L’AMORE DI DIO È LIMITATO AGLI ELETTI?

Rispondere alla sfida calvinista sul Vangelo. Tra i difensori evangelici contemporanei della redenzione limitata spiccano, più di tutti, R.C. Sproul e John Piper. Sproul, nato nel 1939, è stato un influente apologeta evangelico e teologo riformato per la maggior parte della seconda metà del ventesimo secolo. Dalla sua sede di Ligonier Ministries è intervenuto a trasmissioni radiofoniche, ha viaggiato per parlare a numerose conferenze apologetiche e teologiche, e scritto molti libri, di cui la maggior parte trattanti la sovranità di Dio da una prospettiva fortemente riformata.

Allo stesso modo Piper, nato nel 1946, pastore della Bethlehem Baptist Church di Minneapolis, e fondatore di Desiring God Ministries, compie molti viaggi e parla durante grandi raduni di cristiani evangelici, comprese le conferenze di Pasqua a cui prendono parte migliaia di giovani e adolescenti battisti, provenienti in particolare dal sud. E’ anche un autore prolifico i cui libri, tra cui Desiderare Dio – Meditazioni di un edonista cristiano  (2003), hanno venduto milioni di copie. Come Sproul, Piper è un promotore appassionato dei cinque punti del calvinismo.

IL CALVINISMO DEI CINQUE PUNTI

Il calvinismo dei cinque punti è il credo nelle dottrine simboleggiate dall’acronimo TULIP: Total Depravity (depravazione totale), Unconditional Election (elezione incondizionata), Limited Atonement (redenzione limitata), Irresistible Calling (chiamata irresistibile) e Perseverance of the Saints (perseveranza dei santi). I calvinisti crearono l’acronimo intorno al 1913, ma le “dottrine della grazia” che esso rappresenta risalgono al successore di Calvino, Theodore Beza (1519-1605), preside dell’Accademia ginevrina (un seminario riformato di Ginevra, Svizzera, fondato da Calvino). La redenzione limitata è al centro di questo sistema teologico. Sproul,  Piper e molti altri teologi evangelici contemporanei e influenti sostengono e difendono tenacemente questa posizione.

REDENZIONE LIMITATA

Che cosa significa redenzione limitata o particolare? Secondo Sproul, che preferisce chiamare questa dottrina col nome di “redenzione determinata”, essa è quella dottrina secondo cui Dio ha voluto la morte di Cristo sulla croce per assicurare la salvezza di un determinato numero di esseri umani caduti, quelli che sono stati scelti da Dio incondizionatamente. Come gli altri calvinisti, Sproul sostiene che la morte vicaria di Cristo (vale a dire, Dio ha inflitto a Cristo la punizione dei peccati che spettava ai peccatori) era sufficiente a salvare tutti, ma Dio l’ha voluta solo per salvare gli eletti. In poche parole, Cristo morì solo per gli eletti e non per tutti.

Per Sproul, e per altri come lui, non si può fare a meno di questa dottrina; essa è parte integrante del sistema TULIP che è l’unico, come essi credono, a fare giustizia alla sovranità di Dio e alla natura gratuita della salvezza. Un ragionamento che Sproul usa, seguendo il teologo puritano John Owen (1616-1683), è quello secondo cui, se Cristo è morto per tutti ugualmente, allora tutti sono salvati. Dopo tutto, così continua il ragionamento, sarebbe ingiusto per Dio punire gli stessi peccati due volte, una volta infliggendo la punizione a Cristo e un’altra volta mandando il peccatore all’inferno.

Piper è ugualmente appassionato della redenzione limitata. Come Sproul, egli non la considera un punto minore della teologia. In un articolo intitolato Per chi è morto Cristo? E che cosa ha ottenuto Cristo sulla croce per coloro per i quali  morì? Piper sostiene che non è il calvinista a limitare la redenzione bensì il non calvinista che crede nella redenzione universale. Il motivo: coloro che credono nella redenzione universale devono affermare che la morte di Cristo, in realtà, non salva nessuno ma offre alla persone l’opportunità di salvare sé stessi. Altrimenti essi devono abbracciare l’universalismo.

