di libertà ad una chiamata radicale, cogente e stringente da parte di Dio.

Il cuore dell’argomento teologico-pastorale introdotto è legato a doppio filo al nesso libera scelta-libera volontà umana. Un luogo teologico e insieme antropologico che avvicina Zanchi e, più in generale, il raffinato calvinismo italiano – Pietro Martire Vermigli e Francesco Turrettini inclusi – al paradigma tomista-francescano, da Tommaso d’Aquino a Scoto. Su questo punto, ancora una volta, risulta imprescindibile il contributo analitico di Richard A. Muller.

Per l’aquinate, la libera scelta non è un habitus a sé stante, un corpo separato dalla soggettività, ma è un “potere appetitivo”, legato alla volontà e infine all’intelligenza pratica che delibera. Giovanni Scoto articola il motivo teologico e antropologico esprimendo la libertà da parte dell’uomo di accettare o rifiutare il volere dell’intelletto pratico.

In sostanza, l’uomo è libero di accettare o rifiutare la salvezza e la predestinazione non può in alcun modo toccare questo aspetto strutturale della libertà individuale.

Ma la cosa non è irrilevante, perché la libertà, presa sul serio, apre sempre la strada alla contingenza ed alla possibilità, le quali si collocano nel solco della diacronia, dell’evoluzione storica, come Zanchi ammette, e dunque la volontà divina si trova davanti alla libertà umana in una dinamica drammatica. Drammatico è tutto ciò che afferisce alla libertà, tanto divina, quanto umana, nella loro evidente differenza ontologica e reale.

La sovranità assoluta di Dio non è mai tirannide sulle anime o partito preso a detrimento della libertà, dunque, e qui Zanchi non riesce ad essere luterano fino in fondo. Egli accoglie Martin Lutero fino alla soglia della definizione della sovrana e assoluta libertà di Dio, ma, quando si tratta di valorizzare la libertà umana, sempre attiva nella storia, allora le differenze iniziano ad emergere.

Zanchi, in conclusione, riesce a sviluppare la dottrina della predestinazione, legandone il senso alla sovranità di Dio, affermantesi attraverso la Sua assoluta libertà, e ciò tematizzando, con grande rigore, la realtà della contingenza umana e del libero arbitrio.

Un contributo raffinato ed efficace, emergente da un calvinista aperto, con un tratto umanistico spiccato e una cristallina vocazione pastorale. Un esempio di equilibrio “cattolico”, nel senso etimologico del termine, come afferma il Prof. Pietro Bolognesi, e, insieme, vigore speculativo e teologico.

Luisa Lanzarotta | Notiziecristiane.com

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook