L’Arabia Saudita, alla disperata ricerca di boia, vuole la presidenza del Consiglio Onu per i diritti umani

arabia-saudita-diritti-umani-ansaLe esecuzioni capitali sono aumentate in modo esponenziale e Riyad è a corto di boia. Nel 2016, però, i sauditi potrebbero diventare i “paladini” dei diritti umani: «Sarebbe una catastrofe»

“AAA Cercasi boia, anche senza pregresse esperienze”. Non sono queste le esatte parole del bando pubblicato sul sito del Ministero per l’amministrazione dello Stato dell’Arabia Saudita. Ma il senso è lo stesso: si cercano otto persone che «eseguano le condanne a morte secondo la sharia islamica dopo che siano state ordinate da una sentenza legale».

1.000 DOLLARI “A TESTA”. In Arabia Saudita le condanne a morte vengono eseguite attraverso la decapitazione e il governo non richiede per il ruolo di boia né un titolo di studio, né particolari attitudini. Non si conosce il salario ufficiale, ma secondo testimonianze riportate dal New York Times, nella provincia di Qassim si guadagnano oltre 1.000 dollari a testa mozzata. Eppure i boia scarseggiano, sia per la natura particolare del lavoro, sia per l’aumento esponenziale delle esecuzioni nella monarchia ereditaria wahabita.

AUMENTANO LE ESECUZIONI. L’Arabia Saudita è il quarto paese al mondo per numero di esecuzioni capitali, dietro Iraq, Iran e Cina, che detiene il record assoluto e irraggiungibile con migliaia di condanne a morte contro le centinaia degli altri paesi. Nel 2014 in Arabia Saudita sono state decapitate in tutto 88 persone. Domenica, per crimini legati alla droga, è stata decapitata l’85esima persona del 2015. E non siamo neanche a metà anno.

DIRITTI UMANI. L’elenco delle violazioni dei diritti umani che avvengono in Arabia Saudita è lungo: dal trattamento delle donne a quello delle persone non islamiche, dalla violazione della libertà religiosa alla negazione della libertà di espressione, dallo sfruttamento disumano dei migranti per lavoro al trattamento riservato agli omosessuali, che possono incorrere anche nella pena di morte.

CONSIGLIO ONU. Eppure Riyad nel 2014 è entrata a far parte del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, insieme alla Cina, e manterrà la carica fino al 2016. Lo scopo del Consiglio è «rafforzare, promuovere e proteggere i diritti umani nel mondo», oltre che «denunciarne le violazioni». Quando il Consiglio è nato nel 2006, l’Assemblea generale affermò che «gli Stati membri avranno i più alti standard nella promozione e protezione dei diritti umani». Evidentemente, non è il caso dell’Arabia Saudita.

«SAREBBE UNA CATASTROFE». Ma la monarchia, da pochi mesi guidata da re Salman, vuole andare oltre. Secondo quanto dichiarato in via anonima da un diplomatico occidentale allo svizzero Tribune de Genève, «l’Arabia Saudita sta facendo pressione sugli altri paesi per essere designata» alla presidenza del Consiglio nel 2016. «Se mai ci dovesse riuscire, sarebbe una catastrofe per il Consiglio. Questo rischia di riportarci alle peggiori ore della vecchia commissione, che era naufragata nel discredito».
La presidenza è detenuta attualmente dall’europeo tedesco Joachim Ruecker. Prima di lui era stato nominato un africano, Baudelaire Nganella, del Gabon, paese non esattamente noto per il rispetto della libertà e dei diritti umani. Il mandato di Ruecker termina a dicembre e secondo la legge delle rotazioni, ora tocca al gruppo asiatico esprimere la presidenza.

GRUPPO ASIATICO. L’Arabia Saudita è quindi un candidato naturale insieme a Bangladesh, Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Indonesia, Giappone, Kazakistan, Maldive, Pakistan, Repubblica di Corea, Qatar e Vietnam. Il gruppo non è pieno di paladini dei diritti umani e il rappresentate saudita Faisal bin Hassan Trad, che sta conducendo un’assidua campagna elettorale, ha ottime possibilità di farcela.
«È impensabile!», ha commentato alla sola idea Nadia Boehlen, portavoce di Amnesty International a Ginevra. «Sarebbe davvero ironico vedere un paese che ridicolizza così allegramente i diritti umani, praticando esecuzioni crudeli, rinforzare la promozione e la protezione dei diritti umani nel mondo».

Leone Grotti

da: tempi.it/

Foto Ansa

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