Piper continua a sostenere che Cristo è, si, morto per tutti ma non allo stesso modo. Tutte le persone traggono beneficio dalla morte di Cristo ricevendo, per esempio, alcune benedizioni in questa vita che altrimenti non avrebbero; soltanto gli eletti, però, ricevono dalla morte di Cristo il beneficio della salvezza.

La dottrina della redenzione limitata è, tra gli evangelici, probabilmente la più discussa dei cinque punti del calvinismo. Il teologo evangelico Vernon Grounds, l’ex presidente del Denver Seminary, si scagliò contro questa dottrina. Indicando come riferimenti Giovanni 1:29, Romani 5:17-21; 11:32; 1 Timoteo 2:6; Ebrei 2:9 e 1 Giovanni 2:2, egli scrisse: “Ci vuole un’ingenuità esegetica che è nient’altro che una acquisita competenza a privare questi testi del loro significato evidente: ci vuole un’ingenuità esegetica, che si avvicina alla sofisticheria, per negare la loro esplicita universalità”. Inutile dire che molti evangelici, compresi molti calvinisti, ritengono questa dottrina ripugnante.

LE BASI PER LA REDENZIONE LIMITATA

Prima di spiegare il motivo per cui questa dottrina è ripugnante, sarà di beneficio dare uno sguardo alle ragioni per cui molti calvinisti la tengono in alta considerazione e la promuovono con tanto ardore. Di nuovo, che cosa è questa dottrina? Si tratta di una dottrina secondo la quale Dio ha voluto la morte di Gesù sulla croce per essere una propiziazione (un sacrificio vicario ed espiatorio) solo per i peccati degli eletti, coloro che Dio ha scelto di salvare a prescindere da ciò che Egli vede in loro o pensa di loro (li ha scelti solo per la Sua gloria e compiacimento).

Perché qualcuno crede in questo?

I sostenitori della redenzione limitata fanno riferimento a diversi passi della Scrittura: Giovanni 10:15; 17:6 e versi simili in Giovanni 10-17; Romani 8:32; Efesi 5:25-27; Tito 2:14.

I calvinisti usano Giovanni 10:15 per supportare il loro insegnamento: “come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e dò la mia vita per le pecore”. Molti altri versi in Giovanni dicono più o meno lo stesso, che Cristo ha dato la Sua vita per le Sue pecore (cioè i Suoi discepoli e tutti coloro che sarebbero venuto dopo di loro).

I calvinisti fanno riferimento anche a Romani 8:32: “Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui?” Essi assumono che “noi tutti” si riferisca agli eletti.

Efesini 5:25-27 dice: “Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile”. I calvinisti credono che questo passo, così come molti altri, si riferisca solo alla chiesa come oggetto del sacrificio purificatorio di Cristo.

In Tito 2:14 è scritto: “Egli ha dato sé stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone” I calvinisti credono che Paolo, l’autore dell’epistola a Tito, sembri restringere i benefici di salvezza derivanti dalla morte di Cristo al suo “popolo” che loro identificano con gli eletti.

I calvinisti ritengono che questi e altri simili versi insegnino che Cristo sia morto solo per coloro che sono stati scelti da Dio per la salvezza. Questi versi, tuttavia, non insegnano il credo calvinista. Da nessuna parte la Bibbia insegna esplicitamente questa dottrina calvinista.

I calvinisti leggono in questi passi il loro credo riguardo a Cristo che morì solo per la chiesa, per il Suo popolo, per le sue pecore. Questi versi, però, non dicono che Cristo non sia morto anche per gli altri. E, come vedremo, ci sono molti passi che insegnano chiaramente che Cristo è morto per tutti.

C’è un altro motivo per cui i calvinisti credono nella redenzione limitata. Se Cristo è morto ugualmente per tutti, essi affermano, allora tutti sono salvati. Essi sostengono che coloro che credono nella redenzione universale si trovino di fronte a due inevitabili ma biblicamente infondate opzioni: o la morte di Cristo ha salvato tutti oppure nessuno. Tale ragionamento, tuttavia, è ingannevole. La redenzione universale non implica la salvezza universale; essa implica solo la possibilità della salvezza universale.

E’ possibile essere puniti due volte per gli stessi peccati e questo è ciò che rende l’inferno assolutamente tragico, ma ciò non è assolutamente necessario. Dio punisce con l’inferno coloro che rigettano la sostituzione di Suo Figlio. Un esempio aiuterà a chiarire questo punto. Dopo la Guerra del Vietnam, il presidente Jimmy Carter concesse un’amnistia generale a tutti i renitenti alla leva che erano fuggiti in Canada o altrove. Dopo l’emanazione del decreto presidenziale essi erano liberi di tornare a casa. Alcuni lo fecero altri no. Il loro crimine non era più punibile; ma alcuni rifiutarono di trarre vantaggio dall’amnistia e punirono sé stessi rimanendo lontani da casa e dalla famiglia. Coloro che credono nella redenzione universale credono che Dio permetta ai peccatori, che rifiutano il beneficio della croce di Cristo, di soffrire la punizione dell’inferno anche se ciò non è assolutamente necessario.

Probabilmente la spiegazione più forte dal punto di vista retorico fornita per la redenzione limitata è quello di John Piper (e altri calvinisti prima di lui), il quale nel Per chi morì Cristo? afferma che coloro che credono nella redenzione universale “devono dire” che la morte di Cristo, in realtà, non salva nessuno ma offre alle persone solo un’opportunità di salvare sé stessi. Questo è un ragionamento assolutamente falso.

Gli arminiani (coloro che seguono Jacobus Arminius e rigettano l’elezione incondizionata, la redenzione limitata e l’irresistibile grazia) credono che la morte di Cristo sulla croce salvi tutti coloro che la ricevono per fede. La morte di Cristo assicura loro la salvezza, proprio come essa assicura la salvezza degli eletti nel calvinismo. Essa garantisce a tutti coloro che vengono a Cristo in fede di essere salvati per mezzo della Sua morte. Ciò non implica che loro si salvino da soli. Significa semplicemente che essi accettano l’opera di Cristo al posto loro.

RISPONDERE AL CALVINISMO

E’ difficile non avere l’impressione che i calvinisti, i quali credono nella redenzione limitata, facciano così non per motivi biblici evidenti ma perché essi pensano che la Scrittura lo permetta e la ragione lo richieda. Non vi è nulla di sbagliato in ciò, ma, se non altro, alcuni calvinisti come Piper hanno criticato gli altri per aver fatto lo stesso. Piper critica gli altri che, a quanto si dice, abbraccino dottrine solo perché la Scrittura glielo permetta e la logica lo richieda. Tuttavia, a molti non calvinisti sembra che i credenti della redenzione limitata facciano esattamente lo stesso. Mancando di qualsiasi supporto evidente e biblicamente inequivocabile per tale dottrina, essi la abbracciano perché pensano che la Bibbia lo permetta e il loro sistema TULIP lo richieda logicamente. Dopotutto, se l’elezione è incondizionata e la grazia è irresistibile, allora sembrerebbe che la redenzione sia solo per gli eletti.

La Scrittura contraddice la redenzione limitata in Giovanni 3:16,17; Romani 14:15; 2 Corinzi 5:18,19; Colossesi 1:19,20; 1 Timoteo 2:5,6; 1 Giovanni 2:2. Tutti conoscono Giovanni 3:16,17: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Come al solito, i calvinisti rispondono che in questi versi la parola “mondo” si riferisca a ogni tipo di persone ma non a tutti. Tuttavia, ciò renderebbe possibile interpretare tutti i passi, dove il Nuovo Testamento riporta che il “mondo” è peccaminoso e caduto, volendo intendere che solo alcune persone – ogni tipo – sono peccaminose e cadute. L’interpretazione calvinista di Giovanni 3:16,17, sembra adattarsi  alla descrizione di Vernon Grounds riguardo alla esegesi difettosa usata per difendere la redenzione limitata.

1 Giovanni 2:2 è un altro passo che non possiamo conciliare con la redenzione limitata: “Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”. Questo passo annulla in modo definitivo l’interpretazione calvinista del “mondo” di Giovanni 3:16,17 in quanto afferma, in modo esplicito, che Cristo morì di una morte propiziatoria non solo per i credenti ma anche per quelli di tutti. Qui la parola “mondo” deve includere i non credenti in quanto “i nostri” si riferisce ai credenti. Questo verso rende impossibile affermare che la morte di Cristo benefici tutti ma non allo stesso modo. (Piper dice che la morte di Cristo elargisce dei benefici ai non eletti offrendo loro solo delle benedizioni temporanee.) Giovanni dichiara chiaramente e in modo inequivocabile che il sacrificio propiziatorio di Cristo è stato fatto per i peccati di tutti, compresi coloro che non sono credenti.

Che dire di 2 Corinzi 5:18,19? “E tutto questo viene da Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione. Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione”. I calvinisti a volte sostengono che questo passo supporti la redenzione limitata. Dopotutto, se Dio in Cristo non stesse imputando i peccati di tutti contro di loro, allora tutti sono salvati. Tuttavia, essi dicono, “tutti” deve riferirsi solo agli eletti. Ma ciò non è vero. Quando Paolo afferma che Dio stava riconciliando il mondo con sé, non imputando agli uomini i loro peccati, egli vuole dire se loro si pentono e credono. In altre parole, la redenzione ha certamente riconciliato Dio con il mondo così che Egli ha potuto perdonare; essa ha soddisfatto le richieste della giustizia così la riconciliazione è possibile da parte di Dio. Ma spetta ai peccatori accettarla per fede. Allora avrà luogo la riconciliazione completa.

Colossesi 1:19,20 dice: “Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce; per mezzo di lui, dico, tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli”. E’ impossibile interpretare “tutte le cose… tanto le cose che sono sulla terra, quanto quelle che sono nei cieli” come un riferimento ai soli eletti. Questo passo nega la redenzione limitata. Allo stesso modo fa 1 Timoteo 2:5,6: “Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo”. L’unico modo, in cui una persona che crede nella redenzione limitata può sfuggire all’impatto di questo passo, è quello di interpretare la traduzione greca di “per tutti” come qualcosa che significhi “tutti i tipi di persone”, ma questa non è un’interpretazione concessa dall’uso comune della frase nella letteratura greca al di fuori del Nuovo Testamento (o da un’altra parte in esso).

Molti passi della Scrittura indicano chiaramente che il sacrificio espiatorio di Gesù era indirizzato a tutti; che la sua punizione vicaria è stata per tutte le persone. Ci sono, però, due passaggi del Nuovo Testamento raramente presi in considerazione che invalidano in modo assoluto la redenzione limitata: Romani 14:15 e 1 Corinzi 8:11. In questi versi, Paolo ammonisce severamente i cristiani a non essere causa di danno per le persone per le quali Cristo morì. La traduzione greca delle parole “non perdere” e “danneggiato” in questi versi non ha solamente un significato di far male e ferire. Paolo avverte chiaramente che è possibile far sì che le persone per cui Cristo morì vadano all’inferno (facendoli inciampare e cadere mettendo in mostra la propria libertà di mangiare le carni sacrificate agli idoli). Se il calvinismo del TULIP è corretto, allora questo avvertimento è inutile in quanto ciò non può accadere. Secondo il calvinismo, gli eletti, per cui Cristo morì, non possono perdersi.

La voce della Scrittura è chiaramente contro la redenzione limitata. Le interpretazioni calviniste di questi e simili passi ricordano uno dei cartelli appesi fuori a una bottega del fabbro in riferimento al suo lavoro artistico con i metalli: “Si esegue ogni sorta di piegatura e tornitura fantasiosa”. Tuttavia, il problema con la redenzione limitata va oltre i pochi versi che i calvinisti non possono spiegare senza distorcere il loro chiaro significato. Il problema più grande confluisce al cuore della dottrina di Dio. Chi è Dio e come è Dio?

LA REDENZIONE LIMITATA E LA NATURA DI DIO

Se Dio è un Dio di amore (1 Giovanni 4:7) che ha voluto, però, la morte espiatoria di Cristo come propiziazione solo di alcune persone, affinché solo esse abbiano qualche possibilità di essere salvate, allora “l’amore” assume un significato incomprensibile quando riferito a Dio. Tutti i cristiani concordano sul fatto che Dio è amore. Ma coloro che credono nella redenzione limitata devono interpretare l’amore di Dio come qualcosa che si adatti a Dio che sceglie in modo incondizionato alcune persone per il tormento eterno dell’inferno quando, invece, egli potrebbe salvarle (perché l’elezione a salvezza e quindi la salvezza di per sé sono incondizionate). Non vi è nulla di simile in tutta la esistenza umana che può essere paragonato a questo tipo di comportamento chiamato amore. Non potremmo mai considerare amore quando qualcuno, che è in grado di salvare una persona che sta per annegare, per esempio, ma si rifiuta di farlo e ne salva invece solo alcune. Considereremmo questa persona malvagia, anche se le persone salvate apprezzassero ciò che essa ha fatto per loro.

Di solito i calvinisti rispondono a questa questione secondo uno di questi due modi. Alcuni dicono che l’amore di Dio sia differente dal nostro. Ma se esso differisce a quel modo, allora non ha senso. Se “l’amore” di Dio non ha alcuna somiglianza con ciò che noi chiamiamo amore, se esso sembra più odio che amore, allora esso perde tutto il significato. Quando, poi, una persona afferma che Dio è amore essa potrebbe benissimo usare una parola senza senso. Inoltre, dove ha Dio meglio dimostrato il suo amore se non in Gesù Cristo? Ma l’amore di Gesù Cristo per le persone è arbitrario e pieno di odio per alcuni? Oppure nel suo amore per tutte le persone Gesù Cristo rivela il cuore di Dio? Il calvinismo finisce col dover presentare un Dio nascosto molto diverso da Gesù Cristo.

Un altro modo con cui i calvinisti spiegano l’amore di Dio e cercano di riconciliarlo con la redenzione limitata e la duplice predestinazione (le due realtà sono inseparabili) è quello di sostenere che Dio ami tutte le persone in modo parziale ma solo alcune persone (gli eletti) in modo completo. Piper, per esempio, esalta l’amore di Dio per tutti, persino per i non eletti. Egli afferma che Dio concede benedizioni temporanee ai non eletti, mentre esse si dirigono verso il loro tormento eterno e predestinato nell’inferno. John Wesley, rispondendo a una simile affermazione di un calvinista del suo tempo, disse scherzando che questo è quel tipo di amore che fa gelare il sangue nelle vene. Un’altra risposta è quella secondo cui ciò significa semplicemente che Dio dona ai non eletti un po’ di cielo da portare con sé nel loro cammino verso l’inferno. Che tipo di amore è questo: che dona benedizioni e gioia temporanee alle persone scelte da Dio per la sofferenza eterna nell’inferno? Dopotutto, se il calvinismo è corretto, non vi è nulla che impedisca a Dio di scegliere tutte le persone per il cielo, eccetto, alcuni dicono, la Sua propria gloria. Alcuni calvinisti affermano che Dio debba manifestare tutti i suoi attributi e uno di questi è la giustizia secondo cui l’inferno è necessario. Di nuovo, tuttavia, ciò non ha senso perché la Croce rappresentò la manifestazione sufficiente della giustizia di Dio.

La redenzione limitata rende impossibile l’evangelizzazione indiscriminata. Una persona che crede nella redenzione limitata non potrà mai dire a qualche estraneo o a un gruppo casuale: “Dio ti ama e Cristo morì per i tuoi peccati e quelli miei; puoi essere salvato”. Eppure questo è il cuore dell’evangelizzazione – raccontare la buona notizia a tutti e invitarli a venire a Gesù Cristo con pentimento e fede. Molti calvinisti sono disposti a evangelizzare e a operare nelle missioni, ma nella loro evangelizzazione e nelle missioni essi non possono proclamare a tutti con gran voce che Dio li ama, che Gesù è morto per loro e che Egli vuole che essi siano salvati. Essi possono proclamare il vangelo (nel modo in cui lo interpretano), ma non possono sollecitare la fede promettendo la salvezza mediante Cristo a tutti coloro che incontrano o a coloro che predicano.

La redenzione limitata è il tallone di Achille del calvinismo del TULIP; senza di essa gli altri punti del TULIP cadono. Se Dio è veramente amore, allora Cristo è morto per tutti affinché tutti possano essere salvati.

Fonte: Chiesa Alfa Omega

